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venerdì 24 agosto 2018

Dolcetti croccanti alla banana e müsli

Ogni tanto proseguo i miei esperimenti con le banane mature e questa è l'ultima versione uscita. Detesto gettare le banane mature!



Tutto è cominciò dalla ricetta di qualche anno fa, valida se volete invece dei dolcetti morbidi e avete almeno 3 banane molto mature da riciclare.

Nella nuova ricetta invece basta una sola banana, ben matura, quella con la buccia quasi completamente scura ma all'interno ancora soda, non sfatta.



Procedimento:
mescolate la farina con l'uovo (se usate anche il bianco verranno leggermente più morbidi, se li volete più secchi eliminate il bianco dell'uovo), l'olio di cocco o di semi, lo zucchero, il sale e la cannella. Quando avrete ottenuto una polvere omogenea aggiunte il müsli e infine la banana a pezzetti piccoli. Impastate ancora con l'aiuto di un cucchiaio, dovete semplicemente ottenere un composto molto grezzo che a malapena sta insieme.
Disponete su una piccola leccarda coperta con carta da forno cercando di formare dolcetti di grandezza simile.


Infornate a 180C per 15 minuti circa. 

lunedì 18 novembre 2013

Tlazzenstrudel 2 - con corredo di semini croccanti

Strudel, meine Liebe!
L'altro giorno avevo 4 mele renette da smerciare e una insana voglia di strudel, però volevo aggiungere un tocco di personalità a questo dolce di cui esistono millanta varianti, tra cui quella già apparsa su questi schermi, con cui condivide gli ingredienti della pastella che rimane la mia preferita, perché ho poca simpatia per le versioni di strudel con pasta frolla o sfoglia. Insomma, alla fine mi sono figurato che un rivestimento di semini croccanti misti gli avrebbe dato un certo non so che e il risultato finale mi è piaciuto molto.

Strudel di mele con semini croccanti - Strudel de manzanas con semillas crujientes
Ingredienti pastella:
250g farina tipo 0
50ml di acqua tiepida
50g di burro fuso
30g di zucchero
1 uovo
una presa di sale
semini croccanti misti per rivestire l'esterno a piacere (si trovano in sacchetti già pronti, ad esempio della Rapunzel)
burro fuso per spennellare la superficie q.b.
zucchero di canna per decorare q.b.


Ingredienti ripieno:
4 mele renette o granny smith
25g di noci
20g di pinoli
75g di uvetta
spezie macinate: un pepe lungo, una briciola di noce moscata, un chiodo di garofano, 2cm di cannella
succo di un limone
scorza di limone grattugiata
100g di zucchero


Procedimento:
per prima cosa preparare la pastella mescolando la farina, lo zucchero, il sale e impastando con il burro a temperatura ambiente, l'acqua tiepida e l'uovo, fino a ottenere una massa liscia e morbida (circa 7-8 minuti nell'impastatrice alla velocità minima). Fatto l'impasto, lo si lascia riposare ben coperto per un'ora o più. Nel frattempo potete preparare il ripieno sbucciando le mele, delle mele renette nel mio caso, bagnandole con succo di limone per evitare che diventino subito scure. Tagliate le mele a pezzetti, mescolate con lo zucchero, la scorza di limone grattugiata e le spezie macinate finemente. Infine prendete l'impasto e stendetelo molto sottile, eventualmente aiutandovi con un velo di farina per evitare che si attacchi.
se extiende la masa con un palote, no es necesario que la forma sea perfecta
Fondete il burro e ungete la superficie.

se embarra de mantequilla derretida y se pone el relleno
Sistemate il ripieno lasciando un po' di bordo libero.

se enrolla todo delicadamente
Arrotolate il tutto cercando di evitare rotture della pastella.

se revuelve el salsichón en las semillas
Rotolate sopra i semini per farli attaccare bene.

se pone en una charola con papel para hornear porque va a soltar jarabe

Si inforna a 170 gradi per circa 45 minuti.
A fine cottura spennellate di burro fuso e cospargete di zucchero di canna.

y se come cuando esté frio!
Da degustare una volta raffreddato.

giovedì 4 agosto 2011

Licuado de mamey

Tra i frutti pressoché introvabili in Italia, c'è il zapote mamey, che in Messico chiamano semplicemente mamey. Con questo frutto si possono fare dolci, bevande e gelati squisiti e oggi ne abbiamo utilizzato uno proprio per farci un licuado, che sarebbe in buona sostanza un frappè.

licuado de mamey

È un frutto molto dolce con la consistenza della zucca cotta, la cui polpa è di colore variabile dall'arancione al rosso vivo.

mamey fresco


Per fare un frappè di mamey sufficiente per tre persone basta prendere un mamey maturo, 3/4 di litro di latte freddo, un mezzo cucchiaino di cannella ed eventualmente un po' di zucchero se lo si desidera più dolce, frullando il tutto per un minuto. Ghiaccio ad libitum.

mercoledì 18 maggio 2011

Meglio la crostata di mango o quella di fragole e banana?

Siccome quelli di Google se la stanno prendendo moooolto comoda con il recupero della precedente ricetta dedicata alla pasca rasucita di Lilly, prematuramente e inopinatamente scomparsa da questo blog, per smaltire un po' di incazzatura mi sono buttato sulle crostate di frutta esotica e semi-esotica.


Niente di particolarmente impegnativo, ma di grande soddisfazione oculistica e gustativa. D'altra parte bisogna pur approfittarne quando la frutta è buona e la stagione invita, ché di crostata di frutta fresca a Natale nessuno sente la necessità.
E sperando che questa ricetta non scompaia nei recessi dei server di Google quando i suddetti si decideranno finalmente a resuscitare l'articolo fantasma.

Ingredienti per la pasta frolla:
250g farina tipo 00
150g zucchero
125g burro
1 uovo
1 tuorlo
2 cucchiai di liquore all'arancio o mandarino tipo cointreau
4g vanillina o 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
un bel pizzico di sale

per la farcitura alla frutta:
1 mango maturo
2 fette di ananas fresco e maturo
mezza banana
altra frutta a piacere per decorare (mirtilli, lamponi, fragole)
succo di limone

oppure:
un cestino di fragole mature, circa 250g (o più se le mettete in verticale!)
una banana
succo di limone

per la crema al limone:
1 tuorlo
80ml latte
10g di farina
30g di zucchero
un pizzico di sale
il succo di mezzo limone

per la gelatina:
mezza bustina di gelatina (tortagel) seguendo le istruzioni sulla bustina (dimezzando le dosi, ovviamente)

Procedimento:
preparate la base di pasta della crostata. Ho utilizzato la stessa ricetta che uso sempre, con una sola variazione, al posto del vino bianco ho usato il cointreau. Sbattete l'uovo più il tuorlo extra con lo zucchero, la vaniglia, un grosso pizzico di sale e due cucchiai di cointreau. Aggiungete gradualmente la farina setacciata e il burro a temperatura ambiente, fino ad ottenere un impasto morbido ma lavorabile, con il quale rivestite uno stampo a cerniera di circa 26cm, opportunamente imburrato e infarinato.


A differenza della crostata di pesche che feci tempo addietro e di quella mista con la marmellata, qui la frutta la mettete tutta dopo la cottura della base perché è frutta che rende meglio da fresca. Cuocete quindi la base e non vi preoccupate se si alza o si gonfia, la potete sgonfiare quando la tirate fuori con un po' di delicatezza.


Quando la base si sarà raffreddata, preparate la cremina al limone, che con la frutta fresca fa sempre la sua figura. In un pentolino sbattete il tuorlo con lo zucchero e un po' di vaniglia, aggiungete la farina e mescolate bene fino ad ottenere un composto liscio poi allungate con il latte un po' alla volta mescolando bene. Mettete a fuoco basso e mescolate continuamente per evitare attaccamenti. Appena accenna ad addensare, spegnete e versate il succo di mezzo limone mescolando rapidamente. Versate sulla base e distribuite uniformemente.


Dopo che si sarà raffreddata anche la cremina di limone siete pronti per la guarnizione. Qua sbizzarritevi come meglio vi pare, io non ho ecceduto con la fantasia, una volta sono rimasto sul classico fragola-banana, mentre la volta precedente era stato il turno del mango-ananas-banana-mirtillo. Se vi piacciono le crostate di frutta, credo non rimarrete delusi.



Come tocco finale si prepara la gelatina al limone. Basta mezza bustina di tortagel, a meno che non vi piaccia molto la gelatina alta due dita... La funzione della gelatina per me è sia quella di conservante che di dare stabilità ai pezzetti di frutta, poi confesso che mi piace quella puntina di brusco data dalla presenza del succo di limone. Per le istruzioni vi lascio a quelle ottime scritte sulla confezione :-)

Non vorremo mica reinventare l'acqua calda!

domenica 27 febbraio 2011

Tlazzenstrudel - Strudel per indecisi

Non avete ancora deciso se vi piace di più lo strudel classico o quello ai frutti di bosco? Allora il Tlazzenstrudel fa per voi, infatti non c'è scritto da nessuna parte che non si possa fare un incrocio virtuoso tra le due versioni.

Lo strudel non mi piace sempre, preferisco quello con la pastina sottile e piuttosto salata, trovo la versione con la pasta frolla troppo ricco e quello con la pasta sfoglia per qualche motivo imponderabile non mi convince. De gustibus... Armato di queste sane convinzioni mi sono messo a cercare un po' di ricette e ho preso come ricetta base per la pastella quella che segue. Per il ripieno mi sono ispirato alla medesima ricetta, sebbene poi abbia eliminato l'uvetta e il pangrattato in favore dei mirtilli sciroppati, perché m'andava così.
E come tocco finale, cottura nel forno a legna, reduce da una pizzata tra amici.

Nella mia ignoranza credevo che lo strudel fosse originario dell'Alto Adige, invece pare abbia dei natali mediorientali e sia stato entusiasticamente adottato nell'impero austroungarico a furia di combattere li Turchi. Evidentemente una volta i bottini di guerra non erano solo beni preziosi, ma anche succulente ricette di cucina!

Ingredienti:
per la pastella
250g di farina tipo 0
50ml di acqua tiepida
50g di burro
30g di zucchero
1 uovo
una presa di sale

per il ripieno
700g circa di mele renette
125g di mirtilli sciroppati
100g di zucchero semolato
75g di burro fuso
50g di pinoli
succo di mezzo limone
scorza di un limone grattugiata
cannella q.b.

Procedimento:
per prima cosa preparare la pastella mescolando la farina, lo zucchero, il sale e impastando con il burro a temperatura ambiente, l'acqua tiepida e l'uovo, fino a ottenere una massa liscia e morbida (circa 7-8 minuti nell'impastatrice alla velocità minima). Fatto l'impasto, lo si lascia riposare ben coperto per un'ora o più. Nel frattempo potete preparare il ripieno sbucciando le mele, delle mele renette nel mio caso, bagnandole con succo di limone per evitare che diventino subito scure. Tagliate le mele a pezzetti, mescolate con lo zucchero, i mirtilli sciroppati scolati, la scorza di limone grattugiata. Infine prendete l'impasto e stendetelo molto sottile, eventualmente aiutandovi con un velo di farina per evitare che si attacchi. Fondete il burro e ungete la superficie, la rimanenza mescolatela al ripieno.
La cannella potete aggiungerla per ultima dopo aver distribuito il ripieno (vedi foto). Se vi piace molto la cannella spolverizzatela su tutta la superficie senza badare a spese.

Successivamente dovete arrotolare a mo' di salsiccia lo strudel, cercando di evitare rotture della sfoglia e poi trasferirlo in una teglia foderata con carta da forno perché sicuramente durante la cottura uscirà del liquido (cosa puntualmente avvenuta con conseguente trasformazione del liquido in caramello buonissimo ma durissimo!).
Si inforna a 250 gradi per almeno mezzora, eventualmente abbassando la temperatura a 220 dopo i primi 10 minuti e poi a 200 dopo altri dieci, fino ad ultimare la cottura.
Dico ciò perché nel forno a legna la temperatura non rimane costante ma tende ad abbassarsi se non viene alzata con l'immissione di nuova legna o di nuovo carbone.

Per decidere se la cottura era ultimata sono dovuto andare a naso, un po' perché dopo 30 minuti a oltre 200 gradi, la pasta è quasi certamente cotta, un po' perché la superficie era di color ambrato uniforme, dopo aver girato la teglia di 180 gradi a metà cottura, e il caramello fuoriuscito iniziava ad inscurirsi troppo.

Lo strudel, come quasi tutti i dolci a base di mela, per me va mangiato freddo e, se ci riuscite :-P, il giorno dopo perché il sapore ne guadagna. Lo zucchero a velo sopra è assolutamente ad libitum.

domenica 14 novembre 2010

Torta di mele campanine

Da un paio di giorni covavo voglia di torta di mele, vuoi perché avevo delle mele campanine da smaltire, vuoi perché è proprio una torta tipica della stagione, vuoi perché era finita la crostata di cocco, vuoi perché devo continuare la saga delle variazioni Tlazberg sulla torta di mele.


Armato di google non ho dovuto fare molti sforzi per imbattermi subito nella torta alle mele campanine delle Terre di Pico del signor Mazzoni, che non conosco, ma al quale faccio i complimenti per l'ottima ricetta. Le terre di Pico comprendono il territorio nei dintorni di Mirandola, ossia una parte consistente della cosiddetta Bassa Modenese, terra di meloni, angurie e frutta in generale, tra cui le mele campanine, un tipo di mela piuttosto piccolo, dalla polpa dura, consistente e decisamente profumata, molto utilizzata anche nel mantovano per farci la mostarda di mele grazie proprio alla capacità di non disfarsi durante la cottura.

Ingredienti:
1kg di mele campanine
250g di farina tipo 00
200g di zucchero
200g di burro
50g di pinoli
10g di lievito per dolci
4 uova
la buccia grattugiata di mezzo limone
un pizzico di sale

Procedimento:
montate il burro con lo zucchero fino ad ottenere una crema bianca spumosa, aggiungete un pizzico di sale, le uova una per volta, poi un po' alla volta la farina e il lievito istantaneo, infine la buccia grattugiata del mezzo limone. Quando avrete ottenuto un impasto viscoso ma liscio, aggiungete metà dei pinoli. In uno stampo apribile imburrato e infarinato versate il composto e poi procedete a pulire e tagliare le mele campanine. Per evitare che diventino scure le ho sbucciate e tagliate una alla volta, operazione piuttosto pallosa ve lo anticipo... Sì perché le campanine sono piccole e diventano scure alla velocità del fulmine, per cui appena tagliate vanno mescolate all'impasto.
Quando mancano le ultime 4-5 mele, accendete il forno e mettetelo su 180 gradi. Conservate un paio di mele per la decorazione finale che però potete fare barando come me, perché avevo leggermente meno di un chilo di mele campanine per cui ho affidato la decorazione ad una mela extracomunitaria :-D


Le torte di mele di solito le spolverizzo di zucchero perché così vengono leggermente meringate. Ricordatevi da ultimo di cospargere con i rimanenti pinoli.

Si cuoce per almeno 45 minuti o anche più, controllando con lo stecchino. Io l'ho cotta per 50 minuti poi l'ho lasciata nel forno spento per altri 30, finché non si è staccata dai bordi dello stampo da sola.

Come vedete i pezzetti di mela rimangono ben visibili e abbastanza sodi.

Una torta di mele semplice e genuina in cui il sapore delle mele campanine si sposa mirabilmente con il profumo della scorza di limone e dei pinoli.
Consigliatissima!

domenica 10 ottobre 2010

Waltzer di crostate alla frutta

Non c'è niente di più noioso che ripetersi, prometto quindi che questa sarà l'ultima o al massimo la penultima volta che parlerò di crostate di frutta :-)


Partendo dalla crostata di pesche e mirtilli dell'altro giorno, ho pensato di esercitare un po' la fantasia prendendo spunto dalla incredibile crostata di frutta che l'esimia cattedratica Mancina fece tempo fa.
Vedremo se dopo l'ennesima evocazione l'esimia deciderà di passare per questi paraggi.

Partendo da una doppia dose di ingredienti rispetto alla ricetta già data per la crostata di pesche, ho steso la pasta sulla leccarda foderata di carta da forno, poi con la rimanenza di pasta ho tracciato alcune divisioni.

Dopo di che, armato di confettura di amarene brusche e pere ai chiodi di garofano, gentile omaggio di mia zia e con un po' di frutta fresca variopinta, ho creato alcune combinazioni. In realtà la confettura d'amarene non l'ho combinata con frutta fresca, ma l'ho lasciata al naturale, ottenendo quindi una classicissima crostata d'amarene brusche alla modenese.

La confettura di pera, più dolce dell'altra, invece l'ho combinata con delle pere kaiser fresche e cannella.
I rimanenti blocchi sono stati riempiti con pesche e mirtilli secchi e peperoncino e poi zuccherati.

Una volta estratta dal forno ho completato con i frutti di bosco freschi e un po' di gelatina al succo di limone (poca).

Alla fine sono venute fuori le combinazioni che vedete sopra:
crostata d'amarene brusche modenese
crostata di pesche, mirtilli secchi e chile de árbol
crostata di pesche, mirtilli secchi e lamponi
crostata di confettura di pere, con pere fresche, cannella e more di rovo.
crostata di confettura di pere, con pere fresche e lamponi.

mercoledì 6 ottobre 2010

Crostata di pesche e mirtilli

Come dicevo in qualche commento sparso per l'etere non molto tempo fa vedendo qualche bella ricetta di torte altrui a base di frutta, avevo voglia di rifare la crostata di pesche fresche.


Anche perché la stagione delle pesche è già finita da un po' e trovarne di buone diventa sempre più arduo.
Siccome poi avevo dei mirtilli secchi in dispensa che non so mai bene come usare, ho pensato che per questa torta sarebbero andati benone perché la macedonia di pesche e mirtilli freschi è una delle cose più semplici e deliziose che si possano preparare.
Per questo tipo di torta consiglio di usare la varietà di pesche ben sode ma dolci, le cosiddette percoche, perché non si disfano con la cottura.

Con la ricetta della pasta frolla presa a prestito dalla torta di semolino e cioccolato, ho quindi sfornato in breve tempo questa crostata dai bei colori sgargianti.

Ingredienti per la pasta frolla:
250g farina tipo 00
150g zucchero
125g burro
1 uovo
1 tuorlo
2 cucchiai di vino bianco secco
0,5g vanillina o 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
un pizzico di sale

Ingredienti per la copertura:
3 pesche grandi (consigliate le percoche)
100g di zucchero
2 cucchiai di mirtilli secchi

Ingredienti per la gelatina:
125ml di acqua
6g di tortagel (mezza bustina da 13g)
50g di zucchero
il succo di un limone

Procedimento:
preparate l'impasto della crostata mescolando tutti gli ingredienti in maniera omogenea, con l'aiuto di un'impastatrice questa operazione dura qualche minuto al massimo. Lasciate riposare l'impasto in frigo per una mezzora e poi stendetelo uniformemente in una teglia da crostata oppure in uno stampo apribile.
Mentre la pasta è a riposo, approfittatene per sbucciare e tagliare le pesche in fette non troppo grandi. Prima di sistemare le pesche sulla torta, accendete il forno a 180 gradi.
Sistemate le fette come meglio vi piace, io, al solito a fare i ricami sono una vera frana.

Se usate i mirtilli secchi, a questo punto spargetene un po' sopra le pesche e poi spolverizzate con lo zucchero prima di mettere la torta in forno. Se invece usate mirtilli o magari anche lamponi freschi, è meglio metterli quando la crostata sarà cotta.
La cottura sarà un po' variabile come tempi, diciamo che servono almeno 45-50 minuti perché la frutta essendo umida, tenderà a ritardare la cottura della pasta. Consiglio anche di posizionare la torta un gradino più in basso del solito, per far arrivare più calore nella parte sottostante.

Sfornatela quando i bordi saranno ben cotti e il liquido rilasciato dalle pesche avrà assunto un aspetto piuttosto sciropposo.
A quel punto potete iniziare a preparare la gelatina seguendo le istruzioni sulla bustina (ma dividendo a metà le dosi!)
Infine prima di versare la gelatina, adornatela con i mirtilli freschi e/o i lamponi (se ne avete).

Come tutte le crostate, deve passare almeno un giorno prima di raggiungere l'apice del gusto e quindi della goduria :-D

sabato 25 settembre 2010

Mango-mania

Tra la frutta cosiddetta tropicale, il mango rimane uno dei miei preferiti. Originario dell'India questo frutto viene coltivato in praticamente tutte le aree tropicali e subtropicali, pare ce ne siano perfino in Sicilia e Calabria, anche se non mi è ancora capitato di assaggiare un mango "italiano".

Mi ricordo invece assai bene dei mangos venduti a Chapultepec o in spiaggia, al posto dei gelati, montati su un paletto di legno e cosparsi di limone, un po' di sale e chile piquín. Questa è sicuramente la maniera preferita di consumarli in Messico, così essendo stato avvertito dal mio "spacciatore" di mango di fiducia, un simpatico bengalese naturalizzato che ha il negozio vicino al mio ufficio, mi sono capicollato a ritirare il prezioso carico prima che venisse venduto al primo avventore.

Questa varietà, che non saprei dire di preciso quale sia tra le diverse esistenti, è giallo verde anche quando i frutti sono maturi, mentre quelle che vedo al supermercato di solito sono rosso-verdi e dure come palle da cannone.
Dopo aver eliminato la pelle e infilato il frutto sui due mini spiedi da pannocchia, lo si cosparge di limone, peperoncino macinato e poco sale.

L'ultima volta in cui mangiai un mango così fu l'anno scorso a Beverly Hills, pensate un po', quando lungo una strada incontrai una messicana con il classico chiosco di frutta fresca e ovviamente nessuno potè resistere alla tentazione, peraltro molto economica e sana.

Non è l'unica maniera di consumare il mango, anzi, sempre l'anno scorso provai il mango lassi, una bevanda a base di yogurt e mango in un ristorante pachistano, quello dove provai quel memorabile chicken tikka masala di cui parlai tempo addietro.

Il mango lassi è una bevanda molto adatta ai cibi piccanti, spegne immediatamente gli incendi causati dal peperoncino. Prepararlo è molto semplice, un mango (pulito e tagliato a pezzetti), 250ml di yogurt non troppo sodo, un po' di latte freddo e un cucchiaio di zucchero se lo yogurt dovesse essere molto aspro, il tutto frullato e servito subito.

mercoledì 1 settembre 2010

Agua fresca de piña colada

Tra le tante bevande dissetanti e analcoliche che offre la tradizione messicana, le cosiddette aguas (de frutas) frescas sono tra le mie preferite.

Preparare agua fresca de piña colada richiede pochissimo sforzo, ma bisogna avere a disposizione frutta matura saporita, se no non ha senso.
Avendo acquistato un profumatissimo ananas, che sarebbe poi la famosa piña in spagnolo, ho pensato di trasformarlo appunto in un agua fresca de piña. La quale diventa agua de piña colada con l'aggiunta di cocco grattugiato e/o latte di cocco, possibilmente fresco. Purtroppo non ho trovato il cocco fresco, quello che quando ero piccino picciò ti vendevano in spiaggia al grido di "cocco fresco, cocco di mamma!", per cui ho ripiegato su del cocco rapè.
Se invece trovate una noce di cocco intera, usate parte di quella assieme al suo latte.
Questa è una delle mie bevande favorite quando passo dalle parti di Jugos Canada, nella strada cinco de mayo, vicino al zocalo di Città del Messico, un locale specializzato in aguas, jugos e licuados al quale sono molto affezionato.

Ingredienti per circa 1,5 litri di agua fresca:
1 ananas da 1Kg circa (assicurarsi che sia dolce, se no lasciate perdere)
4 cucchiai di cocco grattugiato + latte del cocco (se c'è)
2 cucchiai di zucchero
acqua naturale q.b.
ghiaccio


Procedimento:
pulire l'ananas eliminando anche la parte fibrosa centrale e tagliarlo a pezzetti. Frullarlo insieme al cocco grattugiato, al latte di cocco (se c'è) e allo zucchero.
L'acqua si aggiunge successivamente, poco alla volta per diluire il composto che risulterà piuttosto denso. Ovviamente non esagerate con la quantità d'acqua, regolatevi al gusto.
Tenete presente che questo non è un succo di ananas, per cui va proprio diluito per trasformarlo in una bevanda gradevole, leggera, ma soprattutto, dissetante.
Va servita con una buona dote di ghiaccio e se lo tenete in un recipiente chiuso si conserva in frigo anche un paio di giorni, avendo l'avvertenza di mescolarlo con un cucchiaio prima di servirlo.

domenica 28 marzo 2010

Scoppiettante marmellata di limone e chile habanero

Era da un po' che ruminavo la ricetta della marmellata di limone e chile habanero, soprattutto dopo il successo della marmellata di arance e chile serrano e l'avvicinarsi dell'ultimo vasetto in dispensa.


E poi ero curioso di sentire come veniva in abbinamento al micidiale chile habanero, passato in men che non si dica dalla categoria delle rarità gastronomiche a genere di largo consumo.
Il vantaggio del chile habanero rispetto agli altri peperoncini, sta nell'essere proprio estremamente piccante, per cui ne basta molto meno a parità di peso per ottenere un discreto grado di piccantezza senza cambiare in modo percettibile il sapore.

Ingredienti:
2Kg di limoni
2Kg di zucchero di canna tipo mascabado, guarapo, piloncillo, panela
2 buste di pectina (ciascuna per un chilo di marmellata)
3/4 di chile habanero

Procedimento:
mettere a bagno i limoni per 5 giorni, dopo averli punzecchiati su tutta la superficie con uno stuzzicadenti, cambiando l'acqua una volta al giorno. Giunta l'ora della marmellata, sciacquarli bene e tagliarli a fette sottili, rimuovendo i semi. Versare i limoni in una pentola capiente.
Affettare e tritare poi il chile habanero, cominciando dalla parte inferiore ed evitando di mescolare i semi. Evitare soprattutto di toccare il peperoncino con le mani, l'habanero è micidiale, se vi sfregate gli occhi o la bocca involontariamente, state freschi!


È importante quindi tritare il chile in pezzetti minuscoli, onde evitare di incendiare il palato.
Mescolare la pectina a freddo, io ho usato la dose per 2 chili di frutta, ma contrariamente alla volta precedentemente, con le arance, questa marmellata è venuta un po' più densa.
Mettere sul fuoco, mescolare spesso, finché la marmellata non inizia a bollire, attendere qualche minuto e poi versare lo zucchero di canna, sempre mescolando, finché non ricomparirà il bollore, a quel punto attendere circa 3 minuti prima di spegnere. Invasare bollente, tappare e girare i vasetti a testa in giù. Questa volta ho usato 9 vasetti da 30cl ciascuno.
La marmellata è venuta piccante ma senza esagerare, tra l'altro il chile habanero non è particolarmente persistente, per cui su una fetta di pane si apprezza il pizzicore senza rimanere a bocca aperta.

E i semini del chile habanero?
Ne ho piantati alcuni oggi pomeriggio, staremo a vedere!

martedì 22 dicembre 2009

Una tlazzesca marmellata di arance e chile serrano

Come si usa dire in questi casi, bisogna fare di necessità virtù. E siccome ho perso la speranza di trovare la marmellata di arance e chiles jalapeños perfino in Messico, ho deciso di farmela in casa.


Queste iniziative estemporanee non mi vengono spesso, perché io non sono assolutamente il profeta delle marmellate caserecce, mi pare ce ne siano in commercio di ottime e un giorno magari polemizzerò volentieri in merito :-)
La marmellata di arance e chiles serranos è un'imitazione di una meravigliosa mermelada de naranjas y jalapeños che degustai anni fa, rimanendomi impressa nella memoria e covavo l'intenzione di farmela non appena fossi entrato in possesso di qualche chilo di arance non trattate. Per fortuna è venuta in soccorso mia cugina, grande intenditrice di cose siciliane per quistioni di matrimonio. Con le arance non trattate a disposizione e per giunta gli ultimi chiles serranos della piantina miracolosamente sopravvissuta, non potevo più titubare.

Sono abbastanza soddisfatto della riuscita della mia prima marmellata casalinga, benché intraveda la possibilità di fare alcuni aggiustamenti casomai la dovessi rifare. Ad esempio, proverei a mescolare zucchero bianco e zucchero di canna grezzo, per vedere se viene un po' meno scura. E forse metterei due chiles in più perché quattro la rendono appena appena piccante. Vedremo anche cosa dicono le cavie a cui invierò alcuni campioni di questo esperimento.

Ingredienti:
2 Kg di arance non trattate
2 Kg di zucchero di canna tipo piloncillo, panela, guarapo o mascabado.
2 buste di pectina (dose per 1 chilo di frutta ciascuna)
4 chiles serranos (o jalapeños)

Procedimento:
mettere a bagno per almeno 4 giorni le arance dopo averle punte superficialmente con uno stuzzicadenti. Fate conto di dover pungere ciascun arancio in 40-50 punti, senza andare troppo in profondità. Ricordarsi di cambiare l'acqua ogni giorno, le arance tenderanno ad espellere una resina oleosa.

Dopo la fase preparatoria, tagliatele in quattro parti e poi in fettine sottili, che verserete in una pentola capiente. Mescolate bene la pectina a freddo e portate le arance a ebollizione a fuoco vivo, a quel punto versate lo zucchero che dovrebbe liquefarsi quasi immediatamente.

Mescolate costantemente finché non riportate il tutto a ebollizione. L'ebollizione si nota dal fatto che si tende a produrre una notevole quantità di schiuma. Contate 3 minuti, sempre mescolando e poi spegnete, mescolando finché la schiuma non sparisce. A quel punto potete iniziare a versare la marmellata nei vasetti già sterilizzati, riempiendoli quasi fino all'orlo, tappandoli a caldo e capovolgendoli.
Ora, la domanda fatidica è sicuramente: ma quanti vasetti servono?
Incredibilmente, col mio criterio spannometrico, mi sono sbagliato di due vasi per eccesso.


Praticamente 4Kg abbondanti di marmellata sono finiti in 10 vasetti da 0,15L (del peso finale di 400g circa, vetro e tappo compreso) e due vasi ad anforetta del peso finale di 1,1Kg ciascuno (vetro e tappo compreso). Credo anche che le mie arance pesassero leggermente di più di 2Kg, per cui la proporzione tra frutta e zucchero, anziché essere 50-50 sarà stata circa 52-48.

Ah, nel caso i conti non vi tornassero, nella foto manca all'appello il decimo vasetto, sottoposto ad un severissimo controllo di qualità da parte dello scrivente...

sabato 5 settembre 2009

Sügol d'üa fraga - sugolo o sugo all'uva fragola

Tra i sapori che mi ricordano mia madre ce n'è uno speciale, tipico delle campagne di queste parti, uno di quei dolci al cucchiaio che m'aspetto di trovare sul blog della cara Ivana, sempre molto legata alle ricette tradizionali locali. Parlo del budino d'uva, o sügol, in dialetto mantovano, italianizzato sugolo o sugo.


Sono svariati anni che non mi capita di mangiarlo e ieri, avendo comprato l'uva fragola, m'è venuta nostalgia. È tipico di questo periodo perché si fa durante la vendemmia, anche se la variante con l'uva fragola è forse meno conosciuta di quella tradizionale con l'uva nera o bianca da vino.


A differenza del procedimento raccontato da Ivana, mia zia, ultima depositaria della ricetta di famiglia, ha insistito molto nel fatto di non lasciar fermentare il mosto, perché, dice lei, se no prende un sapore a vino che a casa nostra non era particolarmente gradito. Evidentemente ci dev'essere anche a chi piace con quel profumo fermentato.

Nonostante gli anni di astinenza, mi ricordo benissimo però di certi bruciori di stomaco che a volte mi procurava il sugolo, senza essere mai riuscito a capire se era una questione di quantità, di varietà d'uva, di cottura o di chissà che altro, un inconveniente da mettere in conto che affronterò con sommo spirito di sacrificio qualora dovesse ripresentarsi...

Nel caso premunitevi di alka seltzer!

Ingredienti:
uva fragola (il succo si ridurrà a circa un terzo)
farina tipo 0 meno del 10% del peso del succo d'uva
zucchero (al gusto)
vaniglia (al gusto)
pizzico di sale

Procedimento:
da un chilo e mezzo di uva fragola ho ottenuto grossomodo 500g di succo filtrato. In base a questa quantità ci si regola poi con la farina, tenendo anche presente i gusti personali, a seconda che si desideri un sugolo più o meno denso. Con il 10% scarso di farina si otterrà la tipica consistenza da budino.
Per prima cosa lavare bene l'uva e scolarla. Sgranare gli acini in una pentola, rimuovendo i piccioli e cuocere a fuoco medio, mescolando di continuo. Man mano gli acini dovrebbero cominciare a disfarsi, nel caso potete aiutarli con uno schiacciapatate e quando vedrete i primi segni di bollore, spegnete e continuate a schiacciare in modo da estrarre tutto il succo. Quando il mosto sarà intiepidito, filtratelo dentro a un colino capiente, vedrete che questa è la parte più noiosa della faccenda perché il succo è piuttosto denso. Consiglio di pesare il recipiente prima e dopo in modo da calcolare il peso del succo per differenza. Per aiutarmi nella filtratura mi sono aiutato versando un po' d'acqua.
Finito di colare il mosto, assaggiate e decidete se aggiungere zucchero o meno. Facoltativamente potete anche aggiungere un po' di vaniglia.
Con una frusta amalgamate la farina setacciata che sarà al massimo il 10% in peso del succo.


Rimettete a cuocere mescolando continuamente e quando inizierà a bollire, il sugolo è pronto per essere travasato in uno stampo o altro recipiente.
Lasciate intiepidire prima di passarlo per qualche ora in frigorifero.

È un dolce profumato, dal sapore delicato e genuino, che difficilmente viene proposto nei ristoranti, chissà perché.

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