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martedì 26 aprile 2011

Torta de cielo con dos o tres nubes

La cucina messicana non è famosa certo per le torte. Ciò non significa che se si va a cercare nei libri di Diana Kennedy, qualche ricetta di torta non salti fuori, ma sembra quasi data in punta di piedi, come se la cosa dovesse rimanere a conoscenza di pochi intimi. È un peccato perché la torta de cielo meriterebbe più notorietà.

Non so se dipenda dal fatto che nella tradizione pre-ispanica il concetto di dessert era assolutamente ignoto o magari per questioni di limitatezza di risorse economiche di gran parte della popolazione, qualunque sia il motivo, di torte autenticamente messicane nel significato italiano del termine, quasi non ce ne sono e molte di quelle che si fanno, sono ricette d'importazione statunitense, tant'è che i messicani le chiamano pai (pie): pai de manzana, pai de calabaza, pai de lo que sea.

La torta de cielo invece assomiglia molto a certe torte di mandorle di tradizione mediterranea, ebraica soprattutto, assaporandola viene da pensare a una parente stretta della tarta de Santiago, già vista su questi schermi e dal nome si capisce che ci deve essere stato qualche influsso italoispanico perché la torta in Messico è parola con cui si chiama il nostro panino, mai si sente usare per indicare ciò che più frequentemente gli spagnoli chiamano tarta. Insomma, un bel rebus!

Diana Kennedy dice che la torta de cielo era una specialità di un ristorante di Mérida, Yucatán, ma non accenna a possibili illustri antenati.
Ce ne faremo una ragione dopo aver gustato una fetta della morbidissima torta de cielo.

Ingredienti:
250g di mandorle pelate
225g di zucchero
5 uova
2 cucchiai di farina (ho aggiunto un cucchiaio di farina rispetto all'originale)
2 cucchiai di liquore d'anice (a piacere, ma Diana Kennedy lo raccomanda) oppure un cucchiaio di liquore all'amaretto.
1 cucchiaino di lievito in polvere (tipo paneangeli o bertolini per capirci)
1 grosso pizzico di sale
1 cucchiaino da caffè di estratto di vaniglia (mia libera iniziativa)
un quarto di cucchiaino di cannella (mia libera iniziativa)
zucchero a velo q.b.

Procedimento:
il procedimento ortodosso per preparare la torta de cielo prevede l'uso delle mandorle non pelate da mettere a bagno per qualche ora, dopo di che si pelano e pare che lo stare a bagno nell'acqua incida anche sulla consistenza della torta. Io purtroppo andavo di fretta e ho saltato questa fase cruciale, limitandomi ad aggiungere un cucchiaio di acqua all'impasto. Mi riprometto di ri-farla seguendo le istruzioni :-)

Partendo quindi dalle mandorle pelate, frullatele senza insistere troppo, non devono diventare completamente farina, poi mescolatele con la farina e il lievito. Siccome con la tarta de Santiago mi era capitato che si abbassasse dopo l'uscita dal forno, ho deciso di mettere due cucchiai di farina anziché uno solo. Preparate anche lo stampo a cerniera, mettendo sul fondo un foglio di carta da forno, poi ungete e infarinate per bene.

Separate i tuorli dalle chiare d'uovo e sbatteteli con lo zucchero fino a farli diventare spumosi. Aggiungete infine il liquore d'anice, se volete, oppure liquore d'amaretto o brandy (chiaramente il sapore cambia...). Montate le chiare d'uovo a neve. Intanto fate riscaldare il forno a 160 gradi circa, un po' più basso del solito perché la torta deve rimanere dentro un'ora e oltre.
Mescolate mandorle e farina con i tuorli sbattuti e un poco alla volta unite le chiare d'uovo, con il classico movimento lento dal basso all'alto che in teoria serve a non far smontare le chiare.
Quando è ben amalgamato il tutto, versatelo nello stampo e infornate.

L'ho tenuta in forno per un'ora col timer, dopo di che è rimasta dentro per altri venti minuti circa a forno spento. Il colore è rossiccio e dopo averla tirata fuori non si è abbassata. Quando era quasi fredda l'ho estratta dallo stampo senza fatica. Una volta raffreddata completamente l'ho spolverizzata di zucchero a velo mescolato con una punta di cannella macinata, ma questa è stata un'altra mia iniziativa personale.
È una torta leggermente spugnosa, soffice, leggermente umida, forse con le mandorle bagnate lo sarebbe risultata ancora di più, vedremo la prossima volta, ma già così era buonissima e tutto sommato molto semplice. Ho visto sul web qualche ricetta dove aggiungono burro in quantità, ma francamente non mi sembra il caso, sicuramente risulterebbe più pesante, meno celestiale.

mercoledì 6 aprile 2011

Costine di puledro alla "o la va o la spacca"

Con la ricetta di oggi, le costine di puledro alla "o la va o la spacca" altrimenti dette "alla come viene viene", voglio inaugurare una nuova categoria tra le molte che già affollano questo blog, quella delle ricette improbabili o difficilmente ripetibili, una specie di sublimazione dell'arte di riciclare gli avanzi di cucina spacciandoli per piatti lungamente ponderati.


Poi, pensandoci bene, non era la prima volta che presentavo una ricetta improbabile, così ho deciso di infilare anche la ricetta delle scorze di melanzana riciclate e ho già altre due o tre ricette che scalpitano per fregiarsi del titolo di ricetta improbabile (ma buonissima, eh!).

Non so come vada a casa vostra, ma a casa mia ogni tanto ci si ritrova con dei rimasugli e siccome solitamente sono troppo poco per farci una porzione singola o troppo per finirli da soli, capita che tocchi inventarsi una maniera più o meno raffinata di smerciarli, possibilmente cavandoci qualcosa di buono o di commestibile se non altro.
Il guaio è proprio quando esce un piatto succulento ma difficilmente ripetibile, come in questo caso :-)

E dopo chi ce la fa a rifarlo uguale se è la mescolanza di due o tre combinazioni cosmiche?

Ad esempio, la ricetta di oggi è nata casualmente a seguito di alcune "fortunate" circostanze, tipo quella di aver dimenticato in frigo delle costine di puledro comprate diversi giorni prima, aver trovato un peperone sepolto in un cassetto, un fondo di bottiglia di vino bianco malvasia rimasta dopo una cena con amici e il voler eliminare a tutti i costi un avanzo di carciofi alla romana non abbastanza alla romana, anche se di bell'aspetto.

Questo per dire che più che darvi una ricetta, oggi vi propongo un'idea, da aggiustare come vi pare, in base a quello che vi è rimasto in frigo e rigorosamente senza acquistare gli ingredienti apposta.

Ingredienti:
1Kg di costine di puledro (o di maiale o anche agnello)
1 peperone verde
1 cipolla grossa
1 carota grossa
1 bicchiere di vino bianco malvasia
avanzo di carciofi alla romana e relativo intingolo
2 cucchiai d'olio extravergine
1 foglia di alloro
1 rametto di timo fresco
1 rametto di maggiorana fresca
5-6 grani di pepe nero
sale q.b.
acqua q.b.


Procedimento:
nella pentola in cui si effettuerà la cottura, soffriggete il trito di cipolla e carota per qualche minuto, poi rimuovete il soffritto e tenetelo da parte. Fate rosolare la carne nella stessa pentola con due cucchiai d'olio (mica vogliamo sprecare le pentole per cucinare degli avanzi!) a fuoco medio finché non sarà ben dorata su tutti i lati. Unite nuovamente il soffritto e aggiungete il vino, poi coprite la carne con acqua tiepida.
Successivamente aggiungete anche le spezie e proseguite la cottura, che sarà piuttosto lunga, a fuoco bassissimo e con coperchio. Dopo un'ora aggiungete il peperone, arrostito sulla fiamma e sbucciato (così come si fa con i chiles messicani), tagliato a cubetti o a strisce.
Quando la carne sarà tenera, dopo circa 2 ore e mezza dall'inizio, spegnete e aggiungete i carciofi eventualmente smembrati assieme al loro condimento, mescolate bene e servite.

Insomma, di questo non ne è avanzato da dover nuovamente riciclare :-D

domenica 3 aprile 2011

Pane alla castagna

Ieri sera preso da furore panificatorio, ho infornato tra le varie cose questo pane alla castagna, dove per castagna, s'intende una percentuale di farina di castagne.


La ricetta l'ho improvvisata, anche se poi la base è sempre quella della pasta da pane generica se così vogliamo chiamarla, cioè la proporzione 10/6 di farina/acqua (1Kg di farina, 600ml acqua ovvero 500g farina e 300ml acqua).
Gli altri ingredienti invece sono di mia ispirazione e a giudicare dal risultato si trattò di una felice ispirazione perché è uscito un pane fragrante con una crosticina croccante e saporita, una mollica fine, umida e semidolce e ovviamente una gradevole sfumatura di castagna.
Approvato!

Ingredienti:
500g di farina tipo 0
300ml acqua tiepida
50g di farina di castagne
50g di zucchero + 1 cucchiaino
3 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
2 cucchiaini di miele millefiori
1 cucchiaino di miele di castagno
8g sale
4g lievito di birra

Procedimento:
sciogliere il lievito di birra con un cucchiaino di zucchero poi diluirlo con un po' di acqua tiepida presa dal totale. Miscelare le farine dopo averle setacciate per rompere eventuali grumi, assai tipici della farina di castagne, unendo anche il sale e lo zucchero. Versare l'acqua un po' alla volta, il lievito, il miele e infine l'olio (l'ordine è venuto così, ma se mettete prima l'olio e poi il miele non credo cambi molto...). Queste operazioni le faccio fare alla macchina impastatrice per almeno 10 minuti o comunque finché l'impasto è liscio e omogeneo.

Ho messo a lievitare l'impasto coperto fino al raddoppio, poi l'ho impastato brevemente a mano e gli ho dato una forma a pagnotta allungata, quindi l'ho rimesso a lievitare in attesa di infornarlo, circa un'ora e mezza.


L'ho infilato nel forno a legna dopo averlo cosparso sotto di farina normale e sopra di farina di castagne, alla temperatura di 240 gradi circa e l'ho cotto in 25 minuti.


L'ho lasciato raffreddare fino al mattino successivo prima di sacrificare le tre fette che vedete per la colazione.


Domani mi procurerò della crema di marroni perché mi da l'idea che siano fatti l'uno per l'altra...

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