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domenica 20 luglio 2008

Chiles per tutti i gusti

In questi giorni stanno cominciando a maturare i primi peperoncini rigorosamente messicani della stagione, gli imprescindibili chiles.
Per una bella rassegna botanica di tanti tipi di peperoncino non solo messicani, scritta in italiano, vi consiglio di dare un'occhiata alla sezione apposita di elicriso.it, per cui io non mi dilungherò in dotte citazioni di nomi latini e piccantometri.

Quest'anno ho cominciato alla grande, ho già raccolto perfino due begli esemplari di chile poblano, che a queste longitudini sono una vera rarità (quello verde nella foto qui sotto), scordatevi di trovarli al supermercato.
Il chile poblano assomiglia al peperone verde, però ha un sapore completamente diverso. Di solito non è particolarmente piccante, ma ogni tanto capita di rimanere a bocca aperta.
Il chile poblano quando è fresco si presta ad essere farcito, una delle ricette più famose è quella del chile en nogada, di cui parlai tempo addietro, dopo il rientro dalla madre tierra. A me piace soprattutto alla piastra, come accompagnamento alla carne (en rajas) e in questa forma lo si trova anche in lattina, che, se non altro, ha il pregio di poter essere facilmente trasportata in valigia...


Il chile poblano diventa chile ancho (o a seconda della varietà chile mulato) quando viene seccato (al centro nella foto sotto). Questo tipo di chile l'ho già adoperato in passato come condimento per la sopa de tortilla e anche nel chilorio.


I chiles guajillos (quelli rossi nella foto sotto) invece sono più facili da coltivare e fruttificano in numero maggiore. Sia la pianta di chile guajillo, sia quella di poblano sono sopravvissute in casa ai rigori invernali, mentre quelle rimaste all'esterno dopo metà novembre sono morte.





Le piante di chiles sono sensibili alle gelate, ma qualche notte fredda, senza esagerare, la sopportano.
Se si piantano in vaso si possono tenere dentro casa, vicino alla finestra. Diventeranno bruttissime a causa della poca luce e magari verranno pure prese d'assalto dai pidocchi, ma con un po' di fortuna resistono e appena comincia una stagione decente, si riprendono alla grande e hanno il vantaggio di riuscire a fiorire molto prima e a metà giugno si possono vedere già i primi frutti.

L'altro grosso nemico del chile, dopo il freddo, è... il caldo! Alzi la mano chi avrebbe detto il contrario.

Il caldo estivo italiano evidentemente è più intenso del caldo estivo dell'altopiano messicano, col risultato che i fiori cadono senza venire impollinati. Appena la temperatura scende sotto i 26-27 gradi invece la fecondazione avviene senza problemi. Non so se il chile habanero si troverebbe più a suo agio, purtroppo non sono mai riuscito a trovare la semente, in ogni caso è talmente micidiale che forse non saprei nemmeno che farci...


Insomma, per evitare che il sole padano mi stronchi le piante, le ho messe su un terrazzo orientato a est, per cui prendono il sole diretto fino alle due del pomeriggio e a me sembra che godano di ottima salute. L'anno scorso invece avevo messo le piante direttamente in terra, in giardino e una grandinata me le aveva massacrate, per cui quest'anno ho deciso di correre ai ripari.

In Italia vengono bene anche i chiles jalapeños e i chiles serranos (che vedete in una foto dell'anno scorso quando cominciai la saga, con il pipian verde), ma le piantine di queste varietà le ho seminate ad aprile e stanno cominciando solo adesso a fiorire.

I chiles freschi, quando servono come ingrediente per una ricetta come il pipian o dentro ad una zuppa, si possono anche congelare. Questo vale soprattutto per i serranos, che non vengono seccati. Gli altri tipi, come il chile de arbol, il guajillo ed anche il poblano, invece si possono essiccare. Il chile de arbol secco è un ingrediente fondamentale degli esquites, di cui vedete una foto circa a metà di questa carrellata sulla cucina messicana tradizionale.
Il jalapeño tipicamente finisce in escabeche, che sarebbe a dire, grossomodo, sottaceto ed è delizioso fatto a fettine e messo a dimora tra due fette di pane tostato assieme a formaggio fuso e prosciutto cotto. L'altra maniera tipica di trattare il jalapeño, che poi si chiama anche cuaresmeño in altre zone, è affumicato, nel qual caso prende nome di chile chilpotle o chipotle.


Se il jalapeño è di una varietà di minori dimensioni, diventa anche chile morita, delizioso per preparare salse e mole (quello piccolo nella foto sotto).


Il chipotle dona un sapore inconfondibile alle salse e agli stufati e per me non può mancare nella zuppa di fagioli, oltre ad essere il protagonista delle albondigas en salsa de chipotle, qui nella interpretazione di Marcela. Inutile dire che una spaghettata aglio, olio e peperoncino morita, è una vera squisitezza, grazie al profumo leggermente affumicato sprigionato da questo peperoncino e può essere anche discretamente piccante.


Il chile lungo e nerastro che vedete sopra è un chile pasilla bajio, a volte piccante, a volte quasi dolce, è molto aromatico e adatto per mole e stufati. L'ho usato spesso per insaporire la carne macinata come nella ricetta delle pacholas, oppure tagliato a striscioline e tostato per insaporire un condimento o un ripieno a base di verdure per melanzane, pomodori o anche patate.


Insomma e voi di che chile siete?

mercoledì 9 luglio 2008

Un mercoledì da leoni

In realtà la cosa è avvenuta ieri, ma siccome prendo a prestito il titolo da uno dei film preferiti della mia adolescenza e complice il fatto che la notizia è stata messa in risalto oggi, vi comunico che l'Unesco ieri mi ha regalato 2 grosse soddisfazioni:
sono infatti entrate a far parte del patrimonio dell'umanità due luoghi a me assai cari e quasi agli antipodi: Mantova assieme alla vicina Sabbioneta e San Miguel de Allende (Messico).

Mantova è la terra delle origini, dei miei genitori e dei nonni, San Miguel de Allende è un posto veramente incantevole, nella Madre Tierra, dove sono stato di recente, buen retiro di molti gringos ma non solo, ci sono anche italiani, tra i tanti.

Anni fa l'Unesco aveva già inserito altre località che intorno al cor mi stanno, come piazza Grande e il Duomo di Modena, la mia città natale, il centro storico di Città del Messico e la città di Guanajuato, altra città messicana da cartolina, per non parlare di Oaxaca e di molte delle rovine delle città maya e delle isole nel mare di Cortés, sempre per rimanere in terra messicana.

Rica sopa de tortilla también conocida como sopa azteca

Una delle cose più incomprensibili e sovente fonte di malumore per l'italiano medio in vacanza rimane il fatto di non trovare la amata pasta nei menù delle cucine estere.

La cucina messicana non fa (quasi) eccezione perché in effetti non esistono primi piatti in senso italico, men che meno piatti a base di pasta, a meno che, con un colpo di fantasia, non finiate in qualche ristorante italiano o sedicente tale.
A onor del vero esiste la sopa de fideos, che si fa con quelli che dalle mie parti si chiamano capelli d'angelo, ma credo sia più di origine spagnola che messicana.

Volendo però trovare qualche parallelismo a tutti i costi, si potrebbe dire che le zuppe (sopas) svolgano il ruolo di primo piatto, specialmente se poi sono seguite da qualche pietanza sostanziosa.
Un classico, ad esempio, è il caldo de camarón (brodino di gamberi), che viene servito spesso come antipasto, ma sempre in porzioni esigue, una ciotolina appena, spesso senza nemmeno chiedere preventivamente se lo gradite.


La zuppa di tortillas invece è un vero classico della cucina messicana, ovviamente quasi ignota in Italia, ed è pressoché impossibile che un ristorante messicano autentico (di Città del Messico) non proponga nel suo menù sopa de tortilla o sopa azteca.
Avete mai visto una pizzeria che non proponga la pizza margherita?
Appunto.

Uno degli ingredienti fondamentali della sopa de tortilla è una erbetta tanto diffusa in Messico quanto sconosciuta in Italia, il cui nome di chiara origine azteca è epazote.
Per dire che razza di pianta bizzarra sia l'epazote, alias chenopodium ambrosioides, vi basti sapere che i miei tentativi di coltivarlo in vaso sono miseramente falliti, finché un giorno ho notato una pianticella incarognita tra le crepe del cemento vicino alla porta del mio garage (vedi foto). Insomma, è quel genere di pianta che viene su bene quando ci si disinteressa completamente di lei, cioè del genere preferito da mia moglie :-)

Dato che qui l'epazote praticamente è introvabile, se non ne avete, meglio non mettere niente, la rucola assomiglia un po' come forma ma non c'entra nulla come sapore. Esiste anche nella versione essiccata eventualmente, però è altrettanto difficile da trovare...
Ecco, piuttosto mettete un pizzico di origano se proprio.


L'altro ingrediente caratteristico, ma che a queste longitudini diventa giocoforza opzionale è il fatidico chicharrón, la cotenna di maiale fritta. Una volta ho provato a fare del chicharron casalingo, ma è venuto una schifezza, per cui è meglio lasciar stare, d'altro canto si tratta in questo caso di un ingrediente da aggiungere a posteriori secondo il gusto di ciascun commensale.
Comunque, nel caso vi fosse rimasta la curiosità di sapere com'è fatto 'sto benedetto chicharron, date un'occhiata a questa bella foto.

Ingredienti:
1 scatola di pelati
2 spicchi d'aglio
mezza cipolla
tortilla secca avanzata
brodo di carne q.b.
uno o due chiles ancho
formaggio fresco o di primissima stagionatura
avocado
chicharrón
qualche rametto di epazote (oppure un pizzico di origano in sostituzione)
olio di mais q.b.
sale q.b.
panna fresca liquida (opz.)

Procedimento:
di solito la tortilla avanzata viene tagliata a rombi e messa a seccare per farne questo utilizzo. In Messico è prassi comune visto che la tortilla è usata al posto del pane. E' assolutamente necessario usare tortillas di mais, le tortillas di farina di grano non c'entrano nulla!

Prendere quindi i rombi di tortillas di mais e friggeteli fino a farli dorare. Già che ci siete, date anche una passatina rapida al chile ancho (a cui avrete tolto i semi se non volete rischiare), in modo da renderlo croccante, senza bruciarlo.

In una casseruola di coccio fate rosolare la mezza cipolla finemente tritata con un po' di olio di mais e i due spicchi d'aglio che poi ritirerete. Dopo qualche minuto unite i pomodori pelati. Con un forchettone di legno riduceteli in poltiglia oppure frullateli preventivamente se volete ottenere una consistenza più omogenea. Unite quindi il brodo di carne fino a diluire per bene il sugo e portate ad ebollizione per qualche minuto.
Se l'avete, aggiungete l'epazote, oppure un pizzico di origano.
La quantità di brodo varia in base al gusto, a seconda che della densità che preferite. Infine aggiustate di sale.
Mentre il brodo è sul fuoco, approfittatene per tagliare a dadini o a grattuggiare grossolanamente il formaggio che dev'essere di tipo tenero e non troppo stagionato, io uso spesso della scamorza bianca fresca o del caciocavallo giovane. Tagliate anche a pezzettini l'avocado e il chile ancho che avevate messo da parte. Questi ingredienti sono da mettere in ciotoline affinché ciascuno se ne serva nella proporzione desiderata.
A questo punto potete aggiungere direttamente un po' di tortillas fritte oppure lasciate che ognuno ne aggiunga direttamente nel piatto.


Volendo potete terminare la guarnizione con qualche goccia di panna fresca liquida, ma più che altro per motivi decorativi.

Certo, con il caldo che fa qui a Luglio, una bella sopa de tortilla non è proprio la prima cosa che verrebbe in mente, lo ammetto.

:-D

sabato 5 luglio 2008

Intervallo

Confesso che negli ultimi 15 giorni la cosa più impegnativa che ho preparato è il prosciutto con il melone, per cui, mentre ci penso sopra, godetevi il mitico intervallo della RAI, quello che compariva quando la bobina del film in proiezione si rompeva o quando chiamava qualche ministro democristiano per censurare scene troppo audaci e che andò in pensione in un ormai lontano giorno degli anni '80 (ma la memoria mi potrebbe tradire).
Per fortuna qualcuno l'ha tirato fuori dalla soffitta e messo su Youtube.



In realtà qualcosina di succulento l'ho preparato, ma non ho prove fotografiche a testimonianza, per cui rimando ad una migliore occasione.

Insomma, era solo per dire che non sono ancora andato in ferie, ahimé...

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