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venerdì 22 agosto 2014

Fare il pane ferrarese, in casa

Dopo ripetute infornate, mi ritengo soddisfatto della mia imitazione del pane ferrarese, il pane cosiddetto di pasta dura.

Il pane ferrarese nel formato pagnottina, si presta a questo tipo di peccati
Ingredienti per 16 panini da 80g circa:
1Kg di farina tipo 0
350ml di acqua
100g di lievito madre al 80% di idratazione
60g di strutto
35g di olio extravergine di oliva
20g di malto d'orzo
16g di sale


Procedimento:
Dato che il pane ferrarese è stato il primo pane ad ottenere il marchio IGP, esiste una cosiddetta disciplinare che spiega come va fatto. In casa dove magari l'attrezzatura non è di livello professionale, bisogna procedere in alcuni casi a mano, il risultato mi sembra comunque buono.
Consiglio vivamente l'uso dell'impastatrice perché il pane di pasta dura da impastare a mano è veramente faticoso, ne sapevano qualcosa le nostre nonne e nonni emiliani e lombardi che utilizzavano uno strumento chiamato "gramola" (in dialetto "grama") per aiutarsi e che potete vedere in questo articolo scritto dall'amica Ivana.

Dato che questa volta avevo a portata di mano un lievito madre abbastanza valido, ho deciso di utilizzarne una parte come prescritto.
Se il lievito madre non è particolarmente vivace, potete aggiungere anche 10g di lievito di birra fresco, se il lievito madre è profumato, darà comunque un sapore migliore al pane. Il lievito madre deve avere un odore gradevole, vagamente di yogurt, il sapore leggermente acido, se così non è, non utilizzatelo.

Dissolvete il lievito madre nell'acqua appena tiepida assieme al malto, poi impastate con tutti gli altri ingredienti per circa 15 minuti (a macchina) o anche più se a mano (auguri!), fino ad ottenere un impasto liscio.

A meno che abbiate anche una sfogliatrice, dovrete rullare l'impasto a mano, conviene quindi suddividerlo in quattro porzioni e stenderle una per volta col mattarello, ripiegandola diverse volte su se stessa.
Infine suddividete ulteriormente in 4 parti, per ottenere un totale di 16 panini del peso di poco superiore agli 80g.

Il panino, si ottiene arrotolando la sfoglia che avrà uno spessore di circa 1 cm.
La lievitazione avviene dopo la formatura.
Io dopo circa un'ora pratico un taglio sulla sommità, come nella foto sottostante, per ottenere la tipica forma a "bauletto".

La formatura della vera coppia ferrarese è più complessa e siccome il pane risultante è più asciutto, non lo amo particolarmente come formato.

A metà lievitazione, effettuo il taglio
Ultimata la lievitazione, quando i panini avranno assunto la caratteristica forma finale, si infornano a 170 gradi nella parte inferiore del forno (ma non sul fondo!), in teoria dovrebbero cuocersi ricevendo il calore solo dal basso, ma nei forni di casa diventa difficile senza rischiare di bruciare la parte sottostante.

panini ferraresi tipo "bauletto" appena sfornati

La cottura dura all'incirca mezz'ora, a seconda che il pane piaccia più o meno colorito. C'è chi preferisce i panini appena poco più che bianchi e chi li preferisce ben cotti. A questo giro li ho fatti ben cotti.
la mollica del panino è compatta e soffice, ideale per accogliere fette di salume
Questo pane si presta molto bene ad essere surgelato non appena raffreddato, chiuso in sacchetti di plastica. Scongelato e riscaldato in un fornetto torna praticamente perfetto.

lunedì 2 marzo 2009

Quer pasticciaccio brutto de via... Nonantolana

Chi abita da queste parti sa che la Nonantolana è la strada statale che porta da Modena a Ferrara o viceversa, passando appunto per l'antico paese di Nonantola, di cui potete vedere alcune foto sul blog di Ivana, la cui abbazia, ai tempi di Matilde di Canossa, era di primaria importanza.


Su questa strada tra il '500 e il '700 i duchi Estensi se la davano a gambe quando le truppe nemiche d'un certo peso s'avvicinavano a Modena e lasciavano le "chiavi di casa" in mano a qualche fiduciario come i nobili Rangoni ad esempio e da questa innata bellicosità della corte Estense nacque il pragmatico detto popolare "O Franza o Spagna, basta c'as magna!".
Quando le acque si calmavano, gli Estensi tornavano in città ripercorrendo la via nonantolana in senso contrario e si facevano raccontare dai Rangoni com'era andato l'assedio.

Questa premessa pseudostoriografica era necessaria per spiegare lo stravolgimento del titolo di un famoso libro di Carlo Emilio Gadda, che ho preso a prestito per illustrare i miei "successi" gastronomici di ieri, giorno in cui mi ero finalmente risoluto a preparare il prelibatissimo pasticcio ferrarese, tenendo appunto presente il sottile filo d'asfalto che collega il sontuoso Palazzo Ducale di Modena al castello estense di Ferrara.

Forse perché non era giornata, forse perché ad un certo punto l'erede ha pensato bene di ingollare una biglia d'acciaio, insomma, il pasticcio ferrarese non è uscito esattamente come volevo io, è venuto più che altro un mezzo disastro alla modenese, ma certamente me ne ricorderò a lungo, grazie soprattutto alla prodezza del fachiro in erba.

Il mio entusiasmo per il pasticcio ferrarese rimonta all'estate scorsa, quando ne mangiai uno monoporzione proprio a Ferrara nell'osteria "al Brindisi", taverna di antichissima tradizione, scegliendo sul menu uno degli "itinerari gastronomici" proposti.
In seguito, cercando il pasticcio sul web, avevo trovato questo bell'esemplare creato della signor(in)a Frabattista che mi aveva ancor più entusiasmato.

Purtroppo durante la cottura la mia cupola brunellesca s'è afflosciata inopinatamente, producendo un pasticcio nel senso letterale del termine anziché una mirabile semisfera degna del Pantheon.

Per la frustrazione ho pensato di dedicarmi ad altro, una focaccia pugliese, dove le sublimi geometrie architettoniche tridimensionali non sono richieste e ci si accontenta della più comoda realtà a due dimensioni. Prossimamente su questi schermi.

Chi nonostante tutto volesse cimentarsi, sappia che con queste proporzioni combinerà sicuramente un bel pasticcio, bruttarello a vedersi, ma comunque di buon sapore.
Solo un mezzo disastro, via.

Ingredienti per la pasta frolla:
400g di farina
150g di burro
100g di zucchero fine
1 uovo
1 tuorlo (per decorazione, opzionale)
2g di vaniglia (1 bustina)
latte q.b.
mezzo cucchiaino di lievito istantaneo
due pizziconi di sale

per il ragù:
150g di carne macinata di vitello
150g di carne macinata di suino (oppure pesto per salsiccia)
durelli di pollo e/o fegatini (opzionale)
1 chiodo di garofano
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla media
10g di porcini secchi (se no grattatina di tartufo...)
30g di burro
mezzo bicchiere di vino bianco

per la besciamella:
200ml di latte
200ml di acqua
40g di farina
40g di burro
noce moscata q.b.
sale q.b.
pepe q.b.

per la pasta al ragù:
250g di pasta corta
una manciata di parmigiano reggiano


Procedimento:
Si comincia preparando il ragù, anche qualche giorno prima volendo. Per prima cosa mettete in ammollo i funghi secchi un'ora prima e anche più. Poi tritate finemente carota, sedano e cipolla e in una pentola di coccio preparate il soffritto con il burro, sfumando con il mezzo bicchiere di vino bianco dopo circa 5-6 minuti. Aggiungete anche il chiodo di garofano pestato. Mi piace molto cuocere il ragù in una pentola di coccio, perché conserva bene il calore e si può mettere il fuoco proprio al minimo. Aggiungete quindi la carne macinata, compresi i durelli e/o i fegatini se vi piacciono, mescolando bene e facendola rosolare per bene, quindi aggiungete i funghi tritati con la loro acqua filtrata in un colino. Quando il ragù avrà preso il bollore, salate senza esagerare.

Aggiungere brodo o acqua fino a coprire e lasciar cuocere per 5-6 ore coperto, col fuoco al minimo, poi assaggiate aggiustate di sale.
Preparate la pasta frolla impastando prima l'uovo con lo zucchero e poi aggiungendo la farina, il sale, la vaniglia e un pochino di lievito istantaneo. Aggiungete il burro a temperatura ambiente e impastate bene. Allungate con un goccio di latte, poco alla volta, dovete ottenere un impasto consistente, non attaccaticcio. Mettere da parte l'impasto al fresco prima di stenderlo. Dopo un paio d'ore prendere la pasta frolla e ricavate dei dischi.
Ricavate sempre due dischi alla volta, uno più grande ed uno un po' più piccolo che servirà da base. Coprite con dei panni la pasta frolla, mentre cuocete la pasta e preparate la besciamella.
Io ho usato della pasta corta, ma credo ci stia bene anche pasta tipo gli ziti teoricamente. tanto poi si taglierà il pasticcio a spicchi, quindi non vedo perché stare a sottilizzare, basta che sia pasta bucata, non spaghetti o farfalle, ecco. La pasta andrà scolata al dente, 2 minuti prima del tempo di cottura e andrà condita con il ragù e del parmigiano reggiano grattugiato. Nel mentre preparate la besciamella, facendo prima soffriggere il burro e appena inizierà a sfrigolare versate la farina, mescolando bene. Quando il composto inizierà a schiumare, aggiungete un po' alla volta il latte allungato con l'acqua, lasciandone circa un quarto del totale nel recipiente. Salate leggermente e continuate a mescolare a fuoco medio finché la besciamella inizierà a rapprendersi. Grattateci dentro un po' di noce moscata e di pepe nero. Quando la besciamella sarà cremosa, aggiungete il rimanente liquido, deve risultare della consistenza di una pappetta, non essere solida come un budino.
A questo punto se avete il tartufo come previsto dalla ricetta tradizionale del pasticcio ferrarese, credo lo si possa aggiungere indifferentemente alla besciamella o sopra alla pasta, alla fin fine sempre nello stesso posto andrà a finire. Non avendolo, non mi sono posto il problema :-)

Unite la besciamella alla pasta condita col ragù e cominciate a disporla sui dischi, in modo da formare una cupola. Coprite la cupola con il disco più grande ed aiutatevi a sigillare il tutto con un bordo di pasta frolla (vedi foto).

Potete decorare la cupola con dei ritagli di pasta frolla della forma desiderata, sicuramente sarete più efficaci di me. Spennellate di uovo allungato con un goccio di latte se volete l'effetto lucido e rosso vivo. Infornate a 180 gradi per 30-40 minuti, regolandovi col colore della pasta e con il profumo.
Insomma, d'aspetto non è venuto il granché, ma il pasticcio ferrarese era decisamente buono.

Magari lo rifarò più avanti per festeggiare l'espulsione della biglia d'acciaio.
Vai tu a capire i gusti di questa gioventù d'oggi, mah!

sabato 16 agosto 2008

Torta tenerina di Ferrara

Durante la mia ultima incursione a Ferrara, Fréra per i modenesi, Frara per i mantovani, non ho potuto esimermi dallo scofanarmi una fetta del tradizionale pampepato. Nella medesima pasticceria però facevano bella mostra di sé svariate tortine al cioccolato e il dubbio mi ha continuato a divorare, finché un giorno, armato di google, gugól per i modenesi, gügol per i mantovani, sono partito alla ricerca della ricetta di questa misteriosa quanto energetica torta ferrarese.


Non ci è voluto molto per scoprire che i ferraresi vanno molto fieri di quella che essi chiamano, chissà perché, torta tenerina...
Le nobili origini di questa ricetta risalgono, a quanto si legge, ai primi del '900 ed è un peccato che non sia sopravvissuta la denominazione di torta tacolenta, un nome certamente più evocativo e dialettale.
Artefice della ricetta presa ad esempio, la signorina Gata da plar, ferrarese da esportazione, la quale si è subito mostrata entusiasta all'idea di fornire la sua ricetta.


Ingredienti:
200g cioccolato fondente extra
100g burro
75g zucchero
3 uova medie
2 cucchiai di farina
vaniglia (opzionale)
un pizzico di sale
zucchero a velo q.b.
cacao amaro q.b.

Procedimento:
sbriciolare la cioccolata in un pentolino e scioglierla a bagno maria e quando è fusa aggiungere il burro a temperatura ambiente. Mescolare bene e far raffreddare mettendo il pentolino a bagno in acqua fredda. In una ciotola capiente montare i tuorli d'uovo con lo zucchero, la vaniglia e infine aggiungere i cucchiai di farina. A questo punto conviene accendere il forno portandolo a 180 gradi.
Montare gli albumi con un pizzico di sale, devono diventare belli sodi. Incorporare la cioccolata alla crema, mescolando bene. La cioccolata fusa deve essere appena tiepida. Infine unire le chiare un po' alla volta, mescolando con movimenti costanti dal basso all'alto, cercando di far smontare il meno possibile le chiare.
Il composto finale deve risultare liscio, abbastanza consistente, non liquidissimo e sarà necessario stenderlo a mano per dargli un aspetto uniforme.


Se usate una teglia di alluminio di quelle "usa e getta" non dovrebbe nemmeno essere necessario imburrare e infarinare, ritagliando i bordi del contenitore dovreste essere in grado di sformare la torta senza troppi problemi. Io comunque il fondo di alluminio l'ho lasciato, inutile rischiare di rompere la torta.

A proposito di teglie, non ho trovato riferimenti specifici alla dimensione della teglia, io ne ho usato una da 26cm di diametro, ottenendo una torta piuttosto sottile, un dito scarso di altezza, forse sarebbe stato meglio usarne una più piccola?
Insomma, la torta tenerina perfetta quanto deve essere spessa?
Da alcune foto sembra alta anche 1 dito e mezzo in altre invece è come la mia.


Di fronte a questi dilemmi, non resta che rifarla e vedere la differenza!

Per la guarnizione potete sbizzarrirvi a piacimento, secondo costume pare ci voglia lo zucchero a velo o il cacao amaro o tutte e due. In questo caso potete mostrare le vostre doti di decoratori usando stencil e attrezzi vari, io invece sono una schiappa e ho usato quel che avevo, una griglia per raffreddare le torte sulla quale ho spolverato il cacao amaro dopo aver imbiancato la superficie con lo zucchero.

E brava Gata da plar!

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