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domenica 28 marzo 2010

Scoppiettante marmellata di limone e chile habanero

Era da un po' che ruminavo la ricetta della marmellata di limone e chile habanero, soprattutto dopo il successo della marmellata di arance e chile serrano e l'avvicinarsi dell'ultimo vasetto in dispensa.


E poi ero curioso di sentire come veniva in abbinamento al micidiale chile habanero, passato in men che non si dica dalla categoria delle rarità gastronomiche a genere di largo consumo.
Il vantaggio del chile habanero rispetto agli altri peperoncini, sta nell'essere proprio estremamente piccante, per cui ne basta molto meno a parità di peso per ottenere un discreto grado di piccantezza senza cambiare in modo percettibile il sapore.

Ingredienti:
2Kg di limoni
2Kg di zucchero di canna tipo mascabado, guarapo, piloncillo, panela
2 buste di pectina (ciascuna per un chilo di marmellata)
3/4 di chile habanero

Procedimento:
mettere a bagno i limoni per 5 giorni, dopo averli punzecchiati su tutta la superficie con uno stuzzicadenti, cambiando l'acqua una volta al giorno. Giunta l'ora della marmellata, sciacquarli bene e tagliarli a fette sottili, rimuovendo i semi. Versare i limoni in una pentola capiente.
Affettare e tritare poi il chile habanero, cominciando dalla parte inferiore ed evitando di mescolare i semi. Evitare soprattutto di toccare il peperoncino con le mani, l'habanero è micidiale, se vi sfregate gli occhi o la bocca involontariamente, state freschi!


È importante quindi tritare il chile in pezzetti minuscoli, onde evitare di incendiare il palato.
Mescolare la pectina a freddo, io ho usato la dose per 2 chili di frutta, ma contrariamente alla volta precedentemente, con le arance, questa marmellata è venuta un po' più densa.
Mettere sul fuoco, mescolare spesso, finché la marmellata non inizia a bollire, attendere qualche minuto e poi versare lo zucchero di canna, sempre mescolando, finché non ricomparirà il bollore, a quel punto attendere circa 3 minuti prima di spegnere. Invasare bollente, tappare e girare i vasetti a testa in giù. Questa volta ho usato 9 vasetti da 30cl ciascuno.
La marmellata è venuta piccante ma senza esagerare, tra l'altro il chile habanero non è particolarmente persistente, per cui su una fetta di pane si apprezza il pizzicore senza rimanere a bocca aperta.

E i semini del chile habanero?
Ne ho piantati alcuni oggi pomeriggio, staremo a vedere!

lunedì 22 marzo 2010

A furor di popolo, patate alla messicana

Per qualche ignoto motivo, nell'immaginario popolare, il Messico deve rappresentare soprattutto la patria delle patate, più che delle tortillas.

Dico questo perché ogni giorno c'è sempre più di un visitatore casuale che arriva qui cercando le celeberrime patate alla messicana, oltre agli spaghetti alla messicana, naturalmente :-)

Ebbene, so di dare un dispiacere all'ignaro lettore, ma le vere patate alla messicana non esistono!

Dirò di più, le patate in Messico sono arrivate in cucina più o meno come da noi, partendo dal Perù, molto dopo l'arrivo degli Spagnoli. Le vere patate messicane infatti sono i camotes, le patate dolci cosiddette americane, che vedete qui sotto, cotte semplicemente al carbone, un sapore che mi ricorda sempre i camoteros, i venditori ambulanti di patate e banane cotte alla brace, che girano alla sera con i loro carriolini per le strade di Città del Messico emettendo un fischio inconfondibile.

Camotes al carbón
Il fatto che la patata non sia tipicamente messicana non significa però che non esistano ricette messicane per cucinarle, quindi oggi vi tocca una ricetta di patate messicanissima, presa di sana pianta da uno dei libri di Diana Kennedy, che le chiama papas pastores.

Per una ricetta alternativa di patate alla messicana invece guardate le papas con chile.

Ingredienti x 4 persone:
450g di patate novelle piccole
250ml acqua
mezza cipolla media
uno spicchio d'aglio
un lime
tre chiles serranos o, in mancanza, peperoncino fresco verde
un mazzetto di coriandolo fresco
due cucchiai d'olio d'oliva
sale q.b.

Procedimento:
l'ideale per questa ricetta sono le patate novelle piccole, da usare con la buccia. Ebbene sì, quasi dappertutto le patate si mangiano con la buccia, pelarle è un'usanza molto italiana. Lavatele bene e lasciate la buccia. Se non avete patate novelle, si possono usare patate piccole tagliate a pezzi, come ho fatto io.
Si comincia facendole soffriggere con due cucchiai d'olio in una pentola dal fondo spesso, girandole spesso per evitare che si attacchino al fondo. Nel mentre si fa un trito con mezza cipolla, il peperoncino e uno spicchio d'aglio che si unirà alle patate quando la pellicina comincerà a raggrinzire.

Dopo aver fatto soffriggere il tutto per 3-4 minuti, si unirà il coriandolo tritato e il succo di lime, poi si sala il tutto.

Qualche minuto ancora e poi si versa l'acqua per terminare la cottura a fuoco medio-basso, finché il liquido non sarà quasi del tutto evaporato.

Queste patate sono un ottimo contorno per un piatto messicano a base di carne, come potrebbe essere ad esempio lo stufato di lingua oppure per un pesce cotto alla brace.

domenica 21 marzo 2010

Dal tortello al bensone, il passo è breve

Uno dei maggiori pregi della cucina modenese, con poche notevoli eccezioni, è la rapidità di esecuzione. Le ricette, quasi tutte di umile origine, non prevedono lunghe lavorazioni o complicati passaggi.


La stessa ricetta poi può incarnarsi in forme e nomi diversi, senza sostanziali modifiche.
È il caso ad esempio del bensone, in modenese bensón o nella bassa, belsón, che si può fare a partire dallo stesso impasto usato per i tortelli alla marmellata. Naturalmente, avendo a disposizione questo impasto, nulla vieta di preparare entrambi. Per una breve storia del bensone, vi rimando alle parole del Bellei, senza che io le debba rimasticare.

Ne ho approfittato quindi per fare, oltre al bensone, una trentina di tortelli al savór, nella variante da forno, non fritta. Il bensone si fa anche senza marmellata, anche se a me, non ha mai detto il granché nella sua versione minimalista, anche se, va detto, in questa forma è consuetudine intingerlo nel vino a fine pasto, anziché mangiarlo biút, cioè liscio o al naturale.

Vedremo anche se questa ricetta incontrerà i favori del mio amico Arrigo, ambasciatore della cucina modenese a San Francisco, il quale lamentava il fatto di non trovare una ricetta di suo gradimento.

Non sto a ripetere tutta la fola, la ricetta è la stessa data in precedenza per i tortelli, che sarà sufficiente per ricavare ben quattro bensoni di dimensioni analoghe a questo. Sarà sufficiente perciò prendere un quarto dell'impasto, stenderlo con l'aiuto di poca farina ad uno spessore di circa mezzo dito, cospargerlo eventualmente di marmellata di vostro gusto, tipicamente amarene o prugna, avvolgerlo e infornarlo per circa 35-40 minuti a 180 gradi. Il bensone ben cotto deve creparsi, lasciando fuoriuscire leggermente la marmellata.
A me i dolci con la marmellata piacciono quando quest'ultima non è presente in quantità esagerata, se no li trovo stucchevoli, ma ognuno faccia come preferisce, nel mio caso per un bensone si usano circa un quarto di vasetto di marmellata, cioè circa 100g. Personalmente trovo anche indispensabile dare un aiutino all'impasto per migliorarne il sapore. Se si fa la versione senza marmellata, sarei quasi obbligato a mettere nell'impasto un mezzo bicchierino di sassolino o di anicione oppure di marsala o di vino bianco secco. Se invece si opta per la variante con marmellata, ci sta bene la buccia di limone grattugiata o dell'essenza di arancio.

lunedì 15 marzo 2010

Estofado de lengua

Cosa c'è di meglio di una ricetta che, oltre a riciclare il classico avanzo di bollito, si trasforma in un sontuoso stufato da leccarsi le dita?

Ieri dovevo smaltire un surplus di carne da brodo, in mezzo alla quale avevo infilato della lingua di manzo. In genere ce lo trasciniamo svogliatamente per vari giorni , per cui questa volta ho pensato bene di sfogliare uno dei libroni di Diana Kennedy, autorità incontrastata della cucina messicana e che, grazie alla spaventosa quantità di ricette raccolte nell'arco di quasi quarant'anni di paziente investigazione, è una fonte inesauribile di idee e aneddoti. Non ho nemmeno fatto tanta fatica a trovare questo estofado de lengua al estilo oaxaqueño, che ha subito riscosso il mio incondizionato entusiasmo anche per il fatto che, avendo tutti gli ingredienti necessari, non mi obbligava a compiere fantasiose sostituzioni.

L'unica variante, se così si può dire, sta nell'avere usato la carne del bollito, inclusa la lingua, anziché cuocerla appositamente per questo piatto.

Ingredienti:
1,5Kg di carne da bollito e/o lingua di manzo
900g di pomodori pelati circa
125ml di brodo di carne
80g di mandorle pelate
4 cucchiai di strutto
2 cucchiai di sesamo
2 chiles anchos
1,5cm di stecca di cannella
una tortilla avanzata
una presa di origano secco
una presa di timo secco
una presa di maggiorana secca
sale q.b.

Procedimento:
do per scontato che usiate la carne da bollito avanzata, se no preparatela come se doveste fare del brodo, con gli odori classici, carote, sedano, aglio, cipolla o quel che più vi aggrada.

In una tegame fate tostare brevemente i semi di sesamo a fuoco basso, evitando assolutamente di farli bruciare. Metteteli da parte e nello stesso tegame versate due cucchiai di strutto e le mandorle. Fatele dorare per qualche minuto e poi pescatele. Sempre nello stesso tegame con lo strutto rimasto, fate tostare i chiles dopo aver tolto i semi, cuocendoli circa mezzo minuto per lato, poi pescateli e metteteli da parte. Infine soffriggete la tortilla fino a quando non diventa croccante ma senza farla inscurire. Lo strutto rimasto versatelo in un tegame di coccio assieme agli altri due cucchiai presi dal totale. Nel frullatore versate il brodo, metà dei pomodori, le spezie e gli ingredienti precedentemente fritti, ricavate una salsa omogenea e versatela nella pentola di coccio, quindi terminate frullando il resto dei pomodori. Mescolate il tutto e portate ad ebollizione, salando un po' alla volta. Se la salsa dovesse essere molto densa, allungatela con un po' di brodo, se no prolungate leggermente la cottura per far evaporare il liquido in eccesso, molto dipende anche dai pomodori utilizzati. Non è una salsa che richieda una cottura prolungata, una mezz'ora dovrebbe bastare.
La ricetta originale consiglia di tagliare la lingua calda a fette e poi ricoprirla con la salsa, ma io ho preferito scaldare bene la carne nella salsa e il risultato è stato ottimo.
Non dovrei nemmeno dirlo, ma si mangia rigorosamente con tortillas di mais appena fatte.

mercoledì 10 marzo 2010

Non attacca micca...

Sembra di vedere quella scena di Amarcord, quella della storica nevicata del '56, in cui il tipo vedendo scendere la neve a Rimini sentenziava: "non attaca micca..."






E non ha nessuna intenzione di smettere!

domenica 7 marzo 2010

Tortelli modenesi alla marmellata di amarene

Tra i dolci da forno tipicamente modenesi, amaretti a parte, i tortelli ripieni sono tra i miei favoriti.

Esistono anche i tortelli fritti, solitamente di dimensioni assai più ridotte, ma di quelli occorrerà parlare in un'altra occasione.
L'uso della marmellata brusca di amarene è tipico a Modena per queste preparazioni, tortelli al forno, crostata di amarene e del (famoso?) bensone. Si distingue dalle solite marmellate per la consistenza molto densa, il sapore con un fondo amarognolo e il colore viola scuro, praticamente nero.
Credo ci sia anche qualcuno che aggiunge cacao, ma la combinazione marmellata di amarene e cacao non riscuote il mio entusiasmo. Ovviamente se avete in casa del savór, potete usare quello al posto della marmellata, i tortelli al savór sono ancora più tipicamente modenesi.
Chi volesse approfondire l'argomento, troverà ulteriori particolari nella descrizione di Sandro Bellei, ambasciatore della cucina modenese.
Ora, come già dissi a suo tempo, io non sono affatto l'evangelista della marmellata casalinga, nel senso che se ne trovano di ottime in commercio e ciò mi risparmia un sacco di seccature. Ovviamente dipende dai gusti e quando una cosa è irreperibile in commercio, allora sì vale la pena farsela da soli, vedi ad esempio la marmellata di arance piccante. Questo per dire che, se riuscite a trovare la marmellata di amarene tipo Modena della premiata ditta "Le conserve della nonna", siete già a buon punto.

Ingredienti per circa 40 pezzi:
1Kg farina tipo 0
250g zucchero
100g zucchero fine o a velo per la glassatura (opz.)
100g burro
100g margarina
400g marmellata brusca di amarene tipo Modena
5 uova
1 busta da 16g di lievito vanigliato (oppure una busta di lievito istantaneo + una bustina di vaniglia)
scorza di limone grattugiata oppure una fialetta di essenza di arancio
latte q.b.
sale q.b.
25g pinoli (opz.)

Procedimento:
fare i tortelli è di una facilità estrema. Impastate la farina, lo zucchero, burro e margarina a temperatura ambiente, un robusto pizzico di sale, la bustina di lievito vanigliato e le uova, aggiungendo un po' di latte se necessario, fino ad ottenere un impasto abbastanza morbido, ma non eccessivamente appiccicoso. Fatela riposare una mezzora, coperta e poi suddividetela in più parti per poterla stendere facilmente ad uno spessore di mezzo centimetro. Aiutatevi cospargendo la superficie di farina eventualmente.

Ricavate dei dischi di circa 8-10cm di diametro e depositatevi al centro un cucchiaino di marmellata brusca di amarene.

Volendo potete aggiungere qualche pinolo oppure amaretti tritati o, come dicevo prima, un po' di cacao.
Dopo averli chiusi, conviene disporli sulla teglia da forno foderata con carta da forno, se volete evitare un cazziatone epico come quello elargitomi da mia moglie dopo aver constatato che i primi si erano attaccati al fondo meglio che con l'attak! :-D

Quando li avrete tutti belli ordinati, se li volete glassati, ossia con l'effetto lucido e crosticina croccante, spennellateli di latte e poi cospargeteli di abbondante zucchero semolato fine o a velo.

Infornate per circa 20-25 minuti a 180 gradi, ma dovrete regolarvi soprattutto in base al colore, se li volete lucidi e bianchi forse ci vuole meno, in ogni caso eventuali tracce di latte dovranno essere evaporate.
Io li ho infornati in tre rate e gli ultimi sono venuti più cotti dei primi, basarsi solo sul timer può riservare qualche sorpresa perché dipende dalla quantità di tortelli cotti per volta e dalla reale temperatura del forno.
Insomma, bisogna tenerli sorvegliati, ecco.
Si conservano bene in un contenitore di latta per molti giorni.

venerdì 5 marzo 2010

Torta sabbiosa bigoduriosa

Come tutti sanno e se non lo sapete ve lo dico io, sono un grande tifoso della torta sabbiosa.
Dato però che ai geni trasmessi da mia madre non si comanda, la tentazione di sfornare una variazione della ricetta canonica ha avuto il sopravvento sulla immutabile perpetuazione della versione originale.

Era tipico di mia madre prendere una ricetta, rigorosamente a memoria, cominciare a cambiarla fino a renderla quasi irriconoscibile, suscitando a volte aspri commenti da parte del resto della famiglia.

Si spiega così perché per qualche imponderabile motivo ho iniziato a chiedermi perché mai non avrebbe dovuto esistere anche la versione al cacao di questa torta super squisita (e super calorica, lo ammetto...) e dopo aver tentennato per qualche giorno, ho deciso di fare una prova. Poi, quando è stato il momento di mescolare il cacao, mi sono chiesto cosa sarebbe successo se ne avessi fatto solo metà dose.

Insomma, alla fine è venuta fuori così, bicolore, bisapore e bigoduriosa.

Non sto a ridare tutta la ricetta della torta sabbiosa, basta prendere quella canonica e aggiungere 40g di cacao amaro a una metà dell'impasto, prima di unire le chiare d'uovo e via.

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