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domenica 28 giugno 2009

Chilaquiles verdes estilo Bondi

Oggi vi toccherà uno dei piatti più caratteristici della colazione alla messicana, i chilaquiles.
I chilaquiles classici possono essere rojos o verdes, secondo il tipo di salsa che si sceglie.
Questa ricetta benché assomigli nell'aspetto a quella dei chilaquiles verdes, in realtà è una variante, perché il colore verde non viene dai tomatillos, ma dai chiles poblanos, che, fortunatamente, negli Stati Uniti si trovano abbastanza facilmente.

Questa versione è una imitazione di un piatto che servono in uno dei nostri ristoranti preferiti di Città del Messico, il ristorante Bondi, nella colonia Polanco, dove al sabato o alla domenica mattina non è difficile dover fare la fila per entrare.
Paradossalmente mentre l'anno scorso ovunque andassi vedevo chilaquiles sui menu di colazione di tanti ristoranti americani, quest'anno non li ho mai visti e quindi abbiamo deciso di farceli da soli.
La tentazione che può venire vedendo i chiles poblanos purtroppo irreperibili in Italia è quella di sostituirli con comuni peperoni verdi. Purtroppo la somiglianza è solo estetica, così come sostituire il sugo di pomodoro fresco con ketchup.

Ingredienti x 2-3 persone:
4 chiles poblanos grandi
8 tortillas
250ml latte
due spicchi d'aglio
mezza cipolla
due chiles serranos (opz.)
un dado da brodo di carne (niente per i vegetariani)
formaggio fresco per decorazione
olio di mais per friggere
sale q.b.

Procedimento:
per prima cosa si frigge la tortilla tagliata in triangoli. Di solito si usa la tortilla indurita del giorno prima, ma si può usare anche quella fresca eventualmente seccata "artificialmente", mettendola in forno a 100 gradi per una mezzora, meglio se ventilato. Se tagliate la tortilla in otto spicchi, otterrete dei perfetti triangoli della giusta dimensione.
In una padella mettete mezzo dito d'olio di mais e soffriggete l'aglio e la cipolla. Quando saranno dorati, ma non scuri, toglieteli e metteteli da parte, poi friggete i triangoli di tortilla un po' alla volta. Appena diventano dorati e croccanti, pescateli e metteteli a scolare da parte.

Terminata la frittura, si passa alla pulitura dei chiles poblanos, sulla fiamma. Si tratta di abbrustolire la pelle senza farla completamente bruciare, su tutti i lati, mettendo poi i chiles dentro ad un sacchetto di plastico chiuso, per facilitare il distacco della pelle bruciata esterna.
In questa fase sarà anche facile scoprire se i chiles poblanos sono più o meno piccanti.

Finita la pulitura, si frullano con il latte (o latte e panna se voleta una crema più robusta), l'aglio e la cipolla che avevate riservato dalla frittura precedente. Conviene assaggiare per accertarsi della piccantezza. Se la salsa risulatasse dolce, potete aggiungere qualche chile serrano o comune peperoncino verde piccante, secondo i gusti.
Allungatela con un po' di brodo di carne o dado sciolto in acqua e mettete la salsa sul fuoco a restringere.

Prima di servire versate la tortilla fritta per qualche minuto, così non rimarrà troppo dura, ma questo dipende anche dai gusti, se si preferisce che la tortilla sia ben croccante, conviene versare la salsa sopra i totopos, così si chiamano i triangolini di tortilla fritta, direttamente nei piatti.
A me piace che la tortilla sia ancora leggermente croccante e non completamente molle.

Guarnite ogni piatto con formaggio di tipo fresco, grattugiato, può andare anche l'asiago fresco, non stagionato.

La tortilla tende ad asciugare un po' la salsa, conviene quindi tenere la salsa non troppo densa, aggiungendo eventualmente un po' di brodo. Volendo potete accompagnare anche con frijoles refritos (magari con chorizo frito!), specialmente se le porzioni dovessero venire un po' scarsine, noi eravamo in cinque ma la dose dei chilaquiles era giusta per tre, sigh!

sabato 20 giugno 2009

Esquites asados

Oggi parliamo di uno dei miei cibi di strada preferiti. Si tratta veramente del cibo di strada per eccellenza perché non lo troverete mai in un ristorante.
Parliamo di esquites, ossia i chicchi di mais cotti alla piastra conditi con chile de arbol, epazote, limone e sale.


Gli esquites sono un tipico sfizio servito all'angolo della strada dalle venditrici indigene armate di fornelletto a carbone trasportabile. Devono anche essere uno dei cibi più antichi, vista la semplicità degli ingredienti, la cui origine forse risale al periodo precortesiano.
Esiste anche la versione bollita, ma a me è sempre piaciuta molto di più questa, alla piastra, così come ho visto fare tante volte dal venditore di pannocchie di fronte alla chiesa di San Juan Bautista a Coyoacán, al sabato pomeriggio.


L'unico vero problema di questa ricetta sono gli ingredienti: il mais bianco prima di tutto, da noi introvabile, ragion per cui quando l'ho visto al Fry's, una catena di supermercati molto nota qui in Arizona, l'ho comprato subito, con lo scopo esplicito di preparare esquites, finalmente, dopo due anni di astinenza. L'altro ingrediente praticamente impossibile da trovare, a meno di coltivarselo, è l'epazote, ma questo, al limite, si può omettere.


Assolutamente indispensabile invece il chile de arbol, un peperoncino allungato e sottile, non troppo piccante, che però assomiglia a certi peperoncini secchi del sud italia, anche se a differenza di molti peperoncini secchi italiani, non ha quella sfumatura quasi amara quando lo si mastica.

Ingredienti:
4 pannocchie
5-6 chiles de arbol
2 cucchiai di olio di mais
qualche rametto di epazote
limone
sale

Procedimento:
ricavare i grani del mais tagliando la pannocchia superficialmente. Questo lavoretto è un po' fastidioso perché i grani di mais ruzzolano dappertutto. Meglio tenere la pannocchia in verticale dentro ad un recipiente largo per limitare i danni... Se il mais ha la "barba", cioè quei fili quasi trasparenti, non gettateli, daranno un buon sapore.
In una padella larga, versare i due cucchiai di olio di mais, le eventuali barbe, il chile a pezzetti grossi, magari dopo aver tolto i semi se non lo volete che risulti troppo piccante. Poi versate il mais e mescolatelo frequentemente finché non sarà ben abbrustolito.

Prima di mangiarli, condire con un bel pizzico di sale e succo di limone spremuto, al gusto.

venerdì 19 giugno 2009

Cucina messicana a domicilio

Se avere i parenti sparpagliati in tante parti del mondo comporta alcuni inconvenienti, è vero anche che poter essere ospitati durante le ferie può essere un grande vantaggio.
Nel nostro caso la fortuna di avere le famose zie d'America, è fonte di grande gioia e ci consente di trascorrere un periodo a casa loro in grande rilassatezza.

Essendo però zie messicane naturalizzate americane, mi diverte molto rinfrescargli la memoria gastronomica preparando piatti messicani grazie al fatto che qui si trovano tutti gli ingredienti necessari molto facilmente e quindi mi posso togliere lo sfizio di fare piatti che in Italia mi concedo assai di rado a causa della cronica scarsità di materie prime.
Tra l'altro questo mi consente di sperimentare una vecchia idea, quella della cucina messicana a domicilio, che mi frulla in testa già da un po'...
Il primo piatto al quale ho pensato appena ho avvistato i pomodori verdi messicani al supermercato, i tomatillos, è uno dei miei preferiti, il pipián verde, la ricetta con la quale inaugurai questo blog quasi due anni fa.


Dato che si tratta di un piatto unico, rimane di solito un piccolo spazio per il dessert, un flan napolitano, tanto per andare sul sicuro, facile da fare e molto apprezzato dalle nostre due arzille zie.

Per il momento da Phoenix è tutto, ma altre cosa stanno già bollendo in pentola.

mercoledì 17 giugno 2009

Ranch market ovvero il mercato messicano di Phoenix

Oggi le zie d'America hanno mantenuto la loro promessa e ci hanno portato al Ranch Market, il "mercato messicano" di Phoenix, Arizona.


Questo è uno dei vantaggi di essere turista anomalo, si possono visitare posti che difficilmente fanno parte dei tragitti turistici normali.
Pensavo fosse un supermercato specializzato e invece sembrava quasi di essere al mercato di Coyoacán o a quello di Guanajuato, un luogo pazzesco, per me sublime, dove c'è (quasi) tutto quel che un innamorato della cucina messicana di strada può sognare di trovare.

All'ingresso veniamo subito folgorati dai profumi della panadería:
conchas, cuernitos, bolillos, teleras, cubiletes, bisquets, empanadas, orejas, banderillas, chilindrinas, ecc.



C'è il chiosco della frutta, con le imperdibili aguas de fruta fresca, di melone, anguria, mango, papaya, ananas, horchata, jamaica, banana e frutta fresca a volontà.
C'è una tortilleria vera, dove fanno tortillas di mais fresco, cioè di masa, non di maseca come siamo costretti a fare noi...

Varie taquerias, per tutti i gusti, mariscos, carne asada al carbòn, guisados, ecc.

Naturalmente non mancava il vero chicharròn, appena fritto, con tutto il corredo di carnitas, ossia le parti meno nobili del maiale fritte nello strutto, una vera delizia, a cui non abbiamo potuto resistere.


Poi assaggi gratuiti di formaggi, salse, insomma, l'eldorado del messicano naturalizzato nostalgico, come mi sento io, se già non fosse chiaro.


E naturalmente anche il supermercato con tanti chiles, frutta e verdura tipiche e prodotti inscatolati di ogni genere.

Tamarindo fresco e piloncillo, nella foto sopra.
Stecche di cannella a volontà.

Perfino gli introvabili huazontles o huauzontles, cioè i germogli freschi di amaranto.
Insomma, dopo aver fatto incetta delle cose trasportabili in valigia, ci siamo seduti nei tavoli del "self-service" alla messicana, a prepararci i tacos personalmente.

Taco de chicharrón con salsa verde, cilantro y cebolla (foto sopra).

Taco de carnitas, con frijoles refritos y salsa taquera roja (foto sopra).

Taco de buche, l'esofago del maiale (foto sopra).

Chicharrón con salsa, uno dei cibi di strada piú comuni.

Limoni verdi messicani, grandi come una noce, ma molto sugosi.

Selezione di birre messicane: Cerveza Sol, Bohemia, Dos Equis, Tecate, Modelo Especial, Negra Modelo, Pacifico y Corona.

Il reparto macelleria con la cecina de res (foto sopra), che si prepara al barbecue o alla piastra, sia al naturale sia nella versione enchilada.

La testa di mucca intera in offerta... (uno, due, tre, cheese!). Questa ignoro come si cuocia.

Le tipiche bibite messicane alla frutta.

Inspiegabilmente mi sono dimenticato di fotografare il chiosco dei succhi di frutta, la tortilleria e ho scattato una foto inguardabile al reparto peperoncini.

Toccherà di tornare al ranch market per rimediare.

lunedì 15 giugno 2009

Che ne dite se stamattina facciamo colazione in America?

Il titolo dice già tutto.
Trovandomi momentaneamente in Arizona, l'idea di iniziare la giornata con una ricca colazione all'americana mi alletta parecchio.


Oltretutto in questi primi giorni la giornata inizia parecchio presto, alle 5 siamo già svegli e pimpanti, ma per fortuna in America non è difficile trovare posti aperti 24 ore al giorno o comunque fin dalle prime ore del mattino.
Il primo giorno, con una discreta fame, abbiamo optato per Coco's Bakery, dove ho ordinato questi deliziosi pancakes ai mirtilli con bacon e uova fritte. I pancakes sono le frittelle per antonomasia dei cartoni animati Disney e del film "il monello" di Chaplin (a 3 minuti e 12 secondi dall'inizio del filmato).



Venire fin qui senza gustarsi un piatto di pancakes con il tradizionale bacon fritto sarebbe veramente imperdonabile.

Il terzo giorno invece abbiamo optato per una caffetteria in stile vagamente francese, il Mimi's Cafè, specializzata in omelettes.

Non ho potuto resistere a questa omelette fusion dal curioso nome Five Alarm Santa Fe, con chile jalapeño, cipolla, pomodoro, striscioline di tortilla e formaggio, con contorno di patate piccanti, una vera goduria.


E per finire, un prelibato muffin alle noci, appena sfornato.

In attesa di arrivare all'ora di pranzo, per il momento è tutto...

lunedì 8 giugno 2009

Flan napolitano

Tra i misteri più curiosi della gastronomia internazionale, c'è l'origine dei nomi di certe ricette. Ad esempio prendiamo il messicanissimo flan napolitano, già presente nei menù tradizionali a fine ottocento, con quel nome evoca una ricetta di origine partenopea, eppure dando un'occhiata alla storia di questo dolce, pare che Napoli non c'entri granché.

Sarà quindi di importazione francese visto che noi lo conosciamo come crème caramel?
A dar retta a quanto si afferma nella versione spagnola dell'articolo di wikipedia, l'origine del flan va fatta risalire addirittura all'impero romano, sebbene lo zucchero non fosse certamente presente, non l'avevano ancora "inventato", sostituito da miele e pepe. Sarebbero poi stati i francesi a sostituire il pepe con lo zucchero in epoca successiva al medioevo.
Insomma, alla fine dei conti rimane il mistero sul napolitano, Presidente della Repubblica, permettendo.
I lettori assidui di questo blog sanno già che i messicani hanno una certa passione per i flan, infatti mi sono deciso a mettere la ricetta più classica solo dopo aver già realizzato flan de piñones e flan de coco. Ma non è certamente finita qui.

Ingredienti:
750ml latte intero
1 tazza di zucchero (circa 200-225g)
6 uova
2 tuorli (più altri due se lo volete ancora più concentrato)
1 cucchiaino da caffè di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale

per il caramello:
100g di zucchero
qualche goccia di limone

Procedimento:
per prima cosa preparare lo zucchero caramellato versando quattro cucchiai di zucchero e alcune gocce di limone in un pentolino a fuoco moderato. Quando lo zucchero si sarà fuso assumendo un colore ambrato, spegnere e versare rapidamente in uno stampo della capacità di 1 litro almeno. Fatelo scorrere sui bordi prima che si solidifichi. Se si usa uno stampo di alluminio è più facile perché basta riscaldarlo sulla fiamma per rendere nuovamente liquido lo zucchero.
Approfittare anche per scaldare il forno a 180 gradi e la pentola d'acqua dentro alla quale va effettuata la cottura a bagnomaria. Ricordatevi di usare una pentola o una casseruola senza parti in plastica.

Dopo questa operazione sbattere le uova intere ed i tuorli con lo zucchero, un pizzico di sale e l'estratto di vaniglia, aggiungendo infine il latte. Versare il composto nello stampo e introdurre lo stampo nella pentola con l'acqua bollente, quindi dentro al forno.

La cottura dovrebbe avvenire in poco più di 45 minuti, in ogni caso la solita prova con lo stecchino dovrebbe fugare ogni dubbio, al limite aspettate qualche minuto in più.

Dato che il mio flan era a scopo di regalo, avevo una certa fretta di raffreddarlo, per cui una mezzoretta dopo averlo sfornato, l'ho messo a bagno in una bacinella con acqua e ghiaccio. Chissà come si chiama il raffreddamento per immersione, visto che quello caldo si dice bagnomaria, magari si potrebbe battezzare bagnogertrude, le nordiche come si sa non hanno paura di immergersi in acqua fredda, magari dopo la sauna.


Terminata la fase di raffreddamento coatto, si può passare il nostro flan dentro al comune frigorifero, dove riceverà il trattamento finale prima di essere scodellato sul piatto da portata.
Questa volta non c'è stato bisogno di immersione in acqua calda, è bastato staccare delicatamente la pellicina dal bordo, coprire col vassoio e girare rapidamente, una scrollatina neppure troppo vigorosa e voilà, il flan napolitano è pronto per essere degustato.

domenica 7 giugno 2009

Agua de Jamaica

Benché la coca-cola possa essere considerata la bevanda nazionale messicana e poco importa che sia d'importazione, tra le bevande più comuni nelle taquerias e nei ristoranti c'è sicuramente l'agua de Jamaica.


In Messico è consuetudine bere bibite dolciastre come accompagnamento alle vivande.
Quasi tutte si chiamano aguas, agua de Jamaica, agua de limón, agua de tamarindo, agua de orchata e via dicendo e se chiedete agua de Jamaica come bevanda da pasto nessuno si scandalizzerà, anzi, sembrerà una richiesta molto più comune di una bottiglia di vino.
L'agua de Jamaica altro non è che karkadè, cioè infuso di fiori di ibisco. In Italia il karkadè esiste sotto forma di bustine, vendute a caro prezzo, ma si trova anche sfuso a un decimo del prezzo in certe drogherie o erboristerie.


Questo per dire che se volete organizzare un pranzetto o una cena messicana suonerà più autentica una jarra de agua de jamaica che un fiasco di Chianti.

Ingredienti:
2 litri d'acqua
2 manciate di fiori di ibisco, karkadè o flores de Jamaica
100g di zucchero


Procedimento:
portare l'acqua ad ebollizione in una pentola, spegnere, versare i fiori e lo zucchero e coprire con un coperchio, lasciando in infusione anche un'ora. Lasciar raffreddare e filtrare prima di servire.
L'agua de Jamaica si beve fredda, eventualmente con aggiunta di cubetti di ghiaccio.

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