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mercoledì 21 settembre 2016

Dolcetti al lime

Una ricetta facile facile ma deliziosa, proveniente dal blog del sito pandispagna.net, di cui sono venuto a conoscenza tramite il blog di Laura, alla quale sarò eternamente riconoscente per la straordinaria ricetta del panforte di Siena. Il mio personale contributo a questa ricetta consiste nell'aver provato ad usare i lime verdi messicani al posto dei classici limoni gialli italiani.

Barrette al lime messicano / Barritas de limón / Lime bars

E ora bando alle ciance.


Procedimento:
Per prima cosa occorre congelare il burro, servirà un'ora o poco più nel surgelatore. Quando sarà ben indurito, riscaldate il forno a 180C, prendete farina, zucchero e sale e mescolateli bene, poi iniziate a grattugiare il burro in trucioli. Impastate il tutto ottenendo una polvere granulosa ma fine. Ho usato l'impastatrice con la foglia alla velocità più bassa per evitare che si scaldi l'impasto, serviranno 3-4 minuti al massimo.
Foderate una teglia da forno con carta antiaderente. Io desideravo fare barrette basse e ho utilizzato una teglia 38x29cm, per cui regolatevi di conseguenza.
Distribuite omogeneamente lo sfarinato.


Compattatelo usando il pestacarne o altro utensile a fondo piatto, ma senza spingere a fondo, applicando una leggera pressione.


Infornate per poco meno di venti minuti o finché la superficie risulterà leggermente dorata. Mentre la base cuoce, preparate la crema da versare sopra.


Battete le uova con lo zucchero, un pizzico di sale, la vaniglia, il latte e la farina, infine aggiungete il succo dei lime.
Versate il composto sulla base e infornate nuovamente per altri 20 minuti circa abbassando la temperatura a 160C.


Verificate con uno stecchino al centro che la crema si sia ben rassodata, poi lasciate raffreddare.


Togliete la "mattonella" dalla teglia per facilitare il taglio.


Se volete creare dei rombi, tagliate trasversalmente, altrimenti potete fare semplicemente dei rettangoli.


Spolverizzate con zucchero a velo.


Pronti per la degustazione.


lunedì 15 giugno 2009

Che ne dite se stamattina facciamo colazione in America?

Il titolo dice già tutto.
Trovandomi momentaneamente in Arizona, l'idea di iniziare la giornata con una ricca colazione all'americana mi alletta parecchio.


Oltretutto in questi primi giorni la giornata inizia parecchio presto, alle 5 siamo già svegli e pimpanti, ma per fortuna in America non è difficile trovare posti aperti 24 ore al giorno o comunque fin dalle prime ore del mattino.
Il primo giorno, con una discreta fame, abbiamo optato per Coco's Bakery, dove ho ordinato questi deliziosi pancakes ai mirtilli con bacon e uova fritte. I pancakes sono le frittelle per antonomasia dei cartoni animati Disney e del film "il monello" di Chaplin (a 3 minuti e 12 secondi dall'inizio del filmato).



Venire fin qui senza gustarsi un piatto di pancakes con il tradizionale bacon fritto sarebbe veramente imperdonabile.

Il terzo giorno invece abbiamo optato per una caffetteria in stile vagamente francese, il Mimi's Cafè, specializzata in omelettes.

Non ho potuto resistere a questa omelette fusion dal curioso nome Five Alarm Santa Fe, con chile jalapeño, cipolla, pomodoro, striscioline di tortilla e formaggio, con contorno di patate piccanti, una vera goduria.


E per finire, un prelibato muffin alle noci, appena sfornato.

In attesa di arrivare all'ora di pranzo, per il momento è tutto...

venerdì 19 dicembre 2008

Shortbread fingers e il teorema di Tlazolteotl

Il motivo per cui mi piace spaziare con i gusti in cucina è sicuramente da attribuire alla mia non brevissima permanenza oltremanica. Quasi due anni e mezzo alla corte di Sua Maestà Britannica, mi hanno fatto scoprire un mondo gastronomico a me sconosciuto, perché, quando partii con la valigia di cartone e i tortellini nel sottofondo della ventiquattrore, la mia cultura culinaria spaziava al massimo dai pizzoccheri della Valtellina alle cassate siciliane.

Circa trecento ristoranti etnici dopo, i miei orizzonti gastronomici erano divenuti decisamente più ampi, giungendo persino ad apprezzare talune specialità della cucina locale, che, diciamocelo, non gode dei favori dei più.
Una delle specialità più note della cucina scozzese, sono gli shortbread fingers e io ogni tanto me li compravo in aeroporto, perché li adoravo e li adoro tuttora insieme ad una bella tazza di latte freddo.
Dicesi shortbread un biscotto in cui ci sia parecchio shortening, che sarebbe poi il condimento, la materia grassa, in parole povere il micidiale... burro. Per fare l'immancabile parallelo messicano, potremmo dire che gli shortbread sono l'interpretazione dei polvorones al di sopra del vallo di Adriano.
Fingers, cioé dita, perché si ricavano questi biscotti a forma di bastoncino, ma non è l'unica forma in cui potete trovare gli shortbread, anzi, ne esistono di rotondi, di grandi, di piccoli, con e senza scagliette di cioccolato.
Quelli più facilmente reperibili in Italia sono i Walkers ed infatti la mia ricetta è ricavata partendo dalle inequivocabili tracce lasciate dall'assassino sulla scatola (sarà stato il cuoco o il maggiordomo?), dove ci sono gli ingredienti e c'è, o per legge o per sbadataggine, il quantitativo in percentuale di burro, dichiarato il 31% del totale, preceduto dall'incognita farina di grano tenero.
Ora, io mi sono fatto due conti, ho ruminato un paio di shortbread ed ho tirato spannometricamente le mie algebriche conclusioni, come avrebbe fatto l'ottimo Sherlock Holmes.

Se parto con 250g di burro = 31/100*X, allora X= 250/31*100, cioé circa 806g.

Da cui segue che 806g-250g = 556g, tra farina, zucchero e sale.

Chiaramente il sale è presente in quantità limitata, benché gli shortbread abbiano una spiccata punta di salato che mi risulta assai gradita, quindi ammettiamo che siano i 6g che ci servono giusto giusto per arrotondare ad una bella cifra pari. A questo punto rimangono 550g tra farina e zucchero.
E qui scatta l'algoritmo euristico, cioè quello che funziona per tentativi fino ad ottenere la cosa giusta: parto con 400g di farina e 50g di zucchero, lasciando i rimanenti 100g in sospeso.
Assaggio e mi dico: troppo poco zucchero. Aggiungo 50g di zucchero e a dolce ci siamo.
Quindi rimangono 50g di farina che aggiungo al resto per dimostrare il teorema sugli shortbread di Tlazolteotl:
1 shortbread = 31% burro + 56% farina + 12% zucchero + 1% sale (arrotondando)

Elementare, caro Watson, pardon, Walkers.

Ingredienti:
450g farina tipo 0
250g burro
100g zucchero semolato o di canna tipo golden caster
6g di sale


Procedimento:
la lavorazione è veramente molto semplice: si prende il burro a temperatura ambiente e lo si mescola al resto degli ingredienti, lavorando questo impasto finché la consistenza sia abbastanza soda da poterlo stendere su un ripiano, prima con le mani e poi con l'aiuto di un mattarello per cercare di ottenere uno spesso uniforme, poi si tagliano i fingers (occhio a non sbagliarsi tagliando le dita vere...) e sono certo che sarete pure più precisi di me.


Si dispongono su una leccarda con un po' di spazio perché cuocendo si ingrossano leggermente e poi si infornano a 150° gradi per 30-35 minuti.


I biscotti devono rimanere di colore chiaro, quasi bianco e si conservano dentro a un bel contenitore di latta, magari quelli dei Walkers originali.


E se i servizi segreti inglesi vi dovessero chiedere chi vi ha passato la ricetta, keep your mouth shut!

:-)

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