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mercoledì 25 maggio 2011

Orecchiette inconsuete

Sarò breve. Ieri m'era venuta voglia di orecchiette alle cime di rapa, ma siccome le cime di rapa mi guardavano malissimo dal loro scomparto frigorifero, ho pensato che dovevo farmi venire un'altra voglia.



Vedendo dell'asparagina in migliori condizioni, mi è sembrato che unita a dei fiori di zucca e alle immancabili alici sott'olio, avrebbe fatto la sua degna figura.

E così fu, orecchiette agli asparagi e fiori di zucca.

Ingredienti:
400g di orecchiette fresche
500g di asparagina
50g di fiori di zucca
4 alici sott'olio
2 spicchi d'aglio piccoli
olio extravergine q.b.

Procedimento:
pulite l'asparagina togliendo la parte più coriacea dei gambi, alla fine in peso rimarrà meno della metà, cuocetela a vapore (10-15 minuti). In un pentolino soffriggete l'aglio, poi unite gli asparagi cotti e i fiori di zucca mondati, giusto il tempo necessario per farli insaporire, salate senza esagerare, spegnete il fuoco e aggiungete le alici sminuzzate, mescolando bene.
Scolate le orecchiette e condite.
Che altro dire, se non che mi sono piaciute assai.

venerdì 20 maggio 2011

Pasca rasucita di super-Lilly

Dovrei intitolare questa ricetta agente zero-zero-lilly, la ricetta della pasca rasucita si scrive solo due volte. Come qualcuno avrà notato infatti, ho dovuto riscriverla dopo le note e poco esaltanti vicende della debacle di Blogger della settimana scorsa, ma giuro che è l'ultima, se si perdono anche questa, di ritorto ci sarà il collo di qualche ingegnere non solo il pane!



Esiste ancora qualche remota possibilità che un giorno riaffiori dai recessi dei salvataggi di Google l'articolo originale, ma siccome non è dato sapere né se, né quando e riponendo io la massima fiducia nelle tecnologie in qualità di addetto ai lavori, ho deciso che intanto la riscrivo, grazie anche all'aiuto di Mary che aveva pensato bene di salvarsene una copia depurata dalle mie precedenti divagazioni.
Hai visto mai che si dimentichino della pasca rasucita?
Insomma, meno male che Mary c'è!

E comunque c'è sempre la ricetta originale della pasca rasucita dell'inestimabile Lilly, senza la quale mai avrei conosciuto la bontà del pane ritorto pasquale rumeno. Se confrontate le due ricette noterete qualche piccola differenza, la versione con i pezzetti di cioccolato m'è piaciuta assai e qui viene data, ma sappiate che l'originale prevede una manciata di uvetta passa ammollata.

Ingredienti per la brioche:
250g di farina tipo 0
100ml di latte tiepido
40g di zucchero
30g di burro
mezzo uovo (l'altra metà si usa per decorare alla fine)
un pizzico di sale
4g di lievito di birra

Ingredienti per il ripieno:
300g di ricotta (ne ho usati 250 di quella di pecora)
170g di zucchero (ne ho messi 125g)
estratto di vaniglia
una manciata di uvetta passa ammollata (sostituita con qualche pezzettino di cioccolato fondente)

Procedimento:
sciogliete il lievito con un cucchiaino di zucchero, scaldate leggermente il latte che diventi tiepido e poi impastate il tutto con la farina e il burro ammorbidito, fino ad ottenere un impasto abbastanza molle che farete lievitare fino al raddoppio. Questa fase la potete anche interrompere se avete poco tempo mettendo l'impasto in frigo e proseguendo il giorno dopo (io quasi sempre faccio così per mancanza di tempo). Poi prendete l'impasto lo dividete in due parti uguali, grammo più, grammo meno, poi stendete la prima in forma di cerchio. Imburrate e infarinate uno stampo a cerniera e poi vi adagiate questo primo strato. Coprite con un panno e stendete il secondo impasto allo stesso modo.
Finito anche quello, preparate il ripieno di ricotta semplicemente sbattendola con lo zucchero e la vaniglia. Quando è pronto, spalmatela uniformemente (vedi foto sotto), lasciando un po' di margine sui bordi e poi guarnite con la cioccolata a pezzetti o l'uvetta.



Adagiate quindi il secondo strato e chiudete i bordi alla belle meglio. Praticate delle incisioni con l'aiuto di una spatola di quelle grandi in modo da tracciare bene i limiti delle fette. Dovete incidere fino al bordo dello stampo, ma lasciare il centro intatto. A questo punto con l'aiuto di una lama sollevate ciascuna fetta dal bordo e datele un giro di 180 gradi. Credo che Lilly abbia fatto due giri, ma secondo me basta uno.



Spennellate con l'uovo rimasto e un goccio di latte e poi mettete il dolce a lievitare per la seconda volta. Quando il volume è nuovamente aumentato, cuocetelo a 170 gradi nel forno. Ho usato la funzione di forno ventilato nel mio fornetto per essere sicuro che il calore fosse più uniforme.
Dopo circa 20-25 minuti si sforna, anche perché il profumo che ha emanato impedisce di andare oltre...



L'ho lasciato nel fornetto spento per qualche altro minuto e poi ho rimosso la cornice dello stampo.



La mattina dopo, il pane ritorto era perfettamente pronto per la prova colazione.



O la prova pranzo...



O anche la prova merenda, volendo.



Dato che è a base di ricotta, consiglio di tenerlo in frigo, nel caso non doveste finirlo subito, ma certamente da il meglio di sé qualche ora dopo averlo sfornato.

mercoledì 18 maggio 2011

Meglio la crostata di mango o quella di fragole e banana?

Siccome quelli di Google se la stanno prendendo moooolto comoda con il recupero della precedente ricetta dedicata alla pasca rasucita di Lilly, prematuramente e inopinatamente scomparsa da questo blog, per smaltire un po' di incazzatura mi sono buttato sulle crostate di frutta esotica e semi-esotica.


Niente di particolarmente impegnativo, ma di grande soddisfazione oculistica e gustativa. D'altra parte bisogna pur approfittarne quando la frutta è buona e la stagione invita, ché di crostata di frutta fresca a Natale nessuno sente la necessità.
E sperando che questa ricetta non scompaia nei recessi dei server di Google quando i suddetti si decideranno finalmente a resuscitare l'articolo fantasma.

Ingredienti per la pasta frolla:
250g farina tipo 00
150g zucchero
125g burro
1 uovo
1 tuorlo
2 cucchiai di liquore all'arancio o mandarino tipo cointreau
4g vanillina o 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
un bel pizzico di sale

per la farcitura alla frutta:
1 mango maturo
2 fette di ananas fresco e maturo
mezza banana
altra frutta a piacere per decorare (mirtilli, lamponi, fragole)
succo di limone

oppure:
un cestino di fragole mature, circa 250g (o più se le mettete in verticale!)
una banana
succo di limone

per la crema al limone:
1 tuorlo
80ml latte
10g di farina
30g di zucchero
un pizzico di sale
il succo di mezzo limone

per la gelatina:
mezza bustina di gelatina (tortagel) seguendo le istruzioni sulla bustina (dimezzando le dosi, ovviamente)

Procedimento:
preparate la base di pasta della crostata. Ho utilizzato la stessa ricetta che uso sempre, con una sola variazione, al posto del vino bianco ho usato il cointreau. Sbattete l'uovo più il tuorlo extra con lo zucchero, la vaniglia, un grosso pizzico di sale e due cucchiai di cointreau. Aggiungete gradualmente la farina setacciata e il burro a temperatura ambiente, fino ad ottenere un impasto morbido ma lavorabile, con il quale rivestite uno stampo a cerniera di circa 26cm, opportunamente imburrato e infarinato.


A differenza della crostata di pesche che feci tempo addietro e di quella mista con la marmellata, qui la frutta la mettete tutta dopo la cottura della base perché è frutta che rende meglio da fresca. Cuocete quindi la base e non vi preoccupate se si alza o si gonfia, la potete sgonfiare quando la tirate fuori con un po' di delicatezza.


Quando la base si sarà raffreddata, preparate la cremina al limone, che con la frutta fresca fa sempre la sua figura. In un pentolino sbattete il tuorlo con lo zucchero e un po' di vaniglia, aggiungete la farina e mescolate bene fino ad ottenere un composto liscio poi allungate con il latte un po' alla volta mescolando bene. Mettete a fuoco basso e mescolate continuamente per evitare attaccamenti. Appena accenna ad addensare, spegnete e versate il succo di mezzo limone mescolando rapidamente. Versate sulla base e distribuite uniformemente.


Dopo che si sarà raffreddata anche la cremina di limone siete pronti per la guarnizione. Qua sbizzarritevi come meglio vi pare, io non ho ecceduto con la fantasia, una volta sono rimasto sul classico fragola-banana, mentre la volta precedente era stato il turno del mango-ananas-banana-mirtillo. Se vi piacciono le crostate di frutta, credo non rimarrete delusi.



Come tocco finale si prepara la gelatina al limone. Basta mezza bustina di tortagel, a meno che non vi piaccia molto la gelatina alta due dita... La funzione della gelatina per me è sia quella di conservante che di dare stabilità ai pezzetti di frutta, poi confesso che mi piace quella puntina di brusco data dalla presenza del succo di limone. Per le istruzioni vi lascio a quelle ottime scritte sulla confezione :-)

Non vorremo mica reinventare l'acqua calda!

giovedì 5 maggio 2011

Pan de nata

Vi è mai capitato che dopo una bella festa di compleanno vi avanzasse della panna montata e vi venissero dei sensi di colpa di fronte alla prospettiva sia di eliminarla, sia di mangiarla tutta voi?
Beh, in quel caso, il pan de nata, fa al caso vostro.

Il pan de nata è un parente molto stretto del pan de fiesta, i tipici pani da fiera paesana dell'area centrale del Messico. Di foggia e dimensioni variabili, il pan de nata è fondamentalmente una brioche gigante super morbida, poco dolce, ideale per la colazione e anche bello a vedersi. È tipico trovare questi pani decorati nei modi più diversi, spesso con scherzose dediche alla suegra, la famigerata... suocera :-D
Come già ebbi a dire quando feci le gorditas de nata, la nata sarebbe la panna da affioramento del latte bollito, quindi a rigore non è al 100% equivalente alla panna da montare, però nemmeno tanto diversa e comunque questo passava il convento...

Ingredienti:
250g panna
75g zucchero
400g farina
3 uova
un cucchiaio di latte
sale
4g di lievito

Procedimento:
Per forza di cose ho dovuto usare panna montata, di quella buona, (mi raccomando non di bomboletta!), ma non credo cambi molto se si usa della panna ancora da montare, tanto alla fine quando si impasta l'aria di sicuro viene eliminata. Sciogliete il poco lievito con un cucchiaino di zucchero e poi allungate con un cucchiaio di latte. Si noti che ho usato sia latte freddo che panna montata fredda di frigo, quindi niente fisime sulle temperature.
Prendete la farina, la panna montata avanzata (o quella liquida), cominciate a impastare aggiungendo anche tre uova, il lievito sciolto e un pizzichino di sale. L'impasto dovrebbe risultare piuttosto morbido, molto appiccicoso, va bene così, più lo lavorate meglio è.

Quando è pronto, ben liscio e con la tendenza a formare sottilissimi nastri semitrasparenti senza rompersi se lo tirate, mettetelo a lievitare. Io quasi sempre eseguo un passaggio nel frigo per una notte vuoi perché non ho quasi mai tempo di fare tutto di seguito, vuoi perché così son sicuro che viene bene.
In ogni caso, frigo o non frigo, va lasciato lievitare fino al raddoppio, poi con l'aiuto di un po' di farina, si ricava una specie di lungo salame dello spessore di due dita che adagerete su una leccarda rivestita di carta da forno a mo' di serpente (vedi foto). Io non ho lasciato molto spazio, tra le spire, ma se ci riuscite a farlo più lungo e distanziato, la forma verrà ancora più carina.
Spennellatelo abbondantemente con un tuorlo d'uovo allungato con un goccio di latte (giusto per rendere il tuorlo un po' meno denso).

Infine dopo la seconda lievitazione che durerà un paio d'ore al massimo, cospargetelo di semi di sesamo e cuocetelo in forno per circa 12-15 minuti a 180 gradi scarsi.

E ritrovarsi alla mattina con il pan de nata appena fatto è un gran bell'inizio di giornata.

PS: Chi ha visitato la sala dedicata alle civiltà precolombiane del British Museum, noterà che la forma ricorda un po' quella del serpente di turchesi della foto sottostante (fate clic sopra per vedere un ingrandimento sul sito del museo).


Assieme ad altri (pochi) preziosi oggetti, pare facesse parte dei regali che il re Moctezuma II inviò a Cortés quando sbarcò in Messico. Dopo vari passaggi di mano, questi oggetti finirono, sembra, tra le proprietà dimenticate di qualche importante cardinale bolognese per poi venire trovati in stato di abbandono dentro a una cassa in una soffitta. Messi in vendita come oggetti di scarso valore, furono acquistati da un mercante d'arte e finirono al British Museum, dove oggi sono esposti con tutti gli onori del caso.
Meglio così, no?

martedì 3 maggio 2011

Chamorro de puerco en adobo

La scorsa settimana mi è venuta una insana voglia di uno stufato di carne di maiale, ho preso quindi a scartabellare i soliti libri di Diana Kennedy e alla fine ho convertito la ricetta della pierna de puerco en adobo, in chamorro en adobo.

Che poi tutta 'sta differenza tra pierna e chamorro non credo ci sia, la pierna sarebbe la gamba, mentre il chamorro sarebbe proprio lo stinco. Siccome però le passate esperienze con l'adobo non mi avevano mai entusiasmato evidentemente per un eccesso nell'uso di aceto (che io sopporto a fatica...), mi sono concesso il lusso di fare un adobo senza aceto.
Il risultato m'è piaciuto assai, si presta anche ad essere congelato e consumato dopo qualche tempo e, come si evince dalle fotografie in basso, anche sotto forma di torta (nel senso messicano del termine), dopo aver precondizionato un classico filoncino francese che fa le veci di un bollillo togliendo un po' di mollica e dandogli due mani di purè di fagioli per impermeabilizzare il tutto.

Per il bollito
2 stinchi di maiale (1,5Kg in tutto circa)
mezza cipolla
due spicchi d'aglio
una foglia di alloro
5-6 grani di pepe nero
sale

Ingredienti per la salsa:
circa 600ml del brodo prodotto dal bollito
4 chiles pasilla
3 chiles anchos
5 grani di pepe
2 foglie di alloro
4 spicchi d'aglio
4 chiodi di garofano
2 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di strutto
un rametto di timo
un rametto di maggiorana
un quarto di cucchiaino di caffè di semi di cumino
il succo di mezzo limone
1,5cm di stecca di cannella

Per finire
rotelle di cipolla sottili a piacimento

Procedimento:
mettete a bollire gli stinchi in acqua (fino a coprirli), aggiungendo anche due spicchi d'aglio, i grani di pepe, una cipolla, una foglia di alloro che non guastano mai. Raggiunto il bollore, salate e cuocete per un'ora circa. Questa operazione si può fare anche il giorno prima o anche due, basta poi tenere in frigo gli stinchi con circa un litro di brodo.
Per preparare la salsa, il nostro adobo, si tostano i chiles in una padella appena unta dopo aver tolto i semi e le venature. Basta qualche minuto a fuoco basso, non devono bruciarsi. Poi si mettono a bagno in acqua bollente per circa quindici minuti o finché non diventano ben morbidi e infine si frullano con un po' dell'acqua di ammollo, l'equivalente di un bicchiere circa e gli spicchi d'aglio.
Nel mortaio pestate le spezie (cumino, chiodi di garofano, cannella, pepe, timo, maggiorana) fino a renderle polvere. In una pentola, meglio se di terracotta, fate scaldare lo strutto e poi aggiungete i chiles frullati, le spezie in polvere, lo zucchero e le foglie d'alloro. Aggiungere anche il brodo tenuto da parte e cuocere a fuoco basso mescolando di frequente. Se gli stinchi sono teneri non sarà necessario cuocerli a lungo nella salsa, ma, se non lo sono, bisognerà aggiungere un po' di liquido per terminare la cottura degli stinchi assieme all'adobo.

L'adobo è pronto quando la salsa è densa ma scorrevole. A quel punto versate il succo di limone (il sostituto dell'aceto...) e mescolate.


Benché si possa mangiare come ripieno per i tacos, nulla vieta di prepararsi anche un panino, magari guarnito della indispensabile cipolla cruda a rondelle (che nelle foto manca...), per la gioia dei vostri colleghi di lavoro.
E se dovessero lamentarsi del vostro alito date pure la colpa a me.

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