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venerdì 30 dicembre 2011

C'era una volta il fiapón

Quando la povertà regnava sovrana nelle campagne mantovane (e non solo), si cercava di sopperire con la fantasia alla mancanza di ingredienti e il fiapón è una delle ricette tipiche di dolci di quei tempi di magra, a cavallo delle guerre mondiali, in cui si riciclavano obbligatoriamente anche gli avanzi di polenta, ammesso e non concesso che ce ne fossero.

fiapón, dulce de polenta típico de Mantua
Nella versione più spartana non erano prevista neppure l'uvetta, figuriamoci i pinoli, però siccome viviamo in tempi meno grami di allora, è lecito ingentilire il dolce con qualche parsimoniosa manciata di ingredienti nobili, ottenendo così qualcosa che ricorda i caldidolci, di cui già parlai a suo tempo.

Per chi volesse francescanamente optare invece per il dolce più povero in assoluto, consiglio di puntare allora sulla polenta fritta zuccherata, magari con una spolveratina di cannella, un lusso che forse ci si concedeva quando si aveva a disposizione lo strutto fresco ricavato dopo la frittura del grasso di maiale, cioè tipicamente dopo la rituale uccisione del nimál, come era consuetudine chiamare il maiale in campagna e di cui potete vedere un bel reportage fotografico sul sito della Gazzetta Gastronomica.

polenta frita con azúcar

Mia madre non faceva speso il fiapón, una parola dialettale mantovana che evoca qualcosa di floscio, di flaccido, ma quelle poche volte in cui lo faceva, veniva prontamente giustiziato da noi volontari di casa :-)
Per fortuna mia zia ogni tanto continua a cimentarsi e mi ha dato sommarie indicazioni, anche perché si tratta della classica ricetta da fare a occhio, visto che la quantità di polenta avanzata varia di volta in volta.

Ingredienti:
500g di polenta avanzata fredda o tiepida (circa)
2 cucchiai di farina
100g di zucchero
un pizzico di sale
scorza di limone grattugiata
una manciata di uvetta (opzionale)
qualche pinolo (opzionale)
15g di strutto per soffriggere

Procedimento:
ammollate per una mezzoretta l'uvetta (se vi piace) e poi unitela al resto degli ingredienti, impastando fino ad ottenere una massa abbastanza omogenea. Scaldate lo strutto in una padella di 20-22cm circa, poi versate il composto distribuendolo uniformemente.


Fatelo cuocere a fuoco moderato per almeno 20-25 minuti, poi occorre girare il fiapón sull'altro lato. Per fare ciò si può o agire tagliando il fiapón in 8 parti e girando ciascuna fetta, come dice di fare il Fraccalini, oppure fate come me, pigliate una seconda padella leggermente più larga della prima e girate il fiapón con un'abile manovra a 180 gradi, continuando la cottura per altri 20 minuti circa.
Se volete ricostruire l'atmosfera di quei tempi, dovete cuocere il fiapón su una stufa economica, quelle a legna con i cerchi di ghisa e il tubo di scarico che attraversava la cucina per scaldare l'ambiente con il suo calore.

Il fiapón deve risultare croccante esternamente e morbido all'interno e va mangiato tassativamente tiepido.
Questa ricetta la dedico all'amico Guidorzi, insostituibile guida delle tradizioni contadine mantovane, che sicuramente mi rimprovererà per aver infilato un po' di uvetta nel leggendario fiapón.

mercoledì 21 dicembre 2011

Verso l'infinitamente semplice e oltre: le meringhe nel forno a legna

Era da tempo che volevo fare le meringhe sfruttando il calore residuo del forno a legna, ma confesso di aver titubato a lungo e alla fine senza un motivo preciso, nonostante la mia amica Lucia avesse dimostrato senza ombra di dubbio che il pizza-party era in grado di sfornare meringhe di prima classe.

merengues con chocolate extra-amargo fundido

Un po' perché mi dimenticavo di prepararle, un po' perché a tarda ora uno vuole solo andare a dormire, un po' perché le meringhe sono tremendamente buone ma anche tremendamente caloriche, un po' perché avevo paura che venissero male, flosce se il forno si fosse raffreddato troppo velocemente o magari color marroncino come accade a volte quando le si fa nel forno elettrico senza i dovuti accorgimenti.
Invece, zacchete, al primo tentativo, meringhe perfettamente asciutte e bianche come neanche il bucato fatto con Dash.

Tutto questo per dire che il forno a legna sembra fatto proprio per produrre le meringhe perfette e a costo zero (o quasi), ideali per riciclare gli albumi rimasti, grazie al calore che diminuisce a poco a poco, mantenuto dai mattoni refrattari, per cui infornate per ultime, ci si dimentica di esse fino alla mattina successiva senza dover muovere nemmeno il dito mignolo.

Più facile di così, neache l'uovo sodo.

Ingredienti:
110g di albume (da 3 uova grandi)
150g di zucchero semolato
qualche goccia di limone
vaniglia a piacere o altro aroma

Procedimento:
si montano gli albumi a neve fermissima, spremendo qualche goccia di limone, poi si aggiunge lo zucchero un po' alla volta (lo zucchero nelle meringhe varia da un minimo del 100% al 200% del peso degli albumi, io sono rimasto intorno al 140%) e si continua a sbattere finché gli albumi non diventano belli lucenti e compatti da formare le famose punte acuminate, quelle punte che si vedono nelle fotografie perché gli albumi sono rimasti esattamente della forma in cui sono stati versati nella leccarda prima di entrare in forno.
A quel punto potete usare o un cucchiaio come ho fatto io se non vi importa molto la forma, oppure con una tasca da pasticcere le fate tutte belle precisine e con gli effetti speciali :-D

merengues saliendo del horno apagado en la mañana
 Alle 11 e mezza di sera io l'unico effetto speciale che volevo vedere era lo spegnimento della lampada...

Ripescate la mattina dopo, ho piacevolmente constatato che il forno a legna aveva adempiuto al dovere ed aveva essicato le meringhe perfettamente. Ovviamente durante la notte va tenuto chiuso lo sportello anteriore e anche il caminetto, se no il caldo esce troppo alla svelta.


Per attenuare i sensi di colpa, ho pensato che un po' di cioccolato 80% cacao extra amaro avrebbe potuto smorzare un po' l'eccesso di zucchero, anche se ho sentito molto la mancanza di una scodella di panna montata a corredo.

Amen.

lunedì 21 novembre 2011

Pappardelle ai funghi e zucca per una domenica vecchio stampo

Ieri mattina mi sono svegliato con una sana voglia di riprendere in mano il mattarello e di mettere a frutto le centinaia di masterclass gratuite che a suo tempo mia madre mi diede alla domenica mattina, quando tipicamente pigliava fuori 10-12 uova dal frigo e si divertiva a preparare la sfoglia, che poi si sarebbe trasformata in tortelli, ravioli, maltagliati, tagliatelle, pappardelle, eccetera, a seconda delle occasioni.

pappardelle ai funghi porcini e zucca

In effetti in questi ultimi dieci anni ho tirato molto raramente la sfoglia a mano, eppure è tra le cose che ho imparato a fare abbastanza presto, quando imploravo mia madre di lasciarmela stendere al posto suo, finché non provocavo qualche disastro involontariamente e venivo rimandato in tribuna ad assistere. Non per niente il "quando cucino io, scansatevi" l'avevo comprato per mia madre.

Insomma, armato di questa inspiegabile voglia di preparare la sfoglia, che poi in mantovano si dice virilmente al sfoi, con il proposito poi di trasformarne parte in pappardelle ai funghi porcini secchi e la rimanenza in maltagliati da usare in seguito, ho impastato 4 uova, una dose modesta ma giusta per una bella sbafata domenicale di pasta fatta a mano.

Ingredienti per la sfoglia:
400g di farina tipo 00
4 uova
un pizzico di sale

Ingredienti per il condimento:
150g di zucca cotta
30g di funghi porcini secchi (pesati prima dell'ammollo in acqua tiepida)
30g di burro
due spicchi d'aglio piccoli o uno grande
un quarto di cipolla piccola
una bacca di ginepro
3 foglie di salvia
pepe nero macinato al gusto
noce moscata q.b.
mezzo bicchiere di vino bianco
parmigiano grattugiato al gusto


Procedimento:
Non mi vogliate male, ma è inutile dare istruzioni scritte su come fare la sfoglia a mano. Bisogna vederla fare e poi provare. Se preferite usare la macchina della pasta, che ho pure io, avrete la mia benedizione comunque, altrimenti pasta all'uovo comprata, prometto che non lo dirò a nessuno ;-)

masa para pasta fresca de huevo, lista para extender con el rodillo

pasta fresca de huevo al estilo italiano (formato pappardelle)
Diciamo quindi che le pappardelle all'uovo siano pronte, i funghi già ammollati, la zucca già cotta. Fate un soffritto a base di burro, aglio e cipolla tritata molto finemente. Quando la cipolla è imbiondita, versate i funghi che nel frattempo avrete tritato leggermente. Fateli saltare per qualche minuto, poi aggiungete la polpa della zucca schiacciata con la forchetta, infine aggiungete il vino bianco. In seguito, aggiungete le foglioline di salvia sminuzzate, la bacca di ginepro triturata, una leggera grattata di noce moscata, pepe nero macinato. Correggete di sale ed aggiungete un po' di liquido, se avete del brodo tanto meglio, ma sempre poco alla volta, il condimento non dev'essere liquido, ma nemmeno troppo denso altrimenti farete fatica a condire la pasta.
Mentre preparate il condimento, portate ad ebollizione l'acqua per le pappardelle, che non impiegheranno molto a cuocersi, 5 minuti circa, nel dubbio assaggiate per sentire la cottura.
Con la pasta fatta a mano c'è sempre qualche lieve irregolarità nello spessore, per cui è sempre meglio cuocere leggermente di più che meno (opinione personale).

pappardelle con hongos "porchini" y calabaza
Su questo tipo di pasta per me ci sta bene anche una spolverata di parmigiano grattugiato, anche se non è strettamente indispensabile.

martedì 15 novembre 2011

Ciambelline antidepressive

È un periodo un po' così, poca voglia di scrivere, poco tempo, poche soddisfazioni e allora scatta l'ormone antidepressivo che ti chiede il cioccolato, lo zuccherino e tutto ciò che serve per mandare giù le grane.

rosquita y rompope

Prendendo la ricetta delle ciambelline allo yogurt, ho tolto lo yogurt e ho messo un vasetto di polpa di zucca cotta a vapore.

rosquita de calabaza con chocolate y rompope

Poi siccome mi sembravano troppo poco anti-depressive, ci ho messo sopra la cioccolata fusa a bagnomaria e nel buco, prima di servire il rompope, fratello quasi gemello del comune vov. E dopo uno si sente meglio per forza... :-)

Per i minori di 8 anni invece ho puntato sulla coreografia (ma la coreografia è di mia moglie...)

rosquitas de calabaza para Halloween

Alla fine, tutti contenti.

venerdì 4 novembre 2011

Mattarello? No, grazie!

Non so per voi, ma per me questo fornaio indiano o pachistano, merita il nobel per la panificazione :-)



Se poi il pane sia roti piuttosto che chapati, questo non ve lo so dire, ma so per certo che nella cucina indiana e probabilmente anche pachistana (e zone limitrofe?) è molto comune vedere il cuoco che lavora seduto.
Evidentemente anche i fornai non scherzano...
Applausi comunque per la destrezza.

mercoledì 19 ottobre 2011

Pane alla zucca 2.0

L'argomento non è nuovo, ma almeno mi serve per uscire dal mutismo di quest'ultimo periodo, d'altra parte mi sono cimentato in ripetizioni di ricette già note e quindi era inutile battere sempre sullo stesso tasto.

pan de calabaza con pepitas

Anche il pane alla zucca è una vecchia conoscenza, ormai son passati 4 anni da quando ne scrissi, ma ora, grazie al fido forno a legna, è venuto ancora più buono e scenografico. Merito più del forno che della zucca, che mia madre avrebbe sentenziato inappellabilmente essere "strasa", nonostante che l'ottima venditrice al mercato l'avesse presentata come la migliore mai vista sulla faccia della terra.
A volte mi chiedo perché credo ancora alle venditrici di fumo del mercato.

Come spesso accade con la zucca, basta un aiutino di qui e uno di là e tutto sommato diventa commestibile. Visto che la materia prima non è risultata delle migliori, ho aggiunto un po' di zucchero, poco, giusto quel tanto perché non fosse totalmente insipida e qualche semino di zucca che rende sempre sfizioso questo tipo di pane.

Questa volta le dosi le ho dovute aggiustare al volo, perché essendo assai acquosa, a un certo punto ho dovuto aggiungere farina, se no a quest'ora stavo ancora a staccarmi la colla dalle mani...

Per tenere compagnia al pane di zucca nel forno, gli ho messo a fianco anche un pane accavallato tipo Altamura, che si è cotto a puntino nello stesso tempo.

pan de trigo duro de Altamura
Ingredienti:
750g di farina (circa)
400g di zucca cotta a vapore
100ml di acqua (circa)
50g di zucchero (solo se la zucca non è dolce)
30g di strutto
30g di semi di zucca puliti oppure semi misti
2g di lievito di birra
10g di sale

Procedimento:
tagliate la zucca a fette e cuocetela a vapore per una quarantina di minuti (nel dubbio infilate uno stecchino finché non attraversa la fetta da parte a parte senza incontrare resistenza). Quando è tiepida si scartate la buccia e pesate la quantità necessaria, poi riducetela in poltiglia con una forchetta.
Sciogliete il lievito con un cucchiaino di zucchero e poi diluitelo in una parte di acqua tiepida presa dal totale. Versate i tre quarti della farina (il resto si aggiunge secondo la necessità), la zucca, il sale, il lievito, lo strutto e impastate il tutto fino ad ottenere un impasto morbido e liscio. Se la zucca è buona non sarà necessario aggiungere zucchero extra, altrimenti dovrete regolarvi assaggiando.
Può darsi che dipendendo da quanto è acquosa la vostra zucca dobbiate aggiungere più o meno farina e più o meno acqua per ottenere la giusta consistenza. L'impasto deve essere morbido ma consistente e non appiccicoso.

pan de calabaza recién sacado del horno de leña
Mettete a lievitare l'impasto coperto fino al raddoppio. Dato che negli ultimi giorni la temperatura è scesa parecchio, mi ci sono volute quasi otto ore di lievitazione, ma preferisco usare poco lievito e lasciarlo lavorare in pace. Trascorso il tempo necessario, l'ho steso, ho aggiunto i semi di zucca che avevo precedentemente pelato, l'ho ripiegato tipo fazzoletto a quattro spicchi un paio di volte e poi gli ho dato forma di palla, per poi metterlo a lievitare una mezzora prima di infornarlo.

pan de calabaza
È rimasto in forno per circa 50 minuti, partendo da una temperatura di 280 gradi che è via via scesa a 200. Una volta sfornato, è rimasto a riposo fino alla mattina dopo. La crosta era croccante, la mollica morbida e profumata, ben si sposa con le marmellate di agrumi caserecce.

lunedì 26 settembre 2011

Kourabiedes - Κουραμπιέδες

Con imperdonabile ritardo, oggi si parla per la prima volta di cucina greca e in particolare di un tipo di biscottini meravigliosamente buoni, tipici del periodo natalizio, i kourabiedes (Κουραμπιέδες).

kourabiedes de nuez de Castilla

Dico imperdonabile ritardo perché sono almeno 2 anni che volevo pubblicare una ricetta greca, visto che adoro questo tipo di cucina, ma per qualche motivo è sempre mancata l'occasione.

Il nome kourabiedes deve essere di derivazione araba (o viceversa?) perché ad esempio in Marocco esistono dei biscottini fatti con ingredienti assai simili chiamati ghoriba, di cui una versione rimasta a livello di bozza giace da tempo immemore nei miei scaffali virtuali.

Sia come sia, i kourabiedes originali li ho potuti assaggiare grazie a mia moglie che me li ha portati dalla ridente isola di Samos (le isole sono sempre ridenti per definizione, ma nel nostro caso specialmente visto che i 2/3 della famiglia sono andati là gratis grazie ad una combinazione cosmica di eventi).
Isla de Samos, Grecia
Insomma, per non farla troppo lunga, a Samos questi biscottini li preparavano per far contenti gli ospiti dell'albergo e mia moglie è rimasta affascinata, così ho iniziato a vedere un po' di ricette. Alla fine ho scelto di fare come prima volta la versione alle noci anziché quella alle mandorle, per il semplice motivo che di mandorle non ne avevo e l'ultimatum di mia moglie scadeva domenica sera. In compenso ho usato l'ouzo greco originale che mia moglie ha saggiamente comprato prima di tornare.

Si tratta di una ricetta assai facile e veloce, per cui non avete scuse. Siccome avevo il forno a legna caldo, li ho cotti lì dentro con l'ultima infornata, dopo di che mi sono catapultato a letto perché dopo 10 ore da fornaio ero cotto anche io!



Procedimento:
montate il burro a spuma, aggiungete un po' alla volta la farina, le noci macinate finissime, lo zucchero a velo e il pizzico di sale, il tuorlo d'uovo, un mezzo bicchierino di ouzo e per ultimo una punta di cucchiaino di lievito. Amalgamate bene e lasciate riposare una mezzora. Formate delle palline di circa 2cm di diametro e disporle su un vassoio da forno infarinato leggermente o coperto con carta da forno. Infornare per circa 12-14 minuti a 180 gradi. Ancora ben caldi, spruzzateli con acqua di rose (senza esagerare). Una volta raffreddati, cospargeteli di abbondante zucchero a velo. Come quasi tutti i dolci a base di frutta secca e burro, per me sono ancora migliori dopo qualche giorno passato dentro a un contenitore di latta, dove evidentemente maturano.

kourabiedes con azúcar glas
Se i vostri kourabiedes si scioglieranno in bocca lasciandovi un delizioso sentore di noci, allora saranno venuti perfetti. Prossimamente anche la versione alle mandorle.

venerdì 23 settembre 2011

Sontuoso caldo gallego y cocido

Nonostante il ritorno del caldo, ieri sera caldo gallego per tutti. La voglia di caldo (gallego) mi era venuta in Messico, a furia di a sentirlo descrivere in termini entusiastici da amici di famiglia di vecchia data, poi qualche giorno fa ho preso la ferale decisione davanti a un invitante trancio di prosciutto San Daniele con osso.

caldo gallego en su cunca
Il problema principale di queste ricette tradizionali è reperire gli ingredienti. Se in Italia già è difficile trovare del chorizo spagnolo, figuriamoci il lacón o l'unto gallego! Poi, girovagando su internet uno trova per fortuna un po' di notizie e ci si consola pensando che forse un buon gambuccio di San Daniele con tanto di osso potrebbe degnamente sostituire l'introvabile lacón, che dalle nostre parti viene trasformato in zampone, mentre la pancetta stagionata (non affumicata) può fungere da sostituto dell'unto. Per fortuna nel congelatore avevo dell'autentico chorizo regalato da un'amica e quindi nessuna sostituzione, ben venga l'originale!
Le verdure invece pare siano meno problematiche, sono arrivato alla conclusione che i grelos altro non sono che le nostre cime di rapa e le alubias sono i fagioli bianchi di Spagna, guarda caso.
Infine i garbanzos, ossia i comuni ceci, che ho preferito messicani, per amor di patria :-)
La combinazione di ingredienti è abbastanza personale, ho visto ricette dove aggiungono anche pollo o gallina e al posto delle cime usano le verze, io ho cercato di rimanere fedele anche ai ricordi di mia moglie.

Pare che il caldo gallego vada consumato nelle tradizionali ciotole dette cuncas. Io di così belle non ne avevo, ma in compenso ho servito il cocido gallego, l'equivalente del nostro carrello dei bolliti, su un bel piatto portato dal Messico, di ascendenza arabo-spagnola.

Mentre attendevo invano che mia moglie reperisse la receta de confianza, ho passato al setaccio internet e alla fine mi sono imbattuto nella ricetta di Pilar, con le sostituzioni già dette e con qualche variazione sulle quantità delle verdure che, del resto, pare siano ad libitum.

Ingredienti x 6 persone:
500g di gambuccio di prosciutto (sostituisce il lacón)
500g di costaiola di maiale (in Galizia usano quella salata)
50g di pancetta stagionata non affumicata (sostituisce l'unto gallego)
400g di cime di rapa (sostituisce i grelos, ma forse sono proprio uguali)
6 nodini di chorizo spagnolo, circa 300-400g
6 patate medie
250g di fagioli secchi bianchi di Spagna
250g di ceci secchi
2 foglie di alloro (solo per la cottura di ceci e fagioli)
sale q.b.

Procedimento:
preparare il caldo gallego non è difficile ma ci vuole un po' di tempo e un discreto assortimento di stoviglie. Ho cominciato due giorni prima mettendo in ammollo ceci e fagioli. Non che sia necessario aspettare tanto, ma per questioni di tempo ho dovuto preparare le cose a rate. Probabilmente si possono usare anche i ceci e i fagioli in scatola, ma qui lo dico e qui lo nego.
"pancetta stagionata" actuando como unto gallego
Durante la seconda tappa ho messo a dissalare il trancio di prosciutto per 4-5 ore, poi ho cambiato l'acqua e l'ho cotto per 3 ore. Contemporaneamente ho cotto anche i ceci e i fagioli, separati, in acqua salata, con l'aggiunta di una foglia di alloro che ci sta sempre bene.
grelos? en Italia "cime di rapa".
Il terzo e ultimo giorno, nel brodo risultante dalla cottura del prosciutto, ho bollito un pezzo di costaiola di maiale. Se avessi trovato le orecchie di maiale avrei aggiunte pure quelle come fa Pilar (anche se quelle che usa lei sono salate), ma il mio macellaio di fiducia ha bisogno di saperlo in anticipo per procurarle e così sono rimasto senza. La costaiola si cuoce in circa 2 ore, verso la fine ho aggiunto anche il chorizo che si cuoce tranquillamente in mezzora, poi ho spento. Pilar queste cotture le ha fatte nella pentola a pressione con conseguente riduzione dei tempi.
un trozo de jamón San Daniele actuando como lacón
Un'ora prima di servire ho iniziato a cuocere le patate (30 minuti circa) in acqua salata e dopo 20 minuti ho aggiunto le cime di rapa, foglie e germogli, togliendo i gambi. Infine ho cominciato ad assemblare i vari ingredienti nella pentola di coccio, prendendo un po' del brodo delle verdure, un po' di acqua di cottura dei ceci e un po' di quella delle carni. Ho aggiunto anche due fette di pancetta.
llenando la olla con los varios ingredientes y los diferentes caldos
Siccome non c'è una regola precisa sulle quantità di questo o di quel brodo, ho aggiunto un po' alla volta, assaggiando, finché non mi è sembrato buono ed equilibrato. Il brodo delle carni tenderà ad essere molto grasso, per cui vale la pena schiumarlo ed eliminare per quanto possibile la parte oleosa di superficie. Il profumo comunque è delizioso. Infine ho aggiunto un po' di tutti gli ingredienti per completare la messa in scena.
olla con el caldo gallego ya listo para comer
Quel che non entra nella pentola, si serve a parte, così ciascuno aggiunge quel che gli pare oppure si serve come piatto principale e allora prende il nome di cocido gallego, magari servendo il brodo solo con patate e cime di rapa in modo che non sia troppo pesante e rimanga spazio per i bolliti.
cocido gallego o mejor dicho, mi humilde imitación
Il cocido gallego come insegna Pilar si serve con un filo d'olio extravergine e una spolverata di paprika dolce, ma noi abbiamo preferito il piatto unico.
È un piatto veramente ricco ma non pesante da digerire, di fatto non si usano spezie e togliendo l'eccesso di grasso il brodo rimane comunque molto saporito e gustoso.

Se poi trovate qualcuno che lavi tutte le pentole al posto vostro è un piatto perfetto :-D

mercoledì 21 settembre 2011

Sarà questa la schiacciata di Seravezza?

Non ricordo neanche più perché a un certo punto mi sono ritrovato su una pagina promozionale dedicata alla schiacciata di Seravezza, in compenso ricordo molto bene che non ho potuto resistere alla voglia di prepararla nel mio fido forno a legna.


Le vacanze estive della mia infanzia felice devono aver riportato a galla il ricordo delle meravigliose schiacciate all'olio di Marina di Pietrasanta, che però apparentemente sono solo parenti alla lontana della schiacciata di Seravezza, che prevede tutta una serie di ingredienti abbastanza sorprendenti.

Piccolo ostacolo: le ricette che ho trovato erano abbastanza fumose, gli ingredienti comparivano sempre senza le quantità e senza nemmeno le proporzioni, ma noi non ci lasciamo certo spaventare da queste minuzie e dove mancano i dettagli sopperiamo con la fantasia e il naso :-)

Sia come sia, può darsi benissimo che la vera schiacciata di Seravezza sia diversa, ma questa ha riscosso un tale successo che difficilmente verrà abbandonata all'oblio.

Ingredienti:
400g farina tipo 0
100g farina di mais sottile
260ml di acqua tiepida
4g di lievito di birra
1 cucchiaino di zucchero
6g di sale
50g di lardo
4-5 ciuffi di rosmarino fresco
3-4 foglie di basilico
spicchio d'aglio

Procedimento:
sciogliete il lievito con lo zucchero e diluitelo con un po' d'acqua tiepida presa dal totale.
Mescolate le due farine, quella di mais se è da polenta va rimacinata per renderla più sottile.
Aggiungere sale, acqua e lievito e impastare per qualche minuto fino ad ottenere un impasto omogeneo.

la masa lista para la fermentacíon
Copritela e mettetela a lievitare fino al raddoppio. Occorrerà qualche ora vista la modesta quantità di lievito impiegata. Quando l'impasto sarà ben lievitato, rimettetelo nell'impastatrice e preparate il trito di lardo, aglio, rosmarino e basilico, che poi unirete all'impasto, lavorandolo una seconda volta.
machacado de tocino con ajo, romero y albahaca
Quando sarà ben amalgamato il tutto, ungete generosamente un vassoio da focaccia (il mio è da 30 cm) poi mettete l'impasto formato a palla a lievitare una mezzora, infine stendetelo per bene fino a coprire tutta la superficie, salate la superficie con un po' di sale fino e via a riposo per altri 30 minuti. Infine si fanno i buchi con le dita, si spruzza un po' d'acqua e si condisce con olio (alla maniera della focaccia genovese).
focaccia en el horno de leña, lista para sacarla
L'ho infornata per 10 minuti a 300 gradi scarsi, senza fiamma.
focaccia lista para comer
La fragranza di questa focaccia è incredibile per la presenza del battuto di lardo ed erbe aromatiche. Appena sfornata, ma lasciata riposare almeno 10 minuti, si presenta croccante all'esterno ma morbida all'interno, una goduria totale.
Se la surgelate appena si è raffreddata si conserva decentemente per qualche giorno, a patto di riscaldarla in forno prima di consumarla, ma la morte sua è mangiata subito, per le dotte ragioni che l'amico Alberto ha estesamente spiegato sul blog del Bressanini.
imitación de la focaccia de Seravezza por Tlaz
Visti gli ingredienti piuttosto corposi, la focaccia di Seravezza si gusta da sola, con un buon bicchiere di vino.
Può essere che la vera focaccia di Seravezza sia diversa, nel qual caso, prendete la mia ricetta come un affettuoso omaggio alla Versilia della mia gioventù spensierata.

sabato 17 settembre 2011

La bistecca alla fiorentina secondo Ghioldi

Ed eccoci qui, pronti (?) per affrontare le sfide del futuro, a dire il vero abbastanza incerto, dopo aver ricaricato le pile nella Madre Tierra, sperando che non si scarichino troppo velocemente.


Era mia intenzione ricominciare la solfa con una succulenta ricetta messicana ma la provvidenziale scoperta di un articolo di giornale all'ultimo minuto mi ha evitato di scrivere un sacco di fandonie per cui ho deciso di posticipare la pubblicazione dopo che avrò effettuato ulteriori prove e tanto vi basti per il momento :-)

Capita così che l'argomento in programma anziché essere misterioso dolce tipico regionale messicano, diventi improvvisamente una per niente misteriosissima bistecca alla fiorentina, che pure ha i suoi segreti se non vogliamo che diventi una suola di scarpa o per meglio dire di anfibio dell'esercito.
D'altra parte l'altro giorno avevo voglia di bistecca, ma proprio voglia di bistecca, così mi son detto: quasi quasi vado da quel macellaio che sta là e che sa il fatto suo e vediamo cosa mi propone.

Chi è il macellaio in questione è presto detto ed essendo un macellaio dei nostri tempi è dotato perfino di sito internet, il che non guasta perché potrete vedere dalle foto che si tratta di un personaggio sui generis, come vuole la miglior tradizione. Se c'è un candidato a diventare il mio macellaio di fiducia, il simpatico Ghioldi è candidato numero uno. Come vedete dalle foto sul suo sito, bovini, ovini e suini ricevono le sue affilate e affettate attenzioni, tant'è che sto già assaporando il momento in cui per qualche occasione speciale gli ordinerò un lechón o un cabrito da infilare nel mio fornetto a legna.

Insomma, entrato nel tempio della ciccia, come lo chiama il nostro sacerdote, ho capito subito che lì dovevo rimettermi umilmente al giudizio del celebrante, avendo io avanzato una richiesta assai improbabile, se non impossibile: una fiorentina da 400 miseri grammi con osso.
Il fermo ma benevolo scuotimento di capo del Ghioldi decretava inequivocabilmente che la mia era la classica domanda da pirla.
Senza ulteriori indugi mi mostrava due fiorentine da 900 grammi, stagionate 25 giorni, praticamente il peso minimo per poterla chiamare fiorentina.
E così sia, mi dia la bestia da 900g, non sia mai che mi arrendo senza combattere.

bisteck tipo "fiorentina"
Come vedete dalla foto sottostante, la bistecca era alta quasi due dita.
bisteck de dos dedos de grosor

Una volta deciso il mio destino gastronomico, il Ghioldi passava senza tante cerimonie a spiegarmi i tempi di cottura: 5 minuti su un lato, 5 sull'altro, sulla bistecchiera rovente. Per evitare sorprese mi fornisce persino un foglio con le istruzioni, che se fossimo in America intitolerebbero sicuramente "T-Bone steak for dummies".
Il foglietto in questione in effetti contiene informazioni interessanti per la cottura in generale, mai tirarla fuori dal frigo all'ultimo minuto, ma ben prima di cuocerla e anche specifiche per la cottura al carbone, laddove dice che una volta cotta su ciascun lato, è consigliabile metterla in verticale sulla griglia per altri 15 minuti. Non mancherò di provare alla prima occasione.

Siccome conservavo il ricordo di un'eccellente fiorentina gustata nella trattoria Altopascio a Milano, dove la servivano assieme a verdure arrostite miste, ho tirato fuori un peperone e mezza cipolla, in mancanza di meglio, e le ho fatte abbrustolire dopo averle unte sommariamente. Se avete alla mano zucchine e radicchio trevigiano, vi consiglio caldamente di aggiungere anche quelli.


verduras a la parrilla para tener compañía al bisteck

Nel mentre, sull'altro fuoco scaldavo la bistecchiera per non meno di dieci minuti a tutto gas, facevo la famosa prova del mercury ball point, come già visto a suo tempo e adagiavo sulla piastra rovente la bistecca sacrificale, facendo scattare il cronometro.

las rayas oscuras indican que hubo la reacción de Maillard

Dopo 5 + 5 = 10 minuti, la fiorentina era pronta come previsto dal guru, con le sue brave strisce abbrustolite ma non carbonizzate, come insegna il Bressanini svelandoci i misteri della reazione di Maillard. Una macinata di pepe fresco e sale, completavano l'opera.

el bisteck me gusta así
La carne era molto tenera, non al sangue, saporita, evidentemente merito della sapiente stagionatura oltre che della cottura a puntino.
la carne se puede cortar facilmente
La parte del filetto si poteva staccare con la forchetta e, infatti, si è staccata senza lasciare traccia :-)
Passo e chiudo.

PS: a cose fatte ho saputo che il simpatico Ghioldi, all'anagrafe si chiama in realtà Gianluca Zamboni.
Nomen omen, quasi!

giovedì 25 agosto 2011

Apoteosi dei buñuelos tabasqueños e nemesi finale

Il soggiorno in Messico volge al termine, anzi, ho potuto perfino usufruire di tre giorni extra rispetto alle intenzioni iniziali, ma domani, ahinoi, dovremo prendere l'aereo. Voglia di tornare in Italia? Indovinate un po'. Chi azzecca la risposta vince una cena a base di pizza nel forno a legna, spese di viaggio escluse :-D

buñuelo tabasqueño recién frito
Lamentazioni a parte, abbiamo approfittato dell'ultima opportunità per prendere lezioni di buñuelos tabasqueños, perché risulta che l'altra volta non erano venuti esattamente come dovevano venire e, dopo approfondite analisi comparative, si è scoperto che le dosi degli ingredienti erano errate. Sia come sia, abbiamo invitato Doña Quecha alla casa per tenere un master class sui buñuelos :-)

Ingredienti:
50g manteca Inca (o strutto)
125g farina
1 pizzico sale
4 uova
1 tazza d'acqua

per lo sciroppo
mezzo litro d'acqua
250g di zucchero di canna
3-4 foglie di fico fresche

Procedimento:
La parte più facile è la preparazione dello sciroppo di foglie di fico e questa l'avevo azzeccata anche l'altra volta...
Mettete mezzo litro d'acqua con 250g di zucchero a bollire e poi mettete le foglie di fico spezzate. In una ventina di minuti lo sciroppo sarà pronto.

cociendo la miel de hojas de higo

Mettere il grasso nell'acqua e portarlo a bollore in una pentola. Setacciare la farina e versarla a pioggia nell'acqua col grasso, mescolando vigorosamente con una spatola mantenendo acceso il fuoco.

disolviendo la grasa en agua
Sbattere l'impasto con la spatola finché non diventa ben sodo, lisco e si stacca facilmente dal fondo della pentola.


Doña Quecha trabajando la masa de buñuelos
Lasciar riposare l'impasto fino a che non diventa tiepido.
dejando enfriar la masa de buñuelo antes de poner los huevos
Aggiungere le uova una alla volta e amalgamare bene.
agregando huevos, uno a la vez
L'impasto risulterà molto liscio.
la masa después de agregar todos los huevos
A questo punto va lavorato con le mani con un movimento rotario per arricchirlo d'aria.


Nel mentre conviene iniziare a scaldare la pentola con abbondante olio. L'ideale è che ci sia sufficiente olio affinché le frittelle si girino da sole (nel video a un certo punto si vede un buñuelo che si capovolge quando raggiunge il punto giusto di cottura).



friendo los buñuelos

Quando i buñuelos assumono un colore ambra su tutti i lati, è ora di toglierli.

buñuelos tabasqueños recién sacados del sarten, adentro quedan casi vacíos
L'interno dovrebbe rimanere quasi vuoto e i buñuelos tabasqueños per questo assomigliano ai bignè.

buñuelos listos para comer, al ataque!
Quando la temperatura consente di prenderli in mano, si passa all'attacco, immergendoli nello sciroppo di fico.


Y mil gracias a Doña Quecha por venir a enseñarnos como se hacen los buñuelos tabasqueños de a de veras, nada de imitaciones!

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