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giovedì 2 giugno 2011

Tacos de queso fundido con chorizo y, para rematar, chorreadas

Oggi abbiamo dato fondo all'ultimo rimasuglio di farina di mais e al chorizo gelosamente conservato in frigo in attesa del supremo sacrificio: tacos de queso fundido con chorizo.


Il queso fundido è un classico antipasto da taqueria messicana e ci si possono preparare dei buonissimi tacos al formaggio. Se poi ci aggiungiamo anche il chorizo fritto in padella otteniamo una combinazione meravigliosa, a cui volendo possiamo aggiungere qualche salsina piccante per renderla ancora più sfiziosa. Il problema, come al solito, è avere gli ingredienti giusti. Trattandosi di tacos, occorrerebbero le tortillas di mais, come quelle che abbiamo preparato oggi per l'occasione, ma in questa ricetta ci stanno bene anche le tortillas de harina, sostituibili con piadine sottili (prima o poi di questo ne parlerò...). Poi c'è il formaggio oaxaca, che si può imitare decentemente con il caciocavallo giovane.
E mo' passiamo al chorizo.
Se avete amici spagnoli o persone che vanno in Spagna, fatevene portare un po' e magari surgelate quel che non consumate subito o in mancanza di chorizo, piuttosto della chistorra. Il chorizo è un insaccato abbastanza morbido, forse più simile alla nduja calabrese (piccantezza a parte) che alle salsicce nostrane o al salame. Insomma, è difficile sostituire il chorizo, sarebbe meglio procurarselo in qualche modo (una volta l'ho trovato al supermercato Panorama, poi mai più...).
La salsa verde messicana, a base di pomodori verdi, si trova nei negozi di specialità messicane (vedi lista di negozi qui a fianco a sinistra), qualche volta ne ho trovata qualche scatoletta al Carrefour, ma siccome è opzionale, i coraggiosi possono anche sostituirla con salse piccanti di più facile reperibilità, tipo la salsa Tabasco o quella rossa di Casa Fiesta, insomma basta che non mi ci mettiate la maionese!

Ingredienti x quesadillas con chorizo:
una decina di tortillas appena fatte
200g di chorizo o anche di chistorra
500g di queso oaxaca (sostituibile con caciocavallo fresco)
salse messicane (a piacere)

Procedimento:
Dando per scontato che abbiate già preparato le tortillas o che siano al caldo pronte per essere usate, 
mettete a fondere il formaggio a fuoco basso in un pentolino di terracotta e il chorizo sminuzzato in una padella antiaderente con appena un filo d'olio. Il formaggio va semplicemente fatto fondere, mentre il chorizo soffrigge nel suo unto fino a diventare croccante e il grasso in eccesso si drena meccanicamente inclinando leggermete la padella.


Qui sotto vedete la famosa prova del cuoco, un assaggio di chorizo su una fetta di pane di semola. Bisogna sempre assaggiare, non si sa mai!

Infine quando tutto è pronto, ognuno si fa il suo taco a piacimento, con un po' di formaggio fuso e un po' di chorizo e volendo la salsa sopra.



E qui si chiude il capitolo dei tacos de queso fundido con chorizo, per aprirsi invece quello delle chorreadas, un tipico dolce, come si suol dire, "povero", ma gustoso, la cui ricetta si ispira a quella descritta dalla "solita" Diana Kennedy nel suo libro My Mexico, che volendo trovate nel carosello a sinistra.

Ingredienti x 4 chorreadas de guayabate:
4 tortillas appena fatte oppure tortillas de harina, sostituibili con piadine piccole e sottili.
80g di guayabate (pasta di guava), che in qualche negozio etnico trovate nella versione brasiliana chiamata goyabada, eventualmente sostituibile con la cotognata.
80g di formaggio primo sale o caciocavallo fresco o scamorza fresca o mozzarella.

Procedimento:
si prende banalmente una tortilla appena fatta, fettine di formaggio fresco e fettine di pasta di guava o di cotognata, poi si piega la tortilla in due e si tosta sul comal finché fonde il formaggio. Se il formaggio è molto insipido, si può aggiungere un pizzico di sale.


Il comal in questo caso è semplicemente una bistecchiera antiaderente piana che funge egregiamente allo scopo.


Si gustano tiepide.

martedì 3 maggio 2011

Chamorro de puerco en adobo

La scorsa settimana mi è venuta una insana voglia di uno stufato di carne di maiale, ho preso quindi a scartabellare i soliti libri di Diana Kennedy e alla fine ho convertito la ricetta della pierna de puerco en adobo, in chamorro en adobo.

Che poi tutta 'sta differenza tra pierna e chamorro non credo ci sia, la pierna sarebbe la gamba, mentre il chamorro sarebbe proprio lo stinco. Siccome però le passate esperienze con l'adobo non mi avevano mai entusiasmato evidentemente per un eccesso nell'uso di aceto (che io sopporto a fatica...), mi sono concesso il lusso di fare un adobo senza aceto.
Il risultato m'è piaciuto assai, si presta anche ad essere congelato e consumato dopo qualche tempo e, come si evince dalle fotografie in basso, anche sotto forma di torta (nel senso messicano del termine), dopo aver precondizionato un classico filoncino francese che fa le veci di un bollillo togliendo un po' di mollica e dandogli due mani di purè di fagioli per impermeabilizzare il tutto.

Per il bollito
2 stinchi di maiale (1,5Kg in tutto circa)
mezza cipolla
due spicchi d'aglio
una foglia di alloro
5-6 grani di pepe nero
sale

Ingredienti per la salsa:
circa 600ml del brodo prodotto dal bollito
4 chiles pasilla
3 chiles anchos
5 grani di pepe
2 foglie di alloro
4 spicchi d'aglio
4 chiodi di garofano
2 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di strutto
un rametto di timo
un rametto di maggiorana
un quarto di cucchiaino di caffè di semi di cumino
il succo di mezzo limone
1,5cm di stecca di cannella

Per finire
rotelle di cipolla sottili a piacimento

Procedimento:
mettete a bollire gli stinchi in acqua (fino a coprirli), aggiungendo anche due spicchi d'aglio, i grani di pepe, una cipolla, una foglia di alloro che non guastano mai. Raggiunto il bollore, salate e cuocete per un'ora circa. Questa operazione si può fare anche il giorno prima o anche due, basta poi tenere in frigo gli stinchi con circa un litro di brodo.
Per preparare la salsa, il nostro adobo, si tostano i chiles in una padella appena unta dopo aver tolto i semi e le venature. Basta qualche minuto a fuoco basso, non devono bruciarsi. Poi si mettono a bagno in acqua bollente per circa quindici minuti o finché non diventano ben morbidi e infine si frullano con un po' dell'acqua di ammollo, l'equivalente di un bicchiere circa e gli spicchi d'aglio.
Nel mortaio pestate le spezie (cumino, chiodi di garofano, cannella, pepe, timo, maggiorana) fino a renderle polvere. In una pentola, meglio se di terracotta, fate scaldare lo strutto e poi aggiungete i chiles frullati, le spezie in polvere, lo zucchero e le foglie d'alloro. Aggiungere anche il brodo tenuto da parte e cuocere a fuoco basso mescolando di frequente. Se gli stinchi sono teneri non sarà necessario cuocerli a lungo nella salsa, ma, se non lo sono, bisognerà aggiungere un po' di liquido per terminare la cottura degli stinchi assieme all'adobo.

L'adobo è pronto quando la salsa è densa ma scorrevole. A quel punto versate il succo di limone (il sostituto dell'aceto...) e mescolate.


Benché si possa mangiare come ripieno per i tacos, nulla vieta di prepararsi anche un panino, magari guarnito della indispensabile cipolla cruda a rondelle (che nelle foto manca...), per la gioia dei vostri colleghi di lavoro.
E se dovessero lamentarsi del vostro alito date pure la colpa a me.

giovedì 17 marzo 2011

Pierna de puerco estilo Apatzingán

Per festeggiare l'Unità d'Italia, un succulento piatto messicano, pierna de puerco estilo Apatzingán, e non per far polemica, che comunque di solito mi riesce bene, ma perché essendo una di quelle preparazioni lunghe ma di grande soddisfazione, ho approfittato della festività una tantum per dedicarmi alla cucina.

Che poi volendo effettivamente fare un po' di polemica, mi piacerebbe capire perché l'Unità d'Italia non si festeggi tutti gli anni, come si fa in Messico per il día de la Independencia.

Ma lasciamo queste sterili polemiche per tornare alla sontuosa ricetta della pierna de puerco estilo Apatzingán, amena località dello stato di Michoacán. Tanto per cambiare è presa da uno dei libri di Diana Kennedy, che a sua volta attribuisce la parternità anzi, la maternità della ricetta a tale señora Aurelia del ristorante Posada del Sol. La señora Aurelia pare serva questo piatto su tostadas, ossia tortillas fritte e dev'essere certamente una libidine, ma noi ci siamo dovuti accontentare di accompagnarla con tortillas hechas a mano, frijoles y aguacate. Pobrecitos!

E siccome non avevo voglia di tenere acceso il forno elettrico per due ore e mezza, ho pensato di cuocerla a fuego lento, nel fornetto a legna. Quasi un'impresa d'altri tempi!

Ingredienti:
1,3kg di carne di prosciutto di maiale.
2 chiles guajillos
1 bottiglia di birra chiara messicana (Corona, Sol)
1 pomodoro fresco medio
1 arancia
1 cipolla media
60ml di succo d'arancia fresco
6 spicchi d'aglio
3 bacche di pepe nero
2 cucchiaini colmi di sale grosso
1 cucchiaino di zucchero
1 rametto di maggiorana
1 rametto di timo
1 foglia di alloro

Procedimento:
per prima cosa conviene partire dall'ammollo dei chiles guajillos. Apriteli in due, togliete i semi e le venature e poi immergeteli in acqua bollente (ma a fuoco spento) e lasciateli lì per almeno 15 minuti. Poi passate alla scottatura del pomodoro. Qui ne serve uno solo e nella foto ce ne sono tre perché l'ho riciclata dalla ricetta del pollo almendrado :-)

Il pomodoro pronto lo versate nel frullatore assieme ai grani di pepe nero, agli spicchi d'aglio, allo zucchero, al sale e al succo d'arancia. Frullate il tutto molto finemente poi mettetelo da parte e frullate i peperoncini con un po' dell'acqua di ammollo fino ad ottenere una salsa densa ma scorrevole. Unitela al resto e mescolate bene.
Lavate e tagliate la carne se è in tranci molto grossi e poi asciugatela. Mettetela in una pirofila dotata di coperchio dove la carne entri appena e copritela con la salsa.


Aggiungete anche alloro, timo e maggiorana freschi che donano un profumo buonissimo alla salsa.


Affettate la cipolla e l'arancia e distribuitela sulla superficie.


Versate sopra la birra e tappate col coperchio.
A questo punto io sono andato col forno a legna, ma non è ovviamente indispensabile, anzi, dovendo tenere una temperatura molto moderata è stata una discreta fatica, anche se alla fine la ricetta è venuta molto bene.

Con un forno tradizionale dovete scaldare a 120-140 gradi, come vedete una temperatura piuttosto bassa.

A questa temperatura si cuoce a tappo chiuso per 2 ore - 2 ore e mezza, poi si toglie il coperchio e si alza la temperatura a 190 gradi (non vi dico per riportare in alto la temperatura a forno a legna quasi spento...).
Una volta tolto il coperchio, conviene girare la carne e mescolare la cipolla e l'arancia al resto.
Si fa dorare la superficie della carne e poi si rimuove dalla salsa, per far addensare il liquido.
Questa operazione finale l'ho fatta sul fornello a gas e si semplifica parecchio.

Poi si rimette la carne nella salsa ristretta e si serve ben caldo con tortilla a volontà, purè di fagioli (frijoles refritos) e/o fettine di avocado fresco.

La combinazione con avocado mi è piaciuta assai, stranamente ho trovato un avocado maturo che non sapeva di saponetta, come quasi sempre capita da queste parti.

Era la prima volta che facevo la pierna de puerco estilo Apatzingán e mi è piaciuta moltissimo, ha un profumo raffinato grazie all'arancia e alle erbe, appena piccante, tant'è che l'erede di 6 anni s'è scofanato ben 4 tacos!

lunedì 7 febbraio 2011

Tacos de chicharrón

Tra un'infornata e l'altra, ieri, per puro caso, ci siamo concessi un peccatuccio gastronomico nel più puro stile messicano, uno strapuntino che solo chi si è fermato presso qualche changarrito riuscirà ad apprezzare: tacos de chicharrón.

Dicesi chicharrón la cotica di maiale fritta fino a diventare leggera e croccante come i pop corn. Chi ha frequentato i mercati rionali di Città del Messico sa che il chicharrón è la classica botana del DF, al pari delle patatine fritte che pure esistono. In questa foto di tre anni fa si intravede appunto il chicharrón nel ripiano superiore di questo "stand" nel mercato di Guanajuato.


Il chicharrón si consuma o da solo con un po' di limone oppure è tipico mangiarlo sotto forma di tacos con l'aggiunta di salsa, nella fattispecie salsa verde ossia salsa a base di pomodori verdi messicani (da non confondere con i pomodori verdi insalatari che hanno tutt'altro sapore...) ed altri ingredienti ad libitum, come cipolla tritata, coriandolo fresco, guacamole (come abbiamo fatto noi). Di solito i venditori di chicharrón sono quelli che preparano anche le famose carnitas, che sarebbero le parti meno nobili del maiale fritte nello strutto.

Ma come ho fatto a procurarmi il chicharrón? Beh, casualmente, ero andato per comprare delle banane nel negozietto dell'amico pachistano e m'è balzato all'occhio un sacchetto contenente questi riccioli che mi ricordavano qualcosa e curiosamente leggendo gli ingredienti mi sono accorto che si trattava di chicharrón thailandese!
Chi l'avrebbe mai detto, tutto il mondo è paese.

Insomma, vedendo che nel negozietto c'era pure un avocado semi-maturo e a casa ricordavo di avere almeno una latta di salsa verde per le emergenze, ho comprato impulsivamente il chicharrón del sud est asiatico dopo di che c'è voluto poco per convincere il resto della famiglia a preparare due tortillas fresche per farci tacos de chicharrón con salsa verde y guacamole.

Certo, mangiato sul posto appena fatto es otro rollo, però dopo quasi 2 anni di astinenza, non sembrava affatto male.

lunedì 25 ottobre 2010

Entomatado

Sabato, scartabellando i libri di cucina messicana della solita Diana Kennedy, ho trovato la ricetta di questo entomatado, di assai difficile realizzazione in Italia a causa della mancanza dei pomodori verdi.

Siccome me ne erano rimasti un po' in frigo, prima che facessero la fine di quelli dell'anno scorso che attesero invano un destino migliore, mi sono messo all'opera riducendo un po' le quantità in proporzione. È venuto fuori questo intingolo, ideale per preparare tacos. La ricetta originale, come spiega brevemente Diana, proviene da qualche libro di cucina messicana di fine '800 o inizio '900, ma per qualche motivo non ha aggiunto altri dettagli sul titolo.

A dire il vero stavo quasi per rinunciarci perché tra le spezie impiegate Diana ne cita una che non avevo mai sentito nominare: caraway seeds, in inglese of course. Ora, francamente non sono riuscito a capire bene di cosa si tratti, pare sia il cumino persiano, ma non saprei dire in cosa differisca dal cumino non-persiano. Alla fine siccome tra le descrizioni trovate ce n'era una dove parlava di somiglianze tra caraway, cumin, fennel e anise seeds, ho preso la solenne decisione di inventarmelo io. Ho preso un po' di semi di cumino, di anice e di finocchio (ma veramente 3-4 semini ciascuno, non di più), li ho pestati e ho inventato il mio caraway.
Che poi questo caraway in spagnolo pare si dica alcaravea, che sa tanto di arabo, ma mia moglie non aveva la più pallida idea di cosa fosse, ergo a quel punto poteva andar bene qualunque cosa :-D

Ingredienti:
600g di carne di maiale (coppa o coscia)
350g di pomodori verdi
mezza cipolla
un chile ancho
un centimetro scarso di stecca di cannella
2-3 grani di pepe nero
2 chiodi di garofano
timo fresco
maggiorana fresca
semi d'anice
semi di cumino
3 cucchiai di olio di mais

Procedimento:
Cuocete la carne di maiale in acqua salata finché non diventa tenera. Scolatela e tenete da parte il suo brodo.
Soffriggete brevissimamente in tre cucchiai d'olio la cipolla tritata finemente e poi aggiungete subito i pomodori verdi tagliati a pezzetti, salandoli leggermente. Lasciate evaporare parte del liquido che rilasciano e poi aggiungete le spezie macinate (pepe, cannella, anice, finocchio, cumino) e le erbe fresche (timo e maggiorana). Tostate brevemente il chile ancho privato dei semi in una padellina, senza farlo bruciare, poi tagliatelo a striscioline e aggiungetelo al resto. Allungate con circa 500ml del brodo messo da parte, aggiungendo anche la carne tagliata a pezzetti piccoli e cuocete finché la salsa non si sarà ristretta.

Verso la fine ho aggiunto a mio piacimento un chile morita intero, ma questo nella ricetta originale non era previsto.
Diana sostiene che questo piatto sia migliore se viene lasciato riposare un'ora e poi scaldato nuovamente. In effetti ho riscaldato l'avanzo il giorno dopo e mi è sembrato ancora più saporito.

sabato 2 ottobre 2010

Mixiotes sin mixiotes

M'era tornata voglia di mixiotes, dopo essere venuto sull'argomento parlando di avocado sul bel blog di cucina scientifica di Dario Bressanini. Se non conoscete quel blog, vi perdete un sacco di notizie e nozioni interessanti sui retroscena della cucina e del cibo in generale.

Così ieri sera ho preso in mano pentole e pentolini per rifare i mixiotes, ma stavolta con carne di maiale anziché di manzo. Poi, mentre rileggevo la ricetta scritta a suo tempo, m'è venuta la curiosità di andare a vedere la versione di Diana Kennedy che, ovviamente, non poteva essere uguale a quella di Karen Hursch Graber. Nel frattempo, a furia di preparare questo e quello e constatare che mancava la tal cosa, la tal'altra non avrei dovuto metterla, s'era già fatta una certa ora e la voglia di stare pure a infilare la salsa e la carne nei sacchettini che neppure son di vero mixiote, m'è sparita del tutto (ebbene sì, non ho ancora piantato l'agave in giardino per ricavare i veri mixiotes e me ne scuso con i lettori).
Così ho deciso d'inventare su due piedi i mixiotes senza mixiotes, ovviamente del tutto apocrifi.
Il risultato mi è piaciuto assai e in fondo questo è uno degli aspetti che più mi affascinano della cucina messicana: la flessibilità.
Insomma, questa volta ho tostato i chiles anziché no, non ho messo arancia, ma solo lime, ho soffritto la cipolla e cotto tutto a fuoco bassissimo nella pentola di coccio anziché a bagnomaria, eppure alla fine è venuta fuori una cosa molto appetitosa, ma del tutto priva di un nome ufficialmente riconosciuto.

Cosa sarà dunque?
Estofado de puerco con zanahoria?
O chilorio de puerco?
O guiso de puerco a la Tlazolteotl?
Mixiotes sin mixiotes!

Ingredienti:
800g di carne di maiale (coscia, coppa, filone)
400g di pomodori pelati (una scatola tipicamente)
300ml di acqua circa
60g di pasta di achiote
3 carote
3 chiles anchos
3 chiles guajillos
3 cucchiai di olio di mais
3 spicchi d'aglio
3 lime spremuti
una cipolla media
un cucchiaino di bacche di pepe nero
un pizzico di timo
un pizzico di maggiorana
un pizzico di semi di cumino
un bicchiere di birra (altrimenti mezzo di vino bianco)
sale q.b.

Procedimento:
Per prima cosa sciogliete la pasta di achiote con il succo di lime.
Scaldate un pentolino di acqua dove metterete a bagno i peperoncini tostati.
Pigliate i peperoncini, apriteli, eliminate i picciuoli e se volete l'eccesso di semi, se no estraeteli e tostateli nell'olio assieme ai chiles.
Tostate i peperoncini in una padella con un filo d'olio di mais, a fuoco basso, girandoli spesso per evitare di bruciarli. Appena si ammorbidiscono e cominciano ad emanare profumo, spegnere e
versali nel pentolino con l'acqua calda. Coprite con un coperchio e lasciateli in ammollo.
Nel frattempo tagliate le carote a dischetti e poi la cipolla e l'aglio finemente. Mettete da parte le carote e fate imbiondire la cipolla e l'aglio con i tre cucchiai di olio di mais, preferibilmente in una pentola di coccio e a fuoco medio. Mentre la cipolla va per conto suo, prendete i pomodori pelati e i peperoncini con la loro acqua e frullateli per bene. Quando cipolla comincerà a prendere un colore rosato, versate la salsa di pomodoro e chile. Aggiungete la birra o il vino e le altre spezie e l'achiote sciolto nel succo di lime. Salate e fate cuocere per una ventina di minuti, poi aggiungete le carote e i pezzetti di carne, abbastanza piccoli in modo da poteri poi sistemare facilmente sulle tortillas per farci dei succulenti tacos.

La cottura va protratta fino ad ottenere una salsa abbastanza densa, mescolando piuttosto spesso perché si corre il rischio che si attacchi al fondo, diciamo spannometricamente sulle 2 ore o poco meno e volendo si può fare un giorno per l'altro.
Come quasi tutti gli stufati messicani, la morte sua è con la tortillas di mais.

martedì 13 aprile 2010

Panuchos

Nel caso vi fosse avanzata della cochinita pibíl, la qual cosa sarebbe da considerare a mezza strada tra il miracolo e lo scandalo a queste longitudini, non vi disperate, potete riciclarla per farci i panuchos.

Dicesi panuchos, delle tortillas di mais riempite di frijoles refritos ossia il purè di fagioli, fritte e poi condite con carne o pesce (tipico il cazón, che sarebbe poi carne di squalo), cipolla e chile habanero, nel più puro stile yucateco. Tra le carni più usate, c'è appunto la cochinita pibíl, che si presta benissimo allo scopo. Qui nelle foto li vedete sia con cipolla rossa (cebolla morada) che cipolla dorata normale, ma quella rossa sarebbe più filologica.

Secondo Diana Kennedy, la prassi per preparare i panuchos prevede di infilare il purè di fagioli dentro la tortilla, perché da per scontato che le tortillas si gonfino durante la cottura sulla piastra (comál). In realtà si può anche spalmare la tortilla all'esterno e poi soffriggere brevemente in una piccola padella con olio sufficiente a coprirla, meno di mezzo dito insomma. Si tratta di friggere ciascun panucho per un paio di minuti al massimo onde evitare che diventi troppo duro.

Terminata la frittura lo si addobba con pezzetti carni e sopra le rondelle di cipolla con qualche pezzettino di chile habanero qua e là. Le rondelle di cipolla vengono sbollentate un minuto in acqua e aceto o acqua e limone giusto per togliere il gas e renderle morbide.

Tre panuchos sono perfetti come pranzo, né troppo, né troppo poco.
O almeno così sembra a me.

domenica 4 ottobre 2009

Tacos al pastor - quasi

Penso di non sbagliare a dire che, nell'immaginario collettivo, la cucina messicana è sinonimo di tacos e delle sue multiformi varianti, comprese quelle apocrife dei burritos e delle fajitas tanto popolari nei sedicenti ristoranti messicani europei.
Se il taco è l'ambasciatore della cucina messicana, quella di strada però, posso affermare senza tema di smentita che il taco al pastor ne è il Re.

Sebbene l'origine del taco al pastor sia piuttosto recente, in tutte le taquerias degne di questo nome, il taco al pastor fa storia a sé, perché richiede una preparazione speciale, tramite l'apposito spiedo rotante verticale che nella versione moderna è identico a quello usato per preparare kebab e gyros da turchi, arabi e greci dalle nostre parti.
La somiglianza però finisce lì per il semplice fatto che il taco al pastor è a base di carne di maiale.

Quando si parla di tacos al pastor a Città del Messico, per me si parla della taqueria el tizoncito, che, non so quanto legittimamente, ne rivendica l'invenzione verso la fine degli anni '60. Sia vera o meno quella rivendicazione, chi li ha inventati doveva essere a suo modo un genio gastronomico perché ha mirabilmente combinato una serie di ingredienti che si sposano perfettamente dando vita a qualcosa dal sapore unico e inconfondibile.
L'aspetto che più mi affascina del taco al pastor è infatti la composizione utilizzando ingredienti che presi uno a uno non mi fanno impazzire, la cipolla cruda, il coriandolo fresco soprattutto, non mi entusiasmano presi da soli, ma in un taco al pastor la mancanza di uno solo di essi diverrebbe fatale.
Questo condimento chiamato al pastor costituito da ananas, cipolla e coriandolo freschi e dalla marinatura in achiote ha avuto molto successo e viene usato anche per altre specialità di strada, come la torta de pierna al pastor, cioè un panino farcito con carne di coscia di maiale.

Al tizoncito vale la pena andare anche solo per vedere in azione i taqueros professionisti, capaci di creare un taco in pochi secondi mulinando un coltellaccio che farebbe l'invidia di Jack the ripper per affettare la carne dallo spiedo e per staccare tre spicchi di ananas dalla cima dello spiedo che finiscono per atterrare sempre dentro al taco tenuto dietro la schiena, roba che neanche al Cirque du Soleil sarebbero in grado di fare.

La consuetudine di famiglia vuole che all'arrivo a Città del Messico non si vada a depositare le valigie se prima non si è andati a mangiare almeno due tacos al pastor al Tizoncito che per fortuna non sta lontano da casa.

Primero lo primero, como se dice.


Ingredienti per una ventina di tacos:
1 Kg coppa fresca di maiale
50g coriandolo fresco
un ananas fresco (non in scatola!)
una cipolla grossa
lime
pasta di achiote
chile guajillo (a piacere)
salsa taquera (a piacere)
succo di arancia o limone
sale q.b.


Procedimento:
Non disponendo di spiedo verticale rotante, bisogna inventarsi una maniera alternativa di cuocere la carne.
Come indicato negli ingredienti conviene usare carne come la coppa, intrecciata, non quella magra che tenderebbe a diventare troppo secca.
Sappiate che mentre i tacos al pastor originali vengono cotti praticamente alla brace, con il calore laterale proveniente dal trespolo in cui vengono mantenute ammucchiate le braci, dovendo farli in casa bisogna ricorrere a degli espedienti per evitare di ritrovarsi con carne poco cotta o troppo secca.
Dopo vari tentativi non sempre soddisfacenti, sono giunto alla conclusione che convenga fare in questo modo:
preparare la carne come nel caso delle carnitas, quando la carne è cotta, ma prima che inizi a friggere nella fase finale della cottura, pescatela e affettatela il più sottile possibile.
Preparate la marinatura sciogliendo un quarto di barretta di achiote in succo d'arancia o di limone e volendo chile guajillo tritato e cospargetela sulla carne stesa su una teglia da forno.
Terminata questa operazione conviene preparare gli altri ingredienti freschi, pulendo l'ananas, tritando cipolla e coriandolo e preparando la masa per fare tortillas di mais fresche.

Infilare la carne nel grill già caldo per il tempo necessario a farla dorare (15-20 minuti circa).
Nel frattempo approfittatene per cuocere le tortillas di mais, così saranno ben calde quando è pronta la carne.

Il taco al pastor si prepara posizionando sulla tortilla la carne, i pezzetti di ananas, la cipolla tritata, il coriandolo fresco, la salsa taquera e una spruzzatina di lime. La salsa taquera può essere una qualunque di proprio gradimento, nelle taquerias ne trovereste almeno quattro o cinque tipi diversi, variamente piccanti.
Qui in Italia ne trovate due o tre già pronte, quella verda a base di tomatillos che vedete sopra o quella detta rossa a base di pomodori, cipolla e chiles serranos.

domenica 6 settembre 2009

Tacos de carnitas caseras

Primero lo primero, devo subito ringraziare due messicane speciali, Nora per avermi indirettamente fatto conoscere Mely e Mely per aver scritto la duplice ricetta per fare carnitas de puerco in casa, una delle mie passioni gastronomiche senza se e senza ma.


Per chiarire in cosa consista questa passione incontrollabile, quasi calcistica, diciamo che se mi proponete di andare al ristorante super-mega-chic o a echarnos unos taquitos de carnitas al mercado, beh, non c'è competizione possibile, vincono i tacos de carnitas 4-0 con una doppietta di tacos de lengua al primo e al quinto minuto del primo tempo.
Non è la prima volta che i tacos de carnitas compaiono su questi schermi, anzi, sono un rito che si ripete quasi ogni anno, però è la prima volta che cucino carnitas in casa, prima di leggere la ricetta di Mely credevo fosse un'operazione quasi impossibile da fare tra le mura domestiche con risultati soddisfacenti e invece tutt'altro, las carnitas vengono deliziose, morbide e sugose proprio come devono essere.
Come al solito mi chiedo senza trovare risposta come mai questo genere di cucina così autenticamente messicano non venga proposto in luogo delle famigerate fajitas così famose ovunque eccetto che in Messico.

Ingredienti:
1Kg circa di carne di maiale (coppa, posteriore e/o altre parti non troppo nobili)
100g di strutto
1 cucchiaio di sale
15g di zucchero di canna
3 spicchi d'aglio (o meno se così preferite)
acqua q.b.
il succo di una arancia

Procedimento:
las carnitas si fanno con i tagli meno raffinati del maiale, fondamentalmente le parti di scarto o quasi, quelle di carne intrecciata al grasso per intenderci o quelle parti tipo le orecchie o il codino.

Senza andare troppo sul difficile o l'esotico, basterà usare coppa, posteriore, guanciale e/o pancetta. Nella foto sopra vedete un trancio di coppa. Si tagli in cubetti di circa 4-5 cm di lato, quindi abbastanza grossi e si mette in una pentola d'acciaio o, avendola, meglio ancora se di rame.


Si aggiunge un po' di strutto, il sale, l'aglio, il succo d'arancia, lo zucchero e si copre appena d'acqua e si fa cuocere a fuoco basso e coperta finché la carne è ben cotta (45 min - 1 ora), dopo di che si scopre e si alza a fuoco medio per far evaporare l'acqua. Man mano che il livello del liquido cala sarà necessario mescolare sempre più frequentemente, senza lasciar attaccare la carne al fondo.


La carne praticamente finisce per friggere nel proprio unto e quando avrà assunto un colorito dorato, si scola.

A quel punto sarà opportuno avere pronte tortillas calde, cipolla tritata, coriandolo fresco tritato e salsa taquera verde o rossa, a seconda dei gusti.

L'ultima volta ho trovate della salsa taquera verde non malvagia e autenticamente messicana al Carrefour, se no esiste sempre la possibilità di rifornirsi via internet da Castroni o, per chi sta nelle vicinanze, da Tlaloc a Torino o, quando ce l'hanno, al Mercato Latino a Bologna.



In basso a destra, un chile serrano appena colto dalla piantina, quello purtroppo non si trova a meno che ve lo coltiviate in balcone.

mercoledì 17 giugno 2009

Ranch market ovvero il mercato messicano di Phoenix

Oggi le zie d'America hanno mantenuto la loro promessa e ci hanno portato al Ranch Market, il "mercato messicano" di Phoenix, Arizona.


Questo è uno dei vantaggi di essere turista anomalo, si possono visitare posti che difficilmente fanno parte dei tragitti turistici normali.
Pensavo fosse un supermercato specializzato e invece sembrava quasi di essere al mercato di Coyoacán o a quello di Guanajuato, un luogo pazzesco, per me sublime, dove c'è (quasi) tutto quel che un innamorato della cucina messicana di strada può sognare di trovare.

All'ingresso veniamo subito folgorati dai profumi della panadería:
conchas, cuernitos, bolillos, teleras, cubiletes, bisquets, empanadas, orejas, banderillas, chilindrinas, ecc.



C'è il chiosco della frutta, con le imperdibili aguas de fruta fresca, di melone, anguria, mango, papaya, ananas, horchata, jamaica, banana e frutta fresca a volontà.
C'è una tortilleria vera, dove fanno tortillas di mais fresco, cioè di masa, non di maseca come siamo costretti a fare noi...

Varie taquerias, per tutti i gusti, mariscos, carne asada al carbòn, guisados, ecc.

Naturalmente non mancava il vero chicharròn, appena fritto, con tutto il corredo di carnitas, ossia le parti meno nobili del maiale fritte nello strutto, una vera delizia, a cui non abbiamo potuto resistere.


Poi assaggi gratuiti di formaggi, salse, insomma, l'eldorado del messicano naturalizzato nostalgico, come mi sento io, se già non fosse chiaro.


E naturalmente anche il supermercato con tanti chiles, frutta e verdura tipiche e prodotti inscatolati di ogni genere.

Tamarindo fresco e piloncillo, nella foto sopra.
Stecche di cannella a volontà.

Perfino gli introvabili huazontles o huauzontles, cioè i germogli freschi di amaranto.
Insomma, dopo aver fatto incetta delle cose trasportabili in valigia, ci siamo seduti nei tavoli del "self-service" alla messicana, a prepararci i tacos personalmente.

Taco de chicharrón con salsa verde, cilantro y cebolla (foto sopra).

Taco de carnitas, con frijoles refritos y salsa taquera roja (foto sopra).

Taco de buche, l'esofago del maiale (foto sopra).

Chicharrón con salsa, uno dei cibi di strada piú comuni.

Limoni verdi messicani, grandi come una noce, ma molto sugosi.

Selezione di birre messicane: Cerveza Sol, Bohemia, Dos Equis, Tecate, Modelo Especial, Negra Modelo, Pacifico y Corona.

Il reparto macelleria con la cecina de res (foto sopra), che si prepara al barbecue o alla piastra, sia al naturale sia nella versione enchilada.

La testa di mucca intera in offerta... (uno, due, tre, cheese!). Questa ignoro come si cuocia.

Le tipiche bibite messicane alla frutta.

Inspiegabilmente mi sono dimenticato di fotografare il chiosco dei succhi di frutta, la tortilleria e ho scattato una foto inguardabile al reparto peperoncini.

Toccherà di tornare al ranch market per rimediare.

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