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mercoledì 30 aprile 2014

Panta rei

Da qualche giorno Tlazolcalli è anche su Facebook, per cui, chi lo desidera, può mantenersi aggiornato anche tramite questo "canale" informativo.



Facebook ha il pregio di consentire una comunicazione più immediata, che sia per mettere on-line una foto, per esprimere un'opinione veloce o per scambiare idee, mentre lo trovo abbastanza inadatto per gestire e organizzare bene i contenuti, per cui il mio ricettario è destinato a rimanere qui.

Per seguire gli aggiornamenti potete cliccare sul bottoncino sottostante.

In ogni caso, ovunque voi siate, buon appettito!


martedì 29 ottobre 2013

Tistihuile del chef Yuri de Gortari

L'arrivo dell'autunno ha risvegliato la voglia di cucinare e provare piatti nuovi, per cui oggi vi propongo un delizioso piatto messicano a base di carne di pollo chiamato tistihuile, originario dello stato di Michoacán, una ricetta gentilmente fornita dallo chef Yuri de Gortari nella sua rubrica di cucina sul Canale messicano OnceTV.

tistihuile de Michoacán
La ricetta prevede pollo, ma io ho usato gallo perché l'ho usato per fare il brodo.
Il tistihuile è un piatto con un aroma in cui risalta il profumo della cannella. Secondo il mio personale parere acquista ulteriormente carattere se consumato il giorno dopo.

Ingredienti:
1 pollo a pezzi (o gallo o cappone)
300g chile guajillo tostato e ammollato (circa 6-7 peperoncini)
1/2 tazza di strutto
1/2 cucchiaino di semi di cumino
1/2 cucchiaino di origano
1/2 cucchiaino di bacche di pimento
1/2 cucchiaino di paprika
8 spicchi d'aglio
500g di pomodori maturi grigliati
qualche rotella di pane del giorno prima fritta
1 tortilla di mais fritta (potete anche usare 4-5 nachos)
1 cm di stecca di cannella
sale q.b.
pepe a piacere

Procedimento:
Anche se non capite lo spagnolo, il video mostra tutte le fasi della preparazione e secondo me risulta tutto abbastanza chiaro. Andate quindi direttamente al minuto 9:49 del video dove lo chef Yuri de Gortari mostra come preparare il tistihuile.

In ogni caso dando per scontato che il pollo sia già stato cotto in precedenza, si comincia tostando brevemente i peperoncini e i pomodori. La tostatura dei peperoncini è un processo piuttosto rapido, è importante non bruciarli, si tratta di farli scaldare su una piastra calda per circa 2-3 minuti girandoli spesso. Per i pomodori si procede in maniera simile ma si lascia diventare scura la buccia nei punti di contatto.
I peperoncini poi si mettono in ammollo in acqua calda finché non diventano morbidi, circa un'ora. Quando sono ben ammorbiditi, si stacca delicatamente il picciolo che dovrebbe tirarsi dietro buona parte delle venature e dei semi, in caso contrario apriteli a metà e rimuovete le venature e i semi a mano.
La salsa viene preparata molto semplicemente frullando i peperoncini con i pomodori, un po' di acqua d'ammollo, il pezzetto di cannella, l'aglio e le altre spezie. Lasciatela piuttosto liquida possibilmente, la farete restringere sul fuoco.
In una pentola di terracotta si fa sciogliere lo strutto e poi si versa la salsa. Dopo circa mezz'ora aggiungete il pane e la tortilla fritti e frullati con un po' di brodo o acqua. Salate con parsimonia. A quel punto aggiungete anche la carne e proseguite la cottura finché la salsa si sarà addensata (senza esagerare).

tistihuile con frijoles refritos
Ho servito il tistihuile con fagioli soffritti, un classico accompagnamento per questi piatti assieme a tortillas di mais appena fatte (mi raccomando!).


sabato 25 febbraio 2012

La cucina messicana sbarca sulla BBC

Da qualche giorno ho scoperto una sezione della BBC dedicata al Messico e oggi hanno pubblicato una piccola galleria di immagini dedicate al Mercado de San Juan, quello dove trovai i funghi porcini quest'estate.

galería de imagenes sobre la comida mexicana en la BBC

A voler essere pignoli quello nella fotografia etichettata come "tacos al pastor" non è un taco al pastor, sembra più un taco de cueritos, però plaudo comunque alla meritoria iniziativa.

Quando vedete le cavallette fritte (chapulines) o le larve di formica (escamoles) non vi spaventate però eh!

Buona visione.

martedì 8 marzo 2011

Stinco di maiale alla birra scura

Un secondo di carne facile facile e di sicuro successo? E che ci vuole, mettete in pentola uno, anzi due stinchi di maiale alla birra scura.

Quando dico birra scura in genere io intendo Ceres Stout. Tra le birre scure di non impossibile reperimento, è quella che preferisco e nel risotto alla birra scura, secondo me, è quasi imbattibile.
Ho preso questa ricetta di stinco alla birra di Erika, trovata su cookaround, ma mentre lei consiglia l'uso della birra chiara poco amara, io, da vero bastian contrario, ho usato la birra scura.
Che ci volete fare, son fatto così.

Alla fine otterrete un piatto molto gustoso, di carne tenerissima e saporita, che s'accompagna bene con polenta abbrustolita, volendo.

Ingredienti:
2 stinchi di maiale
2 bottiglie di birra scura da 33cl Ceres Stout
1 cipolla media
1 carota
un rametto di rosmarino
5 bacche di ginepro
2 cucchiai di olio di semi o strutto
pepe q.b.
sale q.b.

Procedimento:
preparare il trito di cipolla e carota e tenerlo da parte. Far rosolare gli stinchi in 2 cucchiai di olio di semi o strutto a fuoco moderato, per una decina di minuti, in una pentola alta di acciaio, se no ridurrete la cucina a un disastro. Consiglio di usare olio di semi o strutto perché in questa fase sicuramente la pentola tende a scaldarsi parecchio e l'olio d'oliva ha un punto di fumo minore, quindi potrebbe bruciarsi. Finita la rosolatura, versare il trito, il rosmarino e soffriggere per qualche minuto, finché la cipolla non appassisce e poi versare la birra e le bacche di ginepro leggermente schiacciate.

Abbassate la fiamma, salate e coprite, facendo cuocere finché la birra non sarà quasi esaurita (circa un'ora e mezza). Girate gli stinchi di tanto in tanto e assaggiate il liquido per verificare la giusta salatura.

Se preferite un aspetto da stufato, più adatto per un accompagnamento con polenta, terminate la cottura in pentola, altrimenti potete anche concludere la cottura in forno per un aspetto più simile a un arrosto.

Un secondo di carne molto saporito e, tutto sommato, abbastanza economico, anche perché con due stinchi si mettono a tavola tranquillamente 4 persone normali :-)
Volendo potete anche cominciare a prepararlo la sera prima e ultimare la cottura in una mezzora prima di servire.

venerdì 18 febbraio 2011

Menù del giorno: sistema di equazioni lineari per sostituire il burro alla panna

Mi rendo conto che parlare di equazioni in un blog di cucina probabilmente farà fuggire a gambe levate i lettori, ma siccome la cosa ha degli insospettati risvolti pratici, procedo senza indugio fregandomene dell'auditel internettara.

Siete ancora lì?
Bene!

Ieri sera mi ero ripromesso di fare una certa ricetta sulla quale poi vi dirò a tempo debito, ma ci voleva della panna fresca che non avevo. Ora, come TUTTI sanno, il burro, una volta, si faceva a partire dalla panna e c'è un bell'articolo di Dario Bressanini dove il tutto viene spiegato per filo e per segno e ricordo benissimo quando mia madre mi urlava "lasa lí da sbatar che se no la dventa bóter!".

Insomma, se uno la panna non ce l'ha, ma ha del burro, specie quando la panna non va usata al naturale, ma miscelata ad altri ingredienti, non si può sostituire con burro e latte?
Per me la risposta è sì, però come facciamo a sapere le quantità dell'uno e dell'altra?

Così ho posto la domanda al Bressanini il quale da buon scienziato mi ha dato una risposta scientifica, che potete leggere nei commenti del suo blog, ma come accade in tante occasioni quando si parla di risposte "scientifiche" c'è un misto di aiuto e un misto di "arrangiati!" :-D
Nel senso che il buon Dario, anziché servirmi la pappa pronta, mi ha fornito i dati necessari a trovare la risposta invitandomi però a fare un po' di compitini a casa, che è sempre un bell'esercizio per il cervello, specie se son passati 25 anni dall'ultima volta che si è risolto un sistema di equazioni lineari (una banalità per uno studente di liceo non completamente asino), ma pur sempre uno sforzo non indifferente per chi ha il cervello incartapecorito dal logorio della vita moderna (citazione di una vecchia pubblicità televisiva, vediamo chi indovina...) .

Insomma, tra il serio e il faceto, dopo aver trovato una soluzione a tentoni (che poi si rivelerà clamorosamente vicina a quella esatta), promisi di risolvere il sistema di equazioni utilizzando un fantastico strumento online, che tutti, in teoria, possono usare per situazioni analoghe, la macchina computazionale di Stephen Wolfram, a patto ovviamente di avere conoscenza della lingua inglese e nozioni di matematica.

In mezzo a tanti supposti o sedicenti geni dell'informatica, frettolosamente promossi in virtù di meriti spesso volatili, Stephen Wolfram è sicuramente un genio vero, anche se probabilmente nessuno di voi l'avrà sentito nominare prima.

Ma torniamo al nocciolo della questione e vediamo come WolframAlpha può non solo risolvere il problema matematico, ma anche darci qualche utile indicazione di natura alimentare.

Problema: la nostra ricetta dice 125ml di panna, con quanto burro e latte intero possiamo sostituirla?

Se ci pensate su, la cosa non è così banale, nel senso che difficilmente tirando a indovinare otterrete la soluzione corretta.
Appunto perché la risposta non è banale, Bressanini mi ha fornito alcuni dati indispensabili per procedere:
il burro contiene circa l'82% di grassi, mentre il latte intero circa il 4.5%.
A parità di peso quindi dobbiamo sapere quanto burro e quanto latte, senza alterare il rapporto finale di grassi totali, che per la panna fresca è circa del 35%.

Vediamo cosa ci dice intanto WolframAlpha:
Quanto pesano 125ml di panna fresca (che per gli inglesi è heavy cream o whipping cream)?
Risposta: 127 grammi
Già qui vedete quanto è utile il marchingegno di Stephen, gli possiamo fare delle domande semplici in linguaggio naturale e lui ci da delle risposte precise, non delle semplici opinioni.

Sapendo quindi che 125ml di latte equivalgono a 127 grammi, andiamo al passo successivo.
In termini matematici la mia domanda va dunque formulata con il seguente sistema di equazioni:

{
127grammidipanna * 35/100 = grammidiburro * 82/100 + grammidilatte * 4.5/100
grammidiburro + grammidilatte = 127g
}
che WolframAlpha, accorciando i nomi delle incognite e semplificando le divisioni per 100
127*35=b*82+l*4.5, b+l=127

risolve brillantemente nel seguente modo:
burro circa 49.9806 grammi,  latte circa 77.0194 grammi
Con il mio metodo spannometrico ero giunto alla conclusione di 75ml di latte e 50g di burro, non molto lontano dalla soluzione esatta.

Quindi se in futuro volete sapere con quanto burro e quanto latte intero sostituire X grammi di panna fresca, dovete semplicemente sostituire la quantità X desiderata nella prima e nella seconda equazione:

X*35=b*82+l*4.5, b+l=X

e sottoporre il quesito all'amico WolframAlpha.

E se poi volete sapere anche quante calorie ha una fetta di torta da 100 grammi, beh, basta dare a WolframAlpha la lista degli ingredienti con i relativi pesi.

quindi se la nostra torta pesa quasi un chilo (992g) per oltre 3000 calorie totali, una fetta da 100g sarà sulle 300 calorie abbondanti.

Beh, forse meglio della 280 calorie per 50g di noccioline!

Poi non dite che non vi avevo avvisato...

lunedì 1 novembre 2010

Arriba la focaccia genovese!

Se non fosse per il mio amico Arrigo, probabilmente a quest'ora starei ancora ad alambiccarmi il cervello su come fare per poter finalmente dichiarare: habemus fugassam!


E invece grazie ad una sua segnalazione, il classico intreccio all'italiana, un amico mi ha rivelato di aver provato la ricetta di un amico... ecco qua finalmente una focaccia genovese di tutto rispetto.
In realtà potrei farla molto breve e rimandare tutti quanti a vedere la videoricetta della focaccia genovese di Vittorio anche perché cosa c'è meglio di una videricetta?
Epperò so che là fuori ci sono alcuni pigroni che non cliccherebbero su un link nemmeno a pagamento, perciò la ricetta la scrivo ugualmente.

Come si vedrà la ricetta in questione non è tanto diversa nelle dosi da quella che usai a suo tempo, ma siccome i dettagli sono importanti, anzi fondamentali, ci sono due o tre quisquilie che alla fine fecero una grande differenza e che qui sinteticamente riassumo:

1. il tipo di forno e la temperatura
2. la quantità di impasto
3. la salatura superficiale
4. l'acqua spruzzata prima della seconda lievitazione
5. la spennellatura d'olio finale

Tra questi fattori, il primo probabilmente è il più importante perché conferisce quel caratteristico color rossiccio-ambrato alla focaccia e per ottenerlo, dopo l'ennesimo tentativo insoddisfacente dell'altro giorno, ho proprio dovuto rinunciare ad usare il mio forno di fiducia e passare al fornetto De Longhi (pubblicità superliminale...) di assai più modeste pretese, ma solo apparentemente. In realtà avevo già utilizzato il fornetto in almeno un'altra occasione e con strepitosi risultati per i colchones de naranja, l'unico inconveniente è dato dalla ridotta capacità che costringe a due cotture successive.
Grazie alla maggiore vicinanza alla fonte di calore, la cottura avviene più rapidamente e probabilmente anche a temperatura più alta rispetto al forno grande tradizionale.
Essendo le teglie in dotazione più piccole di quelle usate da Vittorio, ho fatto due rapidi conti per ricalcolare le quantità di impasto necessarie per una doppia focaccia.
Le dosi indicate sono quindi per due teglie piccole da 29x25cm, pari a 1450㎠, per calcolare le quantità adatte alla vostra teglia o teglie se sono più di una, non dovete fare altro che calcolare la superficie totale e inserire il numero ottenuto nel campo "porzioni" del foglio di calcolo.


Procedimento:
Mescolate olio, acqua, sale, malto. Aggiungete metà farina e amalgamate, poi versate il lievito sciolto (io uso sempre il mio metodo di scioglimento, niente acqua, solo un cucchiaino di zucchero sul lievito e mescolare finché non si liquefa) e infine la farina rimanente. Ovviamente se usate un'impastatrice, tutto questo lavoro lo lascerete fare alla macchina...
Impastate finché l'impasto risulterà bello liscio anche se appiccicoso. A quel punto trasferitelo su una spianatoia infarinata e dopo averlo leggermente infarinato, copritelo e lasciatelo riposare almeno 15 minuti, ma se rimane anche 30 minuti a riposo non gli farà male. Trascorso il tempo prendetelo, dividetelo in due parti uguali, poi piegate ciascun impasto un paio di volte in tre parti (a portafoglio come si suol dire), spianando leggermente con le mani. Infine ungete con un paio di cucchiai d'olio ciascuna teglia (io le ho coperte con carta da forno per evitare che la pasta s'attaccasse al fondo) e metteteci sopra l'impasto. Ungetelo leggermente in superficie e poi mettetelo a lievitare in un posto riparato (dentro al forno ad esempio). Dato che ho usato abbastanza meno lievito rispetto alla ricetta originale, i tempi di lievitazione si sono allungati anche perché io l'ho eseguita a temperatura ambiente (21ºC), mentre Vittorio vedo che fa lievitare a 30ºC e ovviamente ci mette molto meno tempo. A suo tempo lessi che la temperatura di lievitazione determina il tipo di fermentazione e superando una certa temperatura la fermentazione diventa alcolica anziché ... (analcolica? chi si ricorda!). Insomma, alla fine il sapore cambia un po' :-) per cui rimango fedele alle mie lievitazioni lente e a temperatura ambiente.


Quando l'impasto avrà raddoppiato in volume, è ora di stenderlo nella teglia. Per fare ciò basta semplicemente ungersi le mani con un po' d'olio e schiacciare delicatamente fino a coprire tutto lo spazio a disposizione in maniera uniforme.

Terminata questa operazione salate gli impasti in superficie (senza esagerare ma generosamente) e lasciate riposare per circa 30 minuti, poi spruzzate con acqua tiepida e olio.

Infine procedete con a bucherellare l'impasto con le dita, fate conto di dover suonare un concerto di Rachmaninov come Igudesman e Joo. Terminata anche questa operazione non resta che condire le focacce a piacimento e lasciarle lievitare per un'oretta ancora.

Nel caso della focaccia alle cipolle, ho seguito l'esempio di Vittorio che sale e unge leggermente le fette di cipolla e poi le sgrana.

La cottura è durata circa 15 minuti nel fornetto sparato al massimo (250ºC).

Per divorarle ancora calde c'è voluto assai meno tempo ahimè...
Grazie per la bella ricetta Vittorio!

Post Scriptum (29 Aprile 2011)
Ultimamente l'ho rifatta cuocendola nel forno a legna e viene benissimo, basta rispettare la temperatura, sempre intorno ai 250-260 gradi e in meno di 15 minuti è pronta. Le foto qui sotto sono delle ultime due che preparai per il compleanno del pargolo, una al rosmarino e salvia e l'altra classica.

Focaccia al rosmarino e salvia

Focaccia classica

sabato 24 luglio 2010

L'arte di soffriggere in padella

Oggi scrivo due righe due, giusto per fare ciò che gli americani chiamano "debunking myths", cioé smontare le leggende (metropolitane e non).


Uno dei luoghi più comuni in Italia riguarda senz'altro la cucina americana: alzi la mano chi non si è mai trovato a discutere con qualcuno che sosteneva la tesi de "ma gli americani non sanno cucinare".

Ecco, se c'è un mito da abbattere è proprio questo.
Gli americani non solo sanno cucinare, ma addirittura, quando si tratta di insegnarlo ad altri, sanno essere magnificamente precisi, persino troppo, verrebbe da dire.

Questo piccolo polemico preambolo per introdurre un video, segnalatomi da mia moglie, più canadese che americano (speriamo che non si offendano!), ma poco importa, la sostanza qui è ciò che conta: saper soffriggere è una scienza esatta, quindi bando alle chiacchiere, ai si dice e agli stupidi campanilismi.

Il video è in lingua inglese, of course.

E ovviamente chi abbia voglia di continuare l'annosa polemica troverà pane per i suoi denti :-)

lunedì 2 novembre 2009

‘A fugassa co-e purpe di Mitì

Pur avendo dedicato buona parte del mio tempo alla preparazione di piatti della tradizione messicana del giorno dei morti, vedi il pan de muertos, dopo aver letto il bell'articolo di Mitì sulla fugassa co-e purpe e l'evocativa storia da lei citata legata alle tradizioni di questo periodo, non ho potuto resistere alla suggestione.


Ho un debole per certe ricette della cucina ligure, forse per via dei parenti di mia madre emigrati a Genova, che, nelle rare occasioni in cui ci vedevamo, portavano sempre frammenti di queste focacce sublimi, e per questo motivo entrarono assai precocemente nel mio personale paradiso gastronomico, un luogo dove certamente uno può divorare una focaccia intera senza dare il minimo segno di scompenso nei valori dei trigliceridi e soprattutto senza sensi di colpa.

La ricetta è quella riportata da Mitì, avevo in dispensa del paté di olive e ho usato quello, ma ne ho fatto solo mezza dose.

Ingredienti:
500g di farina
30cl di acqua
12,5g di lievito di birra fresco (mezzo cubetto)
75g di olive nere taggiasche in salamoia o 2 cucchiai colmi di paté di olive
olio extra vergine ligure (2 cucchiai nell'impasto, il resto a piacere dopo)
un cucchiaino di zucchero
sale q.b.

Procedimento:
sciogliere il lievito con lo zucchero, basta mescolarlo per qualche minuto e il miracolo della liquefazione si compirà puntuale, come quello di San Gennaro. Impastare la farina con l'olio, mezzo cucchiaio raso di sale e l'acqua, fino ad ottenere un impasto molto colloso. Aggiungere il paté di olive o le olive taggiasche pestate nel mortaio. Far lievitare almeno 8 ore, poi stendere l'impasto dentro ad una teglia grande ben unta.
Tipicamente la focaccia è bassa, l'altezza di un dito al massimo, per cui occorre stenderla molto sottile, massimo mezzo dito. Nel caso dividete a metà l'impasto e cuocete in due turni.
Cospargere d'olio (o una emulsione di acqua e olio) e bucherellare con la punta delle dita, salare in superficie, infine far lievitare per circa un'ora.


Cuocere per 20-25 minuti in forno a 240-250 gradi, cioè il calore massimo dei forni da casa.
Degustare appena sfornata!

Forse non sarà venuta esattamente come l'originale, però l'ho trovata commovente lo stesso.
Grazie Mitì!

domenica 20 settembre 2009

Torta al cioccolato della maison du chocolat

Anche questa volta ho saccheggiato una ricetta di Sandrá.
Sarà per la crisi che, a quanto pare, fa aumentare il desiderio di cioccolata o magari per qualche altro imponderabile motivo, ma oggi mi andava di fare una torta al cioccolato nuova.


Per intenderci, qualcosa che non fosse la superblasonata simil-Barozzi, la diabolica torta taculenta ferrarese, la non-Sacher Torte, o la classica ciambella nera. Era già da qualche settimana che ruminavo la ricetta della torta al cioccolato della maison du chocolat che Sandrá immortalò sul suo blog con certe fotografie mozzafiato da rischiare il diabete solo a vederle.
E per farla ancora più nuova, ho deciso di aggiungere un po' di profumo di cardamomo, per darle un tocco personale. Questa è stata l'unica variazione rispetto alla ricetta di Sandrá.
Non è una torta difficile da fare, in realtà la parte più complicata è fare le decorazioni, esercizio nel quale sono una vera schiappa.

Ingredienti:
70g cioccolato fondente 60%
70g burro
70g farina di mandorle
6 uova
2 tuorli
150g zucchero (120 + 30)
40g di cacao amaro
pizzico di sale
1 seme di cardamomo (opzionale, me lo sono inventato io ma ci sta bene!)

Procedimento:
per prima cosa imburriamo e infarinare uno stampo a cerniera da 20cm di diametro, così vi togliete il pensiero. Poi sciogliete il cioccolato a bagnomaria assieme al burro. Se vi fidate del sottoscritto, aprite un seme di cardamomo e pestate i semini all'interno, unendoli al cioccolato fuso.
In una ciotola mettete 120g di zucchero e mescolateli con due uova intere e sei tuorli. Riservate quattro chiare d'uovo che monterete a neve. Prima che diventino dure, unite i 30g di zucchero rimasti, conviene usare zucchero fine. Nel frattempo portate il forno a 180 gradi.
Unite alle uova e zucchero il cacao amaro, poi la cioccolata fusa tiepida e la farina di mandorle.
Infine unite le chiare montate mescolando dall'alto in basso lentamente e a mano.


Quando tutto sarà ben amalgamato, versate nello stampo e infornate per circa 35 minuti. In ogni caso, la solita prova dello stecchino vi dirà se la torta è cotta.


Una volta estratta dal forno, attendente un paio di minuti prima di sformarla.

Quando sarà fredda, decoratela spolverizzando la superficie con cacao amaro e riccioli di cioccolato fondente.
Per fare i riccioli di cioccolato fondente occorre prima fondere la cioccolata a bagnomaria e poi versarla in uno stampino rivestito di carta da forno, lasciandola raffreddare. In questo modo dovrebbe risultare più facile ricavare i riccioli con un pela patate ricurvo.

domenica 13 settembre 2009

Fugazza a la parrilla

Ci sono ricette di fronte alle quali un tipico golosone degno del sesto girone dantesco, come sicuramente sono io, non può resistere.

Se poi, come sosteneva Oscar Wilde, l'unico modo di vincere una tentazione è cedervi, allora sappiate che io ho già vinto per ben tre volte la tentazione della fugazza a la parrilla (focaccia alla griglia), della cui esistenza ho appreso neanche due mesi fa da Rebecca, dotta e appassionata narratrice delle delizie della cucina argentina.


Il curioso nome di questa ricetta, metà genovese e metà spagnolo, è da attribuire alla diaspora italiana in argentina tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, tra i quali ovviamente c'erano anche una folta rappresentanza di liguri. Evidentemente nel tentativo di riprodurre i cibi di casa con il poco a disposizione, è nata questa focaccia meticcia, parente della focaccia genovese, che ci riporta agli albori della cucina "italica" per non dire mediterranea, pre-romana, quando i forni da pane non erano ancora stati inventati e si cuocevano le focacce direttamente sul fuoco (da cui viene il nome) o sotto la cenere, un po' come ancora si fa dalle mie parti quando si fanno le crescentine col metodo tradizionale.

Ingredienti:
550ml acqua (può variare in base alla qualità della farina)
500g farina tipo 0
500g farina tipo 0 manitoba
4 cucchiai olio extra
un cucchiaino di zucchero
2g lievito di birra fresco (la quantità richiede una lievitazione di almeno 10 ore)
un cucchiaio di sale
cipolle (se ne usa una per focaccia, in base a quante ne volete alla cipolla)
un pizzicone di origano
pepe nero macinato q.b.
olio q.b. per soffriggere le cipolle
sale q.b.

Procedimento:
sciogliere il lievito con il cucchiaino di zucchero, con il solito metodo senza l'uso di acqua aggiuntiva. Basta mescolare un po' e il lievito si scioglierà. Se il lievito è secco in granelli molto fini, si può mescolare a secco alla farina.
Mescolare le farine, il sale, l'acqua, il lievito e i cucchiai d'olio, fino ad ottenere un impasto liscio. Queste operazioni di solito le faccio usando l'impastatrice, salvo lavorare a mano per qualche minuto l'impasto prima di metterlo a lievitare. Coprite l'impasto e lasciatelo lievitare in un luogo riparato fino al raddoppio, poi prendete l'impasto e sgonfiatelo, lavorandolo 5 minuti.
Se manca molto al momento di cuocere, consiglio di ripetere questa operazione finché non arriva l'ora fatale. Oggi pomeriggio ad esempio ho reimpastato almeno tre volte e più si fa questa operazione, meglio riesce l'impasto.
A meno di poter suddividere i compiti tra più persone, consiglio di soffriggere le cipolle in anticipo, così quando arriva l'ora di stendere la focaccia non avete altro a cui pensare.
Le cipolle tagliate a rondelle si soffriggono in poco olio per 6-7 minuti, calcolando che ciascuna focaccia richiede almeno una cipolla, con l'aggiunta di origano e pepe nero macinato.

Un'ora prima di cuocere, preparate la griglia. La fugazza l'ho sempre cotta su braci di legna e per questo servono pezzi di legna di una certa grandezza, in modo che poi si convertano in braci durature, se no usate la carbonella.


La griglia sarà pronta per la cottura quando non ci sarà più fiamma. Se le braci sono molto calde, potete probabilmente alzare il piano di cottura, altrimenti lo abbassate.
Io ho cotto in totale 5 focaccie, 4 sottili e una più spessa, le prime con braci rosse e le ultime con braci già più grigiastre, abbassando l'altezza della griglia.


La fugazza sottile tende a cuocere molto rapidamente, 2-3 minuti, vedrete formarsi le bolle piuttosto alla svelta ed è importante girarla appena vedete virare il colore verso il marroncino della parte sottostante. Dopo averla girata, la condite mentre finisce di cuocere sul lato crudo.

In questo modo, usando però anche il coperchio del barbecue, si può preparare anche una pizza a la parrilla, avendo l'accortezza di tritare la mozzarella in pezzi piccoli e appassire i pomodorini freschi in padella. Altrimenti si può anche preparare una semplice fugazza con olio e sale e qui sopra vedete un esemplare con sale nero black lava e sale red Alea, entrambe hawaiiani.

Si tratta di una ricetta ideale da degustare in compagnia e la fugazza scaldata in un fornetto elettrico il giorno dopo è quasi altrettanto libidinosa che appena fatta.

martedì 21 aprile 2009

Non tutti i mole vengono da cuocere (o da suocere)

Sì, lo ammetto la foto è la stessa dell'altro giorno, ma che ci volete fare, siamo in tempo di crisi e sto risparmiando le pile della fotocamera. :-)


In realtà oggi non propongo una ricetta in senso stretto, più che altro è un invito a provare una delle specialità più note della cucina messicana, il mole poblano.
Dato che la ricetta per la preparazione da zero del mole è tutt'altro che banale, la sola lista degli ingredienti prende quasi una pagina del mio libro di ricette preferito ed oltretutto non sono nemmeno tutti facilmente reperibili in Italia, il mio consiglio è di provare acquistando un mole poblano semi-preparato.
Poi magari un giorno che sarò in vena di masochismo mi metterò a fare il mole a partire dai semi di chile tostati :-P
Se il mole sia un'invenzione delle monachelle o meno, è questione tutt'altro che chiarita, come spiega in un bell'articolo Karen Hursh Graber.
E qui cade a fagiolo lo stupendo aforisma dello chef Fortino Rojas, riportato tempo addietro dal Cairoli: "c'è più storia in un mole poblano che in tutta la Florida".
E ti credo!

In realtà anche in Messico la stragrande maggioranza compra impasti di mole al mercato, magari aggiungendoci un piccolo tocco personale. Intendiamoci bene, non è come comprare spaghetti in scatola, che nel 99,9% dei casi sono per forza orrendi data la delicatezza della pasta, casomai il paragone può essere fatto con un buon ripieno per tortellini fatto da una di quelle rezdore modenesi che inspiegabilmente non si rassegnano ad andare in pensione.

Insomma, chi volesse provare questa salsa, tra i cui ingredienti figura il cacao potrebbe procurarsi una confezione di mole La Costeña, che vedete nella foto del sito Tlaloc (il Dio azteco della pioggia) di questo negozio di Torino.
E tra l'altro ho scoperto di non essere l'unico ad avere un debole per i prodotti La Costeña.
Una volta entrati in possesso del prezioso preparato, allestite un buon brodo di pollo e gallina e allungate la pasta del mole fino ad ottenere una salsa spessa e vellutata.
La salsa servirà per ricoprire i pezzetti di pollo o tacchino lessati nel brodo.

Il mole tipicamente è accompagnato da tortilla di mais e arroz a la mexicana, quello di colore giallo arancio nella foto, di cui sarebbe urgente mettere la ricetta, ma causa orario, mi riservo di farlo prossimamente.

E se proprio volete lanciarvi nella preparazione del mole poblano casero, beh, poi non dite che non vi avevo avvertito.

lunedì 19 gennaio 2009

I musei del gusto dell'Emilia Romagna

Un breve flash d'agenzia per segnalare un simpatico portalino internet chiamato i musei del gusto.
Approfitto anche dell'occasione per inaugurare una nuova categoria metafisica di questo blog, l'umorismo, che, visto il tema, non può essere altro che di patata.

Bando alle ciance, entrando in questo sito potrete sbirciare virtualmente tra i diversi mini-musei dedicati a questa o a quella specialità locale, all'interno di ciascuna provincia, in attesa di visitarli dal vero.

Per qualche ignoto motivo i piacentini non sono rappresentati, manco un museo del gutturnio o dei pisarei e fasò, sta a vedere che questa è la volta buona in cui fanno la secessione e si proclamano lumbard... ;-)

Analogo discorso per i riminesi, ancora incerti se fare un semplice monumento al bagnino-seduttore-di-scandinave-ignoto o il museo della piadina romagnola.

Mentre i due poli opposti della regione ci pensano su, chiedo perentoriamente l'istituzione del museo della salama da sugo da impiantare obbligatoriamente a Bondeno (FE).

Segnalo che Modena è rappresentata da ben due musei: quello dell'aceto balsamico e quello della tigella e del borlengo.
Manca ahimé quello della zuppa inglese e dello zampone...
Segnalo però che il maiale è già oggetto di culto a Castelnuovo Rangone.

Oh, comunque cliccare non costa niente e la linea rimane perfetta, parola di gourmet!

lunedì 12 gennaio 2009

ll Mercato Latino a Bologna

Da svariati anni, quando capito da quelle parti di Bologna, faccio un salto al negozietto di generi alimentari latino americani, il Mercato Latino vicino a porta San Felice.



Ieri pur essendo domenica era aperto, contrariamente alle mie aspettative e aveva pure una serie di prodotti che cercavo da tempo:

  • foglie fresche di banano per fare la cochinita pibíl (prossimamente su questi schermi);
  • mais bianco fresco (elote) da fare alla griglia! Questo tipo di mais non è dolce e giallo come quello che si trova qui di solito e ha dei chicchi molto più grandi;
  • chayotes (una verdura che si cuoce a vapore);
  • maiz cacahuatzintle (quello che serve per il pozole);
  • farina di mais per tamales...
Insomma, è stata una gita fuori porta altamente appagante.

mercoledì 6 agosto 2008

La comida callejera messicana secondo la Cucina Italiana

Oggi mi va di fare polemica.

Mi è appena arrivata la newsletter de "La Cucina Italiana", una delle mie riviste preferite, dove compare un promettente articolo sullo street food degli altri paesi.
Ovvio che mi sono capicollato a vedere cosa diceva della comida callejera messicana, rimanendo piuttosto deluso per non dire basito, dato che la lussureggiante gastronomia di strada viene ridotta al solito stereotipo dei tacos, e vabbè pazienza, e dei burritos.

Apriti cielo!

Ora, secondo un breve calcolo spannometrico di Tlazolteotl, ci saranno almeno 80 milioni di messicani che non hanno mai mangiato un burrito in vita loro, non perché non abbiano fame, anzi, ma per il semplice motivo che il burrito te lo servono al Taco Bell, in Gringolandia, mai visto neanche una volta a Città del Messico, che con i suoi 25 milioni e rotti di abitanti rappresenta quasi un quarto di tutta la popolazione messicana.
Insomma, cara Cucina Italiana, ma ti costava proprio tanto documentarti prima di scrivere il solito bignami di luoghi comuni?

E le cento e cento quesadillas?
E las flautas?
E i changarritos de guisados?
E i venditori ambulanti di chicharrón?
E le venditrici indigene di chapulines?
E las tortas al carbon?
E i venditori di alegrías, obleas e cocadas?
E i venditori di camotes e platanos con il forno a carbone su rotelle dall'inconfondibile fischio?
E i venditore di esquites, elotes asados o hervidos?
E i venditori di mango e canna da zucchero?
E i venditori di buñuelos?

Hai voglia a mangiare per strada!

No, dei burritos mi parlano.

Immaginatevi se la più autorevole rivista di cucina messicana scrivesse che in Italia si mangiano solo gli spaghetti alla bolognaise o col ketchup.

Ma per favore.

mercoledì 9 luglio 2008

Un mercoledì da leoni

In realtà la cosa è avvenuta ieri, ma siccome prendo a prestito il titolo da uno dei film preferiti della mia adolescenza e complice il fatto che la notizia è stata messa in risalto oggi, vi comunico che l'Unesco ieri mi ha regalato 2 grosse soddisfazioni:
sono infatti entrate a far parte del patrimonio dell'umanità due luoghi a me assai cari e quasi agli antipodi: Mantova assieme alla vicina Sabbioneta e San Miguel de Allende (Messico).

Mantova è la terra delle origini, dei miei genitori e dei nonni, San Miguel de Allende è un posto veramente incantevole, nella Madre Tierra, dove sono stato di recente, buen retiro di molti gringos ma non solo, ci sono anche italiani, tra i tanti.

Anni fa l'Unesco aveva già inserito altre località che intorno al cor mi stanno, come piazza Grande e il Duomo di Modena, la mia città natale, il centro storico di Città del Messico e la città di Guanajuato, altra città messicana da cartolina, per non parlare di Oaxaca e di molte delle rovine delle città maya e delle isole nel mare di Cortés, sempre per rimanere in terra messicana.

sabato 5 aprile 2008

Il Messico tra cucina, tradizione e globalizzazione

Stamattina sono incappato in una serie di articoli interessanti sul Messico, pubblicati dall'editore SlowFood.it qualche anno fa.

Inutile farla lunga, è molto più interessante leggerli.

venerdì 23 novembre 2007

Tempo di pensare el panetún

Stamattina un amico mi ha chiesto di reperirgli la ricetta del panettone, perché alla moglie era venuta l'ispirazione di farselo in casa.


Mi ricordavo che l'anno scorso, quando imperversava la febbre del pandoro autarchico e nel forum che di solito frequentavo ci si dedicava a vari esperimenti in materia, avevo visto una ricetta, anzi sarebbe probabilmente il caso di dire la ricetta per antonomasia, quelle delle mitiche sorelle Simili, che vedete ritratte in una rara imago qui a fianco (cortesia di slowfood)

Vi metto qui il collegamento alla pagina della ricetta in questione senza ulteriori indugi.

Mentre cercavo come fare el panetún, mi sono imbattuto in un'altra pagina contenente una ricetta, sempre delle magiche sorellone, quella della cosiddetta Angelica.

Oh, sapete cosa vi dico?
Mi sta già venendo l'acquolina in bocca boia d'un mond léder!

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