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martedì 25 dicembre 2007

Pandoro

Che Natale sarebbe senza pandoro?

Per molti anni il pandoro in casa fu una specie di sogno, poi un giorno si presentò la già menzionata Rigoberta Mancina con le prove fotografiche del suo ardimento e da lì si innescò un tormentone che durò varie settimane, in cui tutti molti dei frequentatori del forum si cimentarono con varianti di tutti i tipi.
Mutatis mutandis ossia dopo il trasloco in altro forum da parte di alcune aventiniane, il tormentone di quest'anno invece si è spostato sul panettone, che nella versione filologica è ancora più impegnativo del pandoro. Diciamo quindi che il pandoro può essere una specie di palestra prima di affrontare il panettone casalingo, tortura alla quale confesso di non essermi ancora personalmente sottoposto.


Come dicevo, il pandoro comporta un certo grado di pazienza, ci sono vari passaggi e per raggiungere il completo dominio della procedura bisogna fare diverse prove, con dosi di lievito diverse a seconda della velocità di lievitazione che si vuole ottenere.

Ad esempio, il pandoro che vedete qui ha richiesto circa 1 giorno e mezzo in totale, ma iniziando al mattino molto presto si dovrebbe riuscire a completare entro tarda sera. Per prendermela comoda io ho iniziato di pomeriggio e poi la seconda lievitazione gliel'ho fatta fare in frigo.
Pazienza a parte, fare un buon pandoro non è difficile, in definitiva non sono richieste né attrezzature speciali, né particolari accorgimenti, l'ingrediente fondamentale è il tempo.


Ingredienti I fase (lievitino):
50g farina
15g lievito di birra fresco (ma si può fare anche con quello secco calcolando le opportune dosi)
1 tuorlo
10g zucchero
50ml acqua tiepida
Procedimento I fase:
Fare il lievitino con gli ingredienti menzionati per la prima fase.

Ingredienti II fase:
200g farina
50g zucchero
30g burro
1 uovo

Procedimento seconda fase:
Aggiungere gradualmente la farina, le uova, lo zucchero e il burro al lievitino, fino ad ottenere un impasto piuttosto appiccicoso. Metterlo a lievitare in un posto riparato ma a temperatura ambiente (20C circa) fino al raddoppio.

Ingredienti III fase:
200g farina
100g zucchero
2 uova
140g burro
stecca di vaniglia (o 2 bustine)
pizzicone di sale

Procedimento III fase:
Prendete l'impasto e iniziate ad aggiungere la farina, lo zucchero, le 2 uova, il pizzicone di sale e i semi di vaniglia. I semi di vaniglia sono quella poltiglia nera che si trova dentro alla bacca di vaniglia, che va incisa longitudinalmente per poterla aprire ed estrarre con la punta di un coltello i semi appiccicosi. In mancanza della bacca, si può usare la vanillina in polvere (1 o 2 bustine secondo il gusto), anche se il sapore sarà leggermente diverso. Impastare bene il tutto e lasciare riposare fino al raddoppio.

Una volta lievitato, spianate l'impasto in forma di rettangolo alto circa mezzo centimetro. Aiutatevi con un po' di farina se dovesse essere molto appiccicoso. A questo punto prendete dei fiocchi di burro con le dita e iniziate a spalmare la superficie dell'impasto. Tenete presente che dovete spalmare l'intera dose e la cosa ad un certo punto vi sembrerà impossibile, ma non arrendetevi, continuate con questa specie di massaggio e vedrete che alla fine riuscirete a "insaponare" la mattonella.
Infine piegare il tutto a pacchetto dando il famigerato quarto di giro, cioè, supponendo che il rettangolo abbia il lato lungo parallelo al bordo del tavolo, piegate prima il lembo destro per un terzo, copritelo col lembo sinistro, riducendo quindi il lato lungo del rettangolo originale ad un terzo, infine piegate a metà il rettangolo risultante prendendo il lembo inferiore e portandolo a coprire quello superiore. Mettere a riposo in frigo per venti minuti circa (o in balcone se c'è freddo...).
Trascorso il tempo, prendere il mattone e spianarlo nuovamente rullando sempre nello stesso verso. Ripetere la piegatura allo stesso modo e rimettere nuovamente in frigo. Questa operazione (credo detta sfogliatura) va ripetuta almeno 3 volte, ma c'è chi come Mancina l'ha ripetuta anche 5 volte. Io credo di essermi salomonicamente fermato a 4.
Terminata la sfogliatura, spianate il tutto in forma più possibile simile ad un quadrato e piegate i 4 angoli verso il centro, per ottenere diciamo un rombo equilatero, che poi sarebbe un quadrato girato di 45 gradi, ma lasciamo da parte le fini disquisizioni geometriche.
Imburrate e infarinate l'insostituibile stampo da pandoro, che non è neppure banale reperire in commercio, possibilmente antiaderente se non volete correre rischi, quindi prendete il pandoro "in fieri" e infilatelo con la parte dei lembi piegati verso il fondo dello stampo, in modo che rimanga visibile la parte perfettamente liscia.
A me succede a volte che s'infili storto e allora si sprecano le imprecazioni. Prima o poi dovrò pensare a qualche espediente che mi permetta d'infilarlo dentro pari senza patemi d'animo, anzi, senza patè d'animo come diceva qualche fine dicitore più aduso alla cucina che alla grammatica.

Mettete il pandoro a lievitare dentro al forno spento e con la luce accesa. Per mantenere una certa umidità potete mettere dell'acqua calda in un pentolino, questo accorgimento impedirà alla superficie del pandoro di seccarsi.
Lasciatelo in pace finché non avviene la "tracimazione", ossia il pandoro supera abbondantemente l'altezza dei bordi, ma prima che cominci a cadere fuori. Insomma, se ci fate caso vedete che ha una specie di forma a fungo. Non è detto che sia una buona idea lasciarlo lievitare di notte perché il pandoro potrebbe raggiungere la "maturazione" prima del previsto e cominciare a fuoriuscire dallo stampo con possibili e temutissimi afflosciamenti di tutta la massa.
Se arrivate alla fase di lievitazione a tarda sera, allora è meglio mettere il pandoro al fresco, così lieviterà più lentamente (il che sarebbe pure meglio...).

La cottura è di circa 25 minuti, max 30 a 170 gradi sul gradino più basso del mio forno. Non vi preoccupate se la parte superiore di imbrunisce molto, è assolutamente normale, l'importante è che prendano colore anche le parti laterali. Aiutatevi magari con uno stecchino per capire se l'interno è ben cotto. Sfornatelo e toglietelo dallo stampo subito, non lasciatelo dentro se no rischiate che s'incolli e dopo son dolori estrarlo, così mi successe la prima volta...
Quando sarà leggermente raffreddato, chiudetelo in un sacchetto per mantenerlo ben morbido.
All'ora di servirlo, spolveratelo con zucchero a velo, magari dopo averlo scaldato per qualche istante.



Nota finale: la ricetta originale prevedeva 3 grammi di lievito nel secondo impasto. Io non li ho messi e non ho notato differenze significative. Ho anche aumentato leggermente la dose di zucchero perché lo trovavo un po' troppo neutro rispetto ai miei gusti.

lunedì 24 dicembre 2007

Limones rellenos de cocada

I limones rellenos de cocada (o también dichos limones con coco) mi avevano sempre colpito per qualche imponderabile motivo, ma non mi ero ancora concesso il gusto di provarli fino al mio ultimo viaggio in Messico, ossia ben 10 anni dopo aver messo piede sul sacro suolo della madre tierra.

A sfruculiare ulteriormente il velopendulo ci si mise anche un magnifico libro di ricette, las fiestas de Frida y Diego, che, contrariamente a quanto avviene in certi libri di cucina, contiene ricette non solo fantastiche ma anche molto ben spiegate e la fotografia dei limones con coco era irresistibile.

Purtroppo la preparazione richiede molta pazienza nelle fasi iniziali, per cui avevo sempre rimandato l'appuntamento, ma quest'anno ho deciso di averli pronti per Natale e una settimana fa mi sono messo all'opera.

Piccolo inciso: per questa ricetta si usano i lime. La cosa curiosa è che in Messico il lime si chiama limón, mentre il limone giallo è curiosamente denominato lima e si trova raramente. A quanto pare c'è stato un curioso qui-pro-quo linguistico-agronomico.

Oserei dire che lime e limoni non sono intercambiabili perché il lime è molto più profumato del limone, quindi sconsiglio di sostituire i lime con limoni verdi italiani.

Ingredienti per i lime canditi:
8 lime
2 tazze di zucchero
2 tazze d'acqua
1 cucchiaio di bicarbonato di sodio

Ingredienti per il ripieno al cocco:
1 tazza di zucchero
1 tazza d'acqua
1 tazza di cocco grattugiato
colorante verde (giallo + blu) se li volete di un bel verde brillante

Procedimento:
Far bollire per qualche minuto i lime in una pentola di acqua bollente, finché non cominciano ad ammorbidirsi. Scolarli e metterli in una ciotola di terracotta, coprirli d'acqua calda e versare un cucchiaio di bicarbonato. Coprire con un coperchio e lasciarli a riposo per un giorno.
Scolare i lime, inciderli su un lato e togliere l'interno, fino a lasciare solo la scorza. Potete aiutarvi con un cucchiaio.
Una volta ripuliti, rimetterli nel recipiente e coprirli con acqua calda, chiudendo con un panno e un coperchio per sigillarli. Ripetere questa operazione per 3-4 giorni. Questa procedura serve per togliere l'amaro.

Una volta terminata la fase preparatoria, siamo finalmente pronti per la fase di caramellatura.
Prendere un pentolino (di rame suggeriscono...) in grado di contenere tutti i lime affiancati, non sovrapposti. Versare le 2 tazze di acqua e le 2 di zucchero, mescolando e portare ad ebollizione.
Quando lo sciroppo bolle, versare i lime e girarli su tutti i lati e lasciare cuocere a fuoco moderato girando spesso, non devono bruciarsi, finché lo sciroppo sia divenuto denso. Attenzione che lo sciroppo non deve bruciare!
Quando lo sciroppo inizia a fare grosse bolle, è giunta l'ora di spegnere. Volendo potete aggiungere il colorante in questa fase.
Vi consiglio di pescare i lime e metterli da parte cercando di lasciarli ben aperti, pronti per essere farciti una volta raffreddati. Io seguendo il libro li ho lasciati a riposo un giorno dentro al pentolino, ma dopo mi è toccato riscaldarli con un po' d'acqua per riuscire a staccarli...


Una volta pronti i limoni è l'ora della cocada. In un pentolino versare la tazza d'acqua con la tazza di zucchero e portare ad ebollizione, aggiungere quindi la tazza di cocco grattugiato e mescolare per qualche minuto. A me piace che la cocada rimanga bella umida, per contrastare la pastosità del lime candito, per cui consiglio di non cuocerla molto, 5 minuti diciamo, deve comunque essere una pappetta molto densa, non troppo acquosa, nel caso aggiungete un po' di cocco se vedete che è troppo liquida. Una volta spenta e lasciata riposare qualche minuto potete cominciare a riempire i lime con una cucchiaiata di cocada ciascuno. Lasciate raffreddare i dolcetti e serviteli completamente freddi.

domenica 23 dicembre 2007

Fregola vegetariana

Questa variante vegetariana della fregola, semi-volontario omaggio alla illustre americanista, femminista-milanista-salutista-vegetariana, nonché cuoca sopraffina, al secolo Rigoberta Mancina, non ha la pretesa di essere filologica ma è sicuramente un esperimento ben riuscito.

Approfitto quindi dell'assenza della esimia profe, la quale, porella, sta in Nuova Zelanda a ritemprarsi, per riempirla di epiteti e anche per stanarla visto che la suddetta centellina le sue presenze manco fosse un pistillo di zafferano della Mancha (!).


Ingredienti x 4 persone:
200g di fregola media
1 barattolo di ceci lessati da 400g
1 barattolo di pelati da 400g
50g di nocciole tostate
2 spicchi d'aglio
mezzo bicchiere di vino rosso secco
olio extra vergine q.b.
acqua q.b.
sale q.b.
pepe q.b.
peperoncino al gusto

Procedimento:
far rosolare brevemente i due spicchi d'aglio con due cucchiai d'olio e il peperoncino e, prima che prendano colore, aggiungere le nocciole sbriciolate e la fregola. Girarla per bene e farla tostare per qualche minuto. Versare quindi i pelati, sminuzzarli con un forchettone di legno, poi aggiungere acqua (o brodo vegetale) sufficiente a rendere il tutto molto fluido (almeno mezzo litro). Quando la zuppetta bolle, aggiungere il sale, il vino ed i ceci (scolati) e proseguire la cottura, circa 10-15 minuti dipendendo dalla consistenza della fregola. Se necessario aggiungere acqua o brodo se vi sembra che si asciughi troppo. Aggiustate quindi con sale e pepe, eventualmente. Se la zuppetta, a causa dei pelati dovesse essere un tantino aspra, potete correggere il gusto con un paio di cucchiaini di zucchero. Questo è un trucco che uso spesso per aggiustare le salse di pomodoro con un eccesso di acidità e funziona egregiamente.

Le nocciole si sposano bene con i ceci e l'idea per questa combinazione mi è venuta come un'epifania, una sera mentre sgranocchiavo delle nocciole salate.

domenica 16 dicembre 2007

La torta sbrisolona di casa mia

La torta sbrisolona, falsamente denominata anche sbriciolona o sbrisolosa, è il dolce natalizio tipico di Mantova, soprattutto quando ci si riferisce ai dolci caserecci.
Ovviamente la sbrisolona versione turistica si trova anche a ferragosto, ma dubito che esista un solo mantovano che la compri in quel periodo.

La ricetta che darò è, né più, né meno, quella di casa mia, presa dal ricettario di mia madre che la faceva come la faceva mia nonna e qui ci fermiamo con le testimonianze di prima mano.
Tra l'altro coincide con quella data nel sito da cui presi la ricetta della torta greca, il che mi conforta.

Sia chiaro che non pretendo di dare LA ricetta, ma tutto sommato posso tranquillamente affermare che le varianti con nocciole, arachidi e/o altre combinazioni di ingredienti semplicemente non mi interessano... :-)

Ingredienti per 1 torta sbrisolona sontuosa o 2 medie:

farina tipo 0 200g
farina di mais gialla tipo fioretto per dolci 200g (non quella grossa da polenta!)
burro 200g (oppure 100g burro + 100g di strutto)
zucchero 200g
mandorle 200g
2 uova medie (oppure un uovo + un tuorlo)
2 bustine di vaniglia
1 tappo di liquore all'anice (facoltativo, io lo metto)
pizzicone di sale q.b.

Procedimento:

Come vedete questa ricetta è decisamente facile da ricordare come dosi, poiché tutti gli ingredienti principali sono presenti nella stessa quantità, per cui è anche abbastanza facile calcolare il necessario per fare un numero maggiore di torte, io di solito ne faccio sempre 4-5 alla volta.


Io di solito uso mandorle pelate, però volendo potete fare un pò e un pò.
Tostare le mandorle in un tegame a fuoco medio, girandole in continuazione per evitare che si brucino. Le mandorle devono diventare color marroncino chiaro chiaro, spero che dalla foto si capisca. Quando sono pronte mettetele a raffreddare in un recipiente diverso, se le lasciate nel tegame potrebbero bruciarsi anche a fuoco spento.

Una volta raffreddate, trituratele non troppo fini.

Fate una bella fontana sulla spianatoia con le 2 farine, lo zucchero, la vaniglia, il sale e il burro a pezzetti. Il burro conviene che non sia proprio gelido ma neanche troppo ammorbidito se non poi farete fatica a sbriciolare l'impasto. Per il sale, dovrete regolarvi secondo il vostro gusto, a me piace molto quando mangiandola si sente d'improvviso un granellino di sale, per cui di solito metto un pizzicone, credo siano 2-3 grammi al massimo alla fin fine.

Al centro della fontana mettete le uova, togliete un albume se volete che la torta sia più farinosa o lasciatelo se la volete più consistente. Aggiungete il goccetto di liquore se vi piace.

Mescolate il tutto con le mani, come se doveste spremere un tubetto di dentifricio, alla fine deve risultare un impasto ben amalgamato ma granuloso, una consistenza che si spezzetta facilmente.
Alla fine unite le mandorle tritate e lavorate il tutto ancora qualche minuto.

Prendete una tortiera grande, vanno bene quelle di alluminio per esempio oppure anche quelle antiderenti. Sbriciolate l'impasto cercando di distribuirlo uniformemente senza pressarlo, deve semplicemente cadere nella teglia. Decorate con mandorle intere, pelate o meno, se volete.

Scaldate il forno a 170 gradi e infornate per 30 minuti circa o più se la volete più scura.
La sbrisolona a me piace piuttosto chiara, per cui i bordi sono appena marroncini, ma il centro rimane giallo dorato.

Una volta raffreddata, potete spolverarla con un po' di zucchero a velo.

Pur essendo un dolce di una estrema semplicità, di solito raccoglie l'entusiasmo di tutti e difficilmente sopravvive a lungo.


Di solito è un dolce che si mangia sempre il giorno dopo o anche vari giorni dopo, non soffre rinsecchimenti, anzi, forse tende a diventare ancora più buono.


Ultimo aneddoto: mia zia dice che in campagna questa torta una volta la facevano con il grasso della gallina e una volta provò a fare la versione "filologica", senza rimanerne entusiasta.
Non è detto che le cose fatte come una volta siano necessariamente migliori, forse certe ricette erano più frutto della penuria che non di scelte ragionate...

Posso invece dire che la versione metà strutto e metà burro ha una sua precisa identità e vale la pena provarla.

lunedì 10 dicembre 2007

Fregola con le arselle alla mia maniera

La fregola con le arselle era già un mito prima ancora di averla assaggiata.
Ci sono ricette che mi fanno questo effetto, ossia non ho nemmeno bisogno di provarle, so già che mi entusiasmeranno.
Credo che il tutto sia nato quando vidi la busta della fregola al supermercato (vedi foto), aveva l'aspetto di qualcosa di molto artigianale, di rustico, con quelle palline di forma irregolare e di varia tonalità, insomma, il mio cervello ha pensato: questa cosa dev'essere buonissima per forza.

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Così quando misi in cantiere la ricetta della fregola con le vongole (purtroppo non ho trovato le filologiche arselle...), già pregustavo l'assaggio.

Va beh, non vi sto a tediare oltre, però non vi metto la prima ricetta che feci, la potete tranquillamente vedere nel sito originale, bensì la mia versione riveduta e corretta.
Che non significa migliore, ci mancherebbe, in fondo mica sono sardo io ;-)




Ingredienti x 4:

300g di fregola media
500g di arselle o vongole fresche
1 litro di brodo di pesce
1 scatola di pelati
2 pomodori secchi
3 spicchi d'aglio
mezzo bicchiere piccolo di vino bianco secco
un pizzico di timo
un pizzicone di maggiorana
una bella manciata di prezzemolo tritato
peperoncino al gusto (un ottimo guajillo messicano ad esempio...)
sale q.b.
olio extravergine q.b.

Procedimento:
Mettete a scaldare il brodo di pesce. In mancanza del brodo di pesce, prendete del dado di brodo di pesce e scioglietelo in un litro d'acqua. In mancanza di dado, dovrete accontentarvi di acqua...

Fate aprire le arselle o le vongole, che avrete magari tenuto a bagno per qualche ora in acqua salata, in un tegame con due cucchiai di olio e uno spicchio d'aglio. Usate un coperchio sia per evitare spruzzi d'olio, sia per evitare che l'acqua delle vongole evapori. 4-5 minuti a fuoco alto di solito bastano per farle aprire. Spegnete e tenete coperto.

Schiacciate i due spicchi d'aglio e tagliate a pezzettini i pomodori secchi. In una padella dai bordi alti mettete due cucchiai d'olio. Quando l'olio è caldo mettete l'aglio e dopo un paio di minuti i pezzetti di pomodoro secco e il peperoncino (se lo volete). Fate andare un paio di minuti a fuoco medio girando il condimento, non deve inscurirsi. Aggiungete la fregola e mescolate bene, deve assorbire l'olio. A questo punto versate il vino bianco e subito dopo il pomodoro.
Cominciate anche ad aggiungere il brodo un po' alla volta.
Nel frattempo colate il liquido delle vongole e aggiungetelo alla minestra.
A questo punto potete anche aggiungere timo e maggiorana.

Andate avanti aggiungendo il brodo fino a cottura ultimata. Sulla busta in mio possesso dice che la fregola si cuoce in 8 minuti, nell'altra ricetta in 12. Credo che entrambi siano ottimisti.
Assaggiate e regolatevi in base al vostro gusto, chiaro che la semola deve rimanere consistente ma senza attaccarsi ai denti. Mentre la fregola cuoce, sgusciate le vongole e mettetele da parte.

A cottura ultimata aggiungere il prezzemolo tritato e le vongole sgusciate. Se volete potete tenere qualche vongola col guscio per fare del cinema, soprattutto se la preparate ad amici.



E se non avete la minima idea di dove reperire la fregola, posso dire che a Modena lo stesso prodotto si trova all'Esselunga e all'Unes e quando lo comprai costava...

Spero di essere stato esauriente.

giovedì 6 dicembre 2007

Crescentine! O...tigelle?

Confesso che da tempo volevo mettere la ricetta delle crescentine montanare modenesi, ma un po' per distrazione e un po' per pigrizia, un po' per falsa modestia, un po' per sopraggiunte vacanze messicane, un po' perché mi dimenticavo sempre di andare a ripescare i piccoli video, ho rimandato questo imprescindibile appuntamento con la gastronomia modenese.

Il problema è anche che di ricette di crescentine ne esistono almeno tante quante sono le famiglie modenesi perché a ciascuno piacciono quelle fatte a proprio modo.

Ultimamente mi capita di farle più spesso che in passato, per cui ho cominciato a fare esperimenti a partire dalla ricetta base che un'amica di mia madre ci passò anni addietro.

Prima di partire, l'immancabile precisazione etimologica: le crescentine sono ormai conosciute ovunque con il nome di tigelle, ma la tigella altro non è che lo stampo di terracotta tra cui viene posto l'impasto.

Ormai è diventato estremamente difficile riuscire a mangiare le crescentine cotte nella maniera tradizionale, anche perché il procedimento è notevolmente più lento dei metodi in uso di questi tempi, però a me è capitato in un paio di occasioni negli ultimi due anni e per meglio illustrare il concetto, vi metto ben 2 video mooolto artigianali girati durante la sagra di ottobre 2006 a Sestola (Modena).

Nel primo vedete la fase di riscaldamento della tigella sul fuoco.



Nel secondo vedrete (o intravedete...) come vengono impilate le tigelle dentro la tigelliera di legno. Una volta cotte più o meno, vengono estratte e messe nella cenere bollente per qualche minuto e infine spazzolate prima di servirle.



Quindi ora sapete perché per mangiare le crescentine fatte come una volta, bisogna armarsi di molta pazienza.

Tornando invece alle crescentine moderne, darò una ricetta con annesse varianti, poi voi vi regolerete secondo il gusto personale.
Ah, si raccomanda l'uso della tigelliera elettrica in pietra refrattaria, che tutto sommato, saporino di cenere a parte, fornisce un risultato più aderente alla tradizione.

Ingredienti per circa 24 tigelle grandi o 40 piccole (4 persone con buon appetito): (variante soffice)
1kg di farina tipo 0
250ml panna liquida fresca
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
acqua q.b.
sale q.b. (10g circa)

oppure (variante più croccantina e forse più filologica, vedi foto in basso)
1kg di farina tipo 0
250g di strutto
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
acqua q.b.
sale q.b. (10g circa)

oppure (variante rustica)
500g di farina tipo 0
500g di farina integrale
125g di strutto
125ml panna
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
latte q.b.
sale q.b. (10g circa)

Procedimento:
Mescolare la farina con gli altri ingredienti (ottima cosa se avete l'impastatrice...), aggiungendo l'acqua o il latte a poco a poco, dovete ottenere un impasto morbido, lisco e non appiccicoso.
Terminate l'impasto a mano, dovrà risultare facile da lavorare, elastico e formare come delle bollicine d'aria in superficie, quello è il segnale che avete impastato bene.

Mettete a lievitare fino al raddoppio e poi sgonfiare e lavorare ancora per qualche minuto, quindi stendere la pasta fino ad ottenere uno spessore al massimo di un centimetro (almeno per i miei gusti). Se lo tirate fino a mezzo centimetro, verranno più secche.

La dimensione va anch'essa a gusti, io tendo a farle grandine e uso come stampo delle coppette da macedonia di circa 10 cm, ma le crescentine si vedono più spesso di dimensioni inferiori, tipicamente sui 6-7 cm.

Una volta ricavate le crescentine, consiglio di metterle a riposo coperte, in modo che lievitino ancora un po'. Diciamo che, senza particolare fretta, in 3 ore siete pronti per la cottura, ma se avete più tempo vedrete che il risultato sarà ancora migliore.



Le crescentine si condiscono in una miriade di modi, di cui qui fornisco un sintetico elenco, in ordine pseudo-filologico:

  • lardo battuto (lardo di maiale, rosmarino, salvia, aglio) con o senza parmigiano-reggiano grattugiato.
  • salumi affettati (prosciutto, salame, ciccioli freschi, coppa, lardo, pancetta)
  • formaggi teneri soprattutto di mucca (caciottina, stracchino)
  • marmellata (come dessert)
  • formaggio caprino
  • altre combinazioni anche piuttosto innovative, tipo pecorino con miele e noci.
  • nutella
E adesso che sapete tutto sulle tigelle e sulle crescentine, non vi resta che farle.

PS: e se vi avanza dell'impasto, potete sempre ripiegare su un sanissimo gnocco ingrassato al forno... :-D

lunedì 3 dicembre 2007

Erbe in cartoccio con caprino

Questa ricettina che, come grado di difficoltà rivaleggia con le uova sode, è un'imitazione (di cui declino qualsiasi responsabilità, come avrebbe sentenziato Totò) di un piatto che mangiai ormai troppi anni fa a Torino, al ristorante Spada Reale.

L'unica difficoltà consiste nel non far appassire troppo le erbette, se no s'intristisce.

Ingredienti per 3-4 persone:
125g di valeriana fresca
50g di rucola fresca
25g di basilico fresco
10g di menta fresca
160g di formaggio caprino fresco (1 confezione da 2x80g tipicamente)
pane pugliese (2-3 fette a testa)
olio extra vergine q.b.
aglio fresco
sale

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Procedimento:
scaldare il forno a 180 gradi.
Tostare il pane affettato, ungerlo e strofinarlo con l'aglio.
Disporre le erbe su una teglia da forno, mescolandole, mettere sopra il formaggio caprino a pezzetti e oliare leggermente.
Importante: Coprire la teglia con un foglio di alluminio e infornare per 6-7 minuti.
Tenete sott'occhio la situazione, le erbe e il formaggio devono solo scaldarsi, non devono cuocersi.
Sfornare e portare in tavola in modo che ciascuno possa farsi la sua bruschetta ipermegabiovegetariancolesterolfree.

Funziona bene come antipasto o in dosi più corpose per una cena molto light.

Patate in purgatorio

Sia chiaro che non stiamo parlando del famigerato Rocco, specialista sui generis di patate fritte e non... :-D

Ho riesumato da un vecchio scaffale delle riviste vecchie come il cucco di mia madre, dove c'erano delle monografie di cucina regionale italiana e ho trovato una vera miniera di ricette.

Quella che attualmente va per la maggiore è quella sulla cucina della Basilicata e la ricetta che ho provato è tanto banale quanto deliziosa:

patate in purgatorio (o all'inferno, dipendendo dalla furia del peperoncino...)

Ingredienti: 3-4 patate grosse
mezzo bicchiere d'olio d'oliva extravergine
peperoncino rosso piccante ad libitum
prezzemolo tritato
1-2 spicchi d'aglio (1 se grosso, 2 se piccoli)
sale q.b.

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Procedimento:
Lavare e lessare le patate a vapore. Pelarle e tagliarle a dischi di circa 1 cm di spessore.
La ricetta dice che a questo punto vanno lasciate raffreddare, però io avevo fame e le ho mangiate calde.
Tritare il prezzemolo con l'aglio.
Scaldare l'olio e il peperoncino a pezzetti.
Cospargere le patate con il sale e il trito di prezzemolo e aglio, quindi versarci sopra l'olio bollente.

Servire come contorno, ad esempio di carne da bollito.

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