Cerca una ricetta o un ingrediente

sabato 21 novembre 2009

I cotechini di Fava ovvero la Ferrari dei cotechini

Nonostante il cotechino assieme al cugino zampone siano diventati una classica pietanza da cenone di San Silvestro, quando mi capita per le mani un signor cotechino di Mastro Fava da Castelletto Borgo (Mn), già salumiere di fiducia fin dai tempi dei miei nonni materni, ormai oltre quaranta anni fa, non ci sono santi e capodanni che tengano, finisce cotto al vapore alla prima ghiotta occasione con un pigiamino di fagioli o lenticchie a corredo.

Questo lussureggiante esemplare mi era stato regalato da mia zia, assieme a quattro salamelle che avevo già giustiziato alla solita maniera, cioè nel rís e salamele. Sono già vari anni che non vedo il sig. Fava di persona, ma per fortuna i miei zii tengono ancora i contatti e ogni tanto mi elargiscono questi meravigliosi doni.
Ricordo però molto bene la sua bottega e il profumo della stanza di stagionatura dei salami, per non parlare della sua celebre pancetta arrotolata, un'esperienza quasi mistica. Temo che in mancanza di un navigatore GPS ora non riuscirei manco ad arrivare a Castelletto Borgo, perché il progresso, come si suol dire, s'è mangiato le vecchie strade di campagna per lasciare posto a questi bei capannoni prefabbricati di color grigio fumo, alle tangenziali e alle villette a schiera.

Senonché questa volta la ghiotta occasione s'è presentata inaspettatamente quando mia moglie, di soppiatto, l'ha tagliato, pensando fosse uno dei celebri salami del mastro salumiere mantovano, per farlo assaggiare ad un ospite. Immaginatevi che vi stappino la bottiglia di vino prestigioso per farci del ragù, stavo per svenire quando ho visto il prezioso insaccato trafitto dalla proditoria lama d'acciaio.

Ma non posso farle una colpa, la passione per i salumi è una cosa decisamente europea, Argentina a parte. Nella cucina messicana i salumi, genericamente detti embutidos, sono per lo più costituiti dalla famiglia dei chorizos, una chiara eredità spagnola. Non che i messicani non conoscano prosciutti e salami, il jamón serrano spagnolo è ben noto ed esistono perfino finte marche italiane che spacciano improbabili prosciutti cotti di Parma, ma diciamo che, sia per questioni economiche, sia gastronomiche, il messicano medio vive benissimo senza la compagnia di prosciutti, salami e mortadelle.

Ora, in base a cosa dichiaro che questo particolare cotechino è la Ferrari dei cotechini?
Contrariamente a quel che si può pensare, cioè che si tratti della semplice opinione di un parvenu della gastronomia, oso affermare che esistono degli incontrovertibili criteri empirici per giudicare la bontà di un cotechino, che vado ad elencare:

  1. Un buon cotechino, emana un odore gradevole anche prima di essere cotto.
  2. Durante la cottura non appesta la cucina con un odore simile a quello che sentite arrivando al casello di Modena Sud provenendo da Bologna.
  3. Il sapore è gradevole, ben bilanciato, non ha punte aspre, ma soprattutto non è maialesco.
  4. Non incontrate parti dure o immasticabili.
  5. Tre quattro ore dopo l'avrete digerito senza problemi e senza l'aiutino dell'alka seltzer.

Inutile dire che questo soddisfaceva ampiamente tutti questi criteri per unanime decisione di tutti i commensali.
Perciò standing ovation per il Mastro salumiere Fava e i suoi venerabili 80 anni e passa, speriamo di poterne gustare ancora molti di cotechini così!

sabato 14 novembre 2009

Torta messicana!

Già mi immagino lo sconcerto aprendo la pagina: torta? dov'è la torta?
Per chi si fosse sintonizzato solo ora, la torta in Messico è sinonimo di panino.
Solo che i panini messicani non sono minimalisti come i panini italiani o i bocadillos spagnoli dove il pane accompagna semplicemente del salume, ma si tratta di panini farciti, che obbligano le fauci a spalancarsi fin quasi a slogarsi per addentare i quattro, cinque o sei strati che compongono questa specie di pranzo all-inclusive.

La torta è il tipico pranzo dell'operaio, del muratore o comunque di chi ha poco da spendere ma necessiti di qualcosa di sostanzioso e facilmente trasportabile. È un'abitudine che non si perde nemmeno da emigrati, durante l'ultimo viaggio a San Francisco ho visto tanti emigrati messicani impiegati in lavori stradali che all'ora di pranzo divoravano le immancabili tortas, seduti sul ciglio della strada.
Ovviamente non esiste la ricetta della torta, esistono infinite varianti perché ciascuno può mettere quel che preferisce, anche se comunque esistono grandi classici come la torta de pierna de puerco, la torta de jamón o la torta ahogada, una variante servita in un piatto fondo perché viene bagnata con la salsa di cottura della carne. A San Francisco, l'ultimo giorno andai a mangiare una bella torta al pastór, con tanto di pezzettini di ananas come vuole la consuetudine.

Insomma, se vi è rimasta la voglia di dolce, sappiate che in Messico dovete chiedere una tarta, non un torta, quindi non stupitevi se in una pasticceria dovessero sgranare gli occhi di fronte all'insolita richiesta... :-D

Ingredienti:
600g di carne macinata
4 panini tipo teleras o pane tipo arabo
1 avocado maturo
1 chile guajillo
1 chile ancho
200g di queso botanero (formaggio fresco con erbe e peperoncino)
chiles chipotles adobados
salse a piacere (io sono assai poco amante delle salse non messicane come ketchup, senape e via dicendo)
sale q.b.

Procedimento:
per prima cosa mettere a bagno i peperoncini, i chiles, in acqua bollente e lasciarli ammollare. Quando saranno teneri, apriteli e togliete i semi, poi tritateli finemente e uniteli alla carne macinata. Questa preparazione è simile a quelle delle pacholas.


Anche se in Messico la carne macinata per hamburguesas è rigorosamente bovina, io mi sono preso una licenza poetica e ho usato carne equina perché mi piace di più per questo tipo di preparazioni.
I messicani potrebbero inorridire...
Poi conviene preparare i vari ingredienti crudi, tagliare le fettine di avocado, di formaggio e togliere i semi ai chiles chipotles se non si desidera un gusto molto piccante.
Stamattina al supermercato ho trovato questo bel formaggio fresco alle erbe che mi ricorda abbastanza il queso botanero messicano, anche se il sapore purtroppo non è esattamente identico. Si presta molto bene anche per fare quesadillas.

Suddividere la carne in quattro parti uguali e ricavare delle palle che poi schiacciate.
Prima di mettere la carne sulla bistecchiere a fondo piatto, conviene dare una scaldata al pane. Io ho usato pane di tipo arabo perché è il più somigliante alle teleras, ma volendo si può preparare in casa, l'impasto è uguale a quello dei bolillos. Prendete i panini e tagliateli a metà lungo la circonferenza. Dopo aver velocemente abbrustolito in superficie il pane, giusto il tempo di dargli un po' di colore, mettetelo da parte.

Cuocete la carne per qualche minuto, salatela e poi appoggiatela sul pane. Guarnite con i vari ingredienti e mangiatelo caldo.

A corredo, l'immancabile birra messicana.

lunedì 9 novembre 2009

E tutto d'un tratto spuntò il chile habanero

E quando ormai uno ha perso ogni speranza, ecco succedere l'incredibile: trovare del chile habanero messicano fresco a Modena, un sabato pomeriggio, per caso!

Un amico mi aveva riferito tempo addietro di essere andato in un supermercato etnico dove aveva visto un certo assortimento di prodotti latino americani. Io, ormai stremato da anni di vane ricerche e delusioni cocenti, non gli aveva dato peso più di tanto. Sabato pomeriggio però, passavo di lì per caso e sono entrato al "Hello food store", di via Cesare Costa a Modena, per cercare il latte in polvere, un genere quasi introvabile nei supermercati, a meno di voler comprare quello per neonati.
La prima cosa che mi ha colpito sono state le latte di mais in scatola con tanto di scritta "pozole" sopra, di provenienza americana. Poi la corned beef in scatola pure quella, ma sempre meglio di niente, di provenienza argentina e brasiliana. L'immancabile farina di mais "PAN", per fare arepas, sia bianca che gialla. Purtroppo nessuna traccia di maseca, ma pazienza, ne ho fatto scorta per un anno a San Francisco...
Poi un sacco di prodotti tipo preparati per fare gelatinas, uno dei dessert preferiti in tutta america latina, un giorno dovrò mettere la ricetta della gelatina al rompope (il nostro VOV).
Non sto a dirvi i tipi di farine evidentemente molto utilizzate nelle cucine africane, ce n'erano di mai visti, un giorno dovrò farmi una cultura anche su quelle.
Da comprare alla prima occasione gli olii speciali, come quello di cocco o di mandorla o di sesamo.
Insomma, stavo per uscire quando vedo delle borse trasparenti piene di cose colorate nel reparto frigo, ne prendo uno e leggo "peperoncino piccante prima qualità origine Messico".
Ma questo non è peperoncino piccante e basta, è il mitico habanero, uno dei peperonicini più letali che esistano, immancabile complemento per la cochinita pibíl!
E poi dicono che i miracoli non succedono.

venerdì 6 novembre 2009

Costilla de puerco en mole verde de cacahuates

Siccome sono finalmente arrivati i libri che stavo aspettando, praticamente l'opera omnia di Diana Kennedy, che potremmo definire a buon titolo, guru della cucina messicana per la tenacia e la meticolosità nel raccogliere centinaia e centinaia di ricette da ogni angolo della Madre Tierra, per il pranzo di oggi, ecco una prima succulenta ricetta presa da "Essential cuisine of Mexico", costilla de puerco en mole verde de cacahuates, cioè costaiola o puntine di maiale in mole verde di arachidi.

Come spiega Diana, la ricetta originale proviene da un ristorantino a nord di Veracruz ed è opera di doña Virginia Villalón, che a quanto pare apprese la ricetta dalla zia Chanita.
Peccato non poter fare i complimenti di persona a Virginia per questo piatto da leccarsi le dita.

Ingredienti:
1,5Kg di costaiola di maiale o braciole
250g di tomates verdes (pomodori verdi messicani)
140g di arachidi tostate non salate (circa 250g di quelle con la buccia)
4 spicchi d'aglio
4 chiles serranos
1 cipolla grande
1 mazzetto di coriandolo fresco
6 grani di pepe nero
4 cucchiai di olio di mais
sale q.b.

Procedimento:
prendere la metà della cipolla con due spicchi d'aglio e metterli assieme alla carne in una casseruola, coprendo di acqua. Cuocere per il tempo necessario a rendere la carne tenera, ma senza aspettare che si disfi (circa 1 ora).
Mentre la carne cuoce, preparare la salsa. Sbucciare le arachidi, pulire i tomates verdes togliendo la pellicola esterna, lavare il coriandolo. In una pentola di terracotta in grado di contenere anche la carne che aggiungerete successivamente, versare un cucchiaio di olio di mais e le arachidi, facendole friggere quache minuto, poi aggiungere i due spicchi d'aglio rimanenti e i chiles serranos (o altro tipo di peperoncino piccante verde) e in seguito i tomates, allungando il tutto con un bicchiere d'acqua o di brodo e salare leggermente.
Quando i pomodori saranno cotti, frullare tutto fino ad ottenere una consistenza cremosa. Da quando ho il frullatore ad immersione queste preparazioni sono diventate una passeggiata, niente più passaggi avanti e indietro nel frullatore. Se nel frattempo si è cotta la carne, conviene pescarla e metterla da parte, filtrando il brodo ottenuto, che servirà per la fase successiva.




Io a questo punto ho travasato in una zuppiera la salsa, pulito sommariamente la pentola di coccio e poi l'ho subito usata per friggere la rimanente mezza cipolla. Quando la cipolla è appassita, aggiungere la carne e farla rosolare qualche minuto, infine aggiungere la salsa e allungare leggermente col brodo.
Da questo momento in avanti si tratta solo di far cuocere ulteriormente, per una ventina di minuti o il tempo necessario a rendere la salsa un po' più densa.
Servire con tortillas a volontà.

È molto buono anche qualche giorno dopo se conservato al fresco.

lunedì 2 novembre 2009

‘A fugassa co-e purpe di Mitì

Pur avendo dedicato buona parte del mio tempo alla preparazione di piatti della tradizione messicana del giorno dei morti, vedi il pan de muertos, dopo aver letto il bell'articolo di Mitì sulla fugassa co-e purpe e l'evocativa storia da lei citata legata alle tradizioni di questo periodo, non ho potuto resistere alla suggestione.


Ho un debole per certe ricette della cucina ligure, forse per via dei parenti di mia madre emigrati a Genova, che, nelle rare occasioni in cui ci vedevamo, portavano sempre frammenti di queste focacce sublimi, e per questo motivo entrarono assai precocemente nel mio personale paradiso gastronomico, un luogo dove certamente uno può divorare una focaccia intera senza dare il minimo segno di scompenso nei valori dei trigliceridi e soprattutto senza sensi di colpa.

La ricetta è quella riportata da Mitì, avevo in dispensa del paté di olive e ho usato quello, ma ne ho fatto solo mezza dose.

Ingredienti:
500g di farina
30cl di acqua
12,5g di lievito di birra fresco (mezzo cubetto)
75g di olive nere taggiasche in salamoia o 2 cucchiai colmi di paté di olive
olio extra vergine ligure (2 cucchiai nell'impasto, il resto a piacere dopo)
un cucchiaino di zucchero
sale q.b.

Procedimento:
sciogliere il lievito con lo zucchero, basta mescolarlo per qualche minuto e il miracolo della liquefazione si compirà puntuale, come quello di San Gennaro. Impastare la farina con l'olio, mezzo cucchiaio raso di sale e l'acqua, fino ad ottenere un impasto molto colloso. Aggiungere il paté di olive o le olive taggiasche pestate nel mortaio. Far lievitare almeno 8 ore, poi stendere l'impasto dentro ad una teglia grande ben unta.
Tipicamente la focaccia è bassa, l'altezza di un dito al massimo, per cui occorre stenderla molto sottile, massimo mezzo dito. Nel caso dividete a metà l'impasto e cuocete in due turni.
Cospargere d'olio (o una emulsione di acqua e olio) e bucherellare con la punta delle dita, salare in superficie, infine far lievitare per circa un'ora.


Cuocere per 20-25 minuti in forno a 240-250 gradi, cioè il calore massimo dei forni da casa.
Degustare appena sfornata!

Forse non sarà venuta esattamente come l'originale, però l'ho trovata commovente lo stesso.
Grazie Mitì!

domenica 1 novembre 2009

Pan de muertos 2009

E anche quest'anno è finalmente venuto il momento di gustare il pan de muertos, preparato secondo la ormai collaudata ricetta.

Qua sotto il mini pan de muertos di prova, era tale la smania di assaggiarlo che l'ho tirato fuori appena pigliava colore, ma avrebbe dovuto rimanere in forno altri 10 minuti...

Il migliore come forma è risultato l'ultimo, un pan de muertos da 8 persone.

Quello da 12 persone invece è venuto più basso, però ugualmente soffice e leggero.

La colazione tipica del día de muertos, che mi sono sognato tutta la notte...

Finalmente.

PS: mi sono accorto all'ultimo momento che non avevo 7 tuorli per il secondo impasto, ho usato invece 3 uova medie intere e a giudicare dal risultato il sapore e la consistenza non mi sembra ne abbiano risentito molto.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...