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lunedì 19 agosto 2013

Gnocco al forno alto e morbido, semplice o alle cipolle

Modena è la patria del famoso gnocco. Che poi sarebbe la versione locale della più nota focaccia, di cui esistono centinaia di varianti. Il vero modenese se ne infischia delle opinioni della Accademia della Crusca e non dice mai in pubblico "lo gnocco" bensì "IL gnocco". Sappiatevi regolare :-D

Gnocco alto con cipolle miste bianche e rosse
Se il gnocco è basso e asciutto si chiama stria. Se è fritto nello strutto, diventa il famigerato gnocco fritto, di cui esistono versioni simili sotto falso nome a est e ad ovest di Modena. Il gnocco alto e morbido a volte viene ulteriormente arricchito con greppole di prosciutto o pancetta fritte e allora diventa il gnocco ingrassato.

gnocco al forno semplice
Nella versione semplice, si degusta da solo, con il caffelatte oppure farcito con salume a piacere nel caso si desideri alzare ulteriormente il livello dei trigliceridi nel sangue. Se si viene colpiti da un improvviso senso di colpa, ci si rifugia nel gnocco con le cipolle, perché si sa che le cipolle fanno bene e depurano.

gnocco al forno semplice, alto e morbido

Ingredienti:
500g di farina tipo 0
50g di strutto
150g di acqua (oppure 175g se lo volete più umido)
150g di latte (oppure 175g se lo volete più umido)
3g di lievito
10g di sale
un po' di zucchero
sale grosso q.b. 
eventualmente una cipolla grande tagliata a fettine sottili

Procedimento:
sciogliete il lievito con una presa di zucchero e diluirlo in una parte di acqua presa dal totale. Impastate la farina con lo strutto morbido (a temperatura ambiente), l'acqua, il latte, il sale e il lievito precedentemente sciolto, fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo.

gnocco alle cipolle

Lasciatelo lievitare a temperatura ambiente fino al raddoppio, poi potete decidere se lasciarlo in frigo a "maturare" qualche ora (max 2 giorni) oppure reimpastarlo subito e disporlo in una teglia coi bordi alti per la cottura. In ogni caso prima di cuocerlo bisogna lasciarlo lievitare nuovamente nella teglia per qualche ora, ungendolo con un filo d'olio per evitare che si secchi la superficie.
All'ultimo momento, prima della cottura, si cosparge con un po' di sale grosso oppure di cipolle affettate e leggermente unte d'olio e leggermente salate.
Si cuoce a 200 gradi per circa 20 minuti sia nel forno tradizionale, sia in quello a legna. Il gnocco semplice delle fotografie è stato cotto nel forno elettrico, mentre quello alle cipolle nel forno a legna.

martedì 10 aprile 2012

Libera interpretazione in chiave messicana della focaccia lucana ai peperoni cruschi

Il titolo dice già tutto, quindi potrei anche fermarmi qui e rimandarvi direttamente alla bella pagina di Marjlou dedicata alla sua focaccia a libb'r a libb'r.

focaccia ai peperoni cruschi, segunda versión con chile pasilla y chile morita
E invece no. Perché io i famosi peperoni cruschi (chile rojo dulce seco de Senise, un pueblito del sur de Italia n.d.T) non sono mai riuscito a trovarli, è più facile trovare un chile habanero fresco a Modena che i peperoni di Senise, alla faccia della globalizzazione. Per cui, messo di fronte alla impellente necessità di fare questa bellissima focaccia per sopraggiunta inarrestabile salivazione, ho deciso di sostituire il fantomatico peperone crusco con un assai meno fantomatico peperoncino pasilla messicano, che spesso non è affatto piccante e infatti questo non lo era. In un secondo tempo ho invece provato con un ardito mix di chile pasilla e chile morita, quest'ultimo un peperoncino affumicato moderatamente piccante e il risultato mi è sembrato ottimo (prima foto in alto). Ne ho anche messo di più perché nella prima versione ero stato un po' scarso e la focaccia era venuta pallidina, anche se buonissima.

focaccia ai peperoni cruschi, prima versione
Questa focaccia arrotolata è stata proprio una bella scoperta e il fatto che Marjlou l'avesse cotta nel forno legna, mi ha stimolato a fare altrettanto nel mio fidato forno Pizza-Party.

Alla fine dei conti la mia non sarà la vera focaccia coi peperoni cruschi, per la quale vi rimando alla ricetta di Marjlou, ma una volenterosa variazione sul tema.

Ingredienti:
360g di semola rimacinata di grano duro
220ml acqua
8g sale
2g di lievito di birra
un cucchiaino di zucchero per il lievito
un cucchiaio di olio extravergine d'oliva

per la farcitura:
2 cucchiai di chile pasilla e/o morita macinati finemente (ci andrebbero i peperoni cruschi)
1 cucchiaino di origano
3 cucchiai di olio extravergine
due prese di sale


Procedimento:
La ricetta originale di Marjlou prevede l'uso del lievito madre. Avendo io destinato la mia modesta produzione di lievito madre alla consueta fattura del pane di semola tipo Altamura, ho dovuto ripiegare su un impasto lievitato con normale lievito di birra, seppure in quantità omeopatiche, con la solita dose di pazienza, che non guasta mai e rivedendo le quantità di farina e acqua per compensare.

Dopo aver sciolto il poco lievito con lo zucchero, diluitelo con un po' di acqua tiepida presa dal totale. Impastate la farina di semola con il sale, l'acqua tiepida, il lievito e l'olio fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Mettetelo a lievitare coperto a temperatura ambiente finché non triplica di volume (serviranno diverse ore, non meno di otto).

preparazione della focaccia ai peperoni cruschi
Stendete l'impasto a forma di rettangolo di circa 50 cm di lato, il mio copriva quasi tutto il tagliere. Spennellatelo con l'olio previsto per la farcitura e poi cospargetelo con l'origano, il sale e il peperoncino macinato, lasciandone una manciata per dopo.

la focaccia dopo la lievitazione
Arrotolate per formare un serpentone di pasta e poi giratelo su se stesso a mo' di chiocciola, poi spennellate d'olio e spolverate col rimanente peperoncino. Ho posizionato la focaccia su una piccola teglia coperta di carta da forno.

focaccia con chile pasilla en lugar del chile dulce de Senise
Infornate per circa 15 minuti a 280 gradi in forno a legna o per un tempo più lungo in forno tradizionale a 250 gradi.
Una volta sfornata va lasciata intiepidire, si mantiene benissimo per diversi giorni ed è ottima leggermente riscaldata, ma degustata lo stesso giorno è una discreta goduria.

mercoledì 21 settembre 2011

Sarà questa la schiacciata di Seravezza?

Non ricordo neanche più perché a un certo punto mi sono ritrovato su una pagina promozionale dedicata alla schiacciata di Seravezza, in compenso ricordo molto bene che non ho potuto resistere alla voglia di prepararla nel mio fido forno a legna.


Le vacanze estive della mia infanzia felice devono aver riportato a galla il ricordo delle meravigliose schiacciate all'olio di Marina di Pietrasanta, che però apparentemente sono solo parenti alla lontana della schiacciata di Seravezza, che prevede tutta una serie di ingredienti abbastanza sorprendenti.

Piccolo ostacolo: le ricette che ho trovato erano abbastanza fumose, gli ingredienti comparivano sempre senza le quantità e senza nemmeno le proporzioni, ma noi non ci lasciamo certo spaventare da queste minuzie e dove mancano i dettagli sopperiamo con la fantasia e il naso :-)

Sia come sia, può darsi benissimo che la vera schiacciata di Seravezza sia diversa, ma questa ha riscosso un tale successo che difficilmente verrà abbandonata all'oblio.

Ingredienti:
400g farina tipo 0
100g farina di mais sottile
260ml di acqua tiepida
4g di lievito di birra
1 cucchiaino di zucchero
6g di sale
50g di lardo
4-5 ciuffi di rosmarino fresco
3-4 foglie di basilico
spicchio d'aglio

Procedimento:
sciogliete il lievito con lo zucchero e diluitelo con un po' d'acqua tiepida presa dal totale.
Mescolate le due farine, quella di mais se è da polenta va rimacinata per renderla più sottile.
Aggiungere sale, acqua e lievito e impastare per qualche minuto fino ad ottenere un impasto omogeneo.

la masa lista para la fermentacíon
Copritela e mettetela a lievitare fino al raddoppio. Occorrerà qualche ora vista la modesta quantità di lievito impiegata. Quando l'impasto sarà ben lievitato, rimettetelo nell'impastatrice e preparate il trito di lardo, aglio, rosmarino e basilico, che poi unirete all'impasto, lavorandolo una seconda volta.
machacado de tocino con ajo, romero y albahaca
Quando sarà ben amalgamato il tutto, ungete generosamente un vassoio da focaccia (il mio è da 30 cm) poi mettete l'impasto formato a palla a lievitare una mezzora, infine stendetelo per bene fino a coprire tutta la superficie, salate la superficie con un po' di sale fino e via a riposo per altri 30 minuti. Infine si fanno i buchi con le dita, si spruzza un po' d'acqua e si condisce con olio (alla maniera della focaccia genovese).
focaccia en el horno de leña, lista para sacarla
L'ho infornata per 10 minuti a 300 gradi scarsi, senza fiamma.
focaccia lista para comer
La fragranza di questa focaccia è incredibile per la presenza del battuto di lardo ed erbe aromatiche. Appena sfornata, ma lasciata riposare almeno 10 minuti, si presenta croccante all'esterno ma morbida all'interno, una goduria totale.
Se la surgelate appena si è raffreddata si conserva decentemente per qualche giorno, a patto di riscaldarla in forno prima di consumarla, ma la morte sua è mangiata subito, per le dotte ragioni che l'amico Alberto ha estesamente spiegato sul blog del Bressanini.
imitación de la focaccia de Seravezza por Tlaz
Visti gli ingredienti piuttosto corposi, la focaccia di Seravezza si gusta da sola, con un buon bicchiere di vino.
Può essere che la vera focaccia di Seravezza sia diversa, nel qual caso, prendete la mia ricetta come un affettuoso omaggio alla Versilia della mia gioventù spensierata.

giovedì 2 giugno 2011

Focaccia alla ricotta & friends

Che succederebbe se prendessimo la focaccia al formaggio di Recco e la facessimo prendere la residenza a Roma?


Forse verrebbe fuori una variante dove al posto della prescinseua compare la ricotta con l'immancabile corredo di fiori di zucca e alici. O forse no.
Sia come sia, io ci ho provato e i commensali hanno approvato, anche se tra di essi non vi erano né genovesi, né romani.




La ricetta dell'impasto è quella solita. Per il ripieno, 300g di ricotta, 100g di fiori di zucca, qualche alice sott'olio, un po' di sale dentro e sopra e un filo d'olio per ungere la cupola.



La cottura nel forno a legna, oltre ad essere veloce (2-3 minuti intorno ai 320 gradi), regala sempre profumi esaltanti dentro casa, altro che Arbre Magique!

martedì 1 febbraio 2011

La focaccia al formaggio di Recco nel forno a legna

Con l'acquisto del pizza party, è diventato realtà il sogno di imitare la focaccia al formaggio (quasi) come la fanno nel tempio della focaccia a Recco, al ristorante Manuelina, dove la gustai proprio appena sfornata da un sontuoso forno a legna.

Ovviamente la ricetta ufficiale non è nota, ma quella che ho sempre usato nel forno elettrico tradizionale e che mi ha sempre soddisfatto molto, dovrebbe avvicinarsi parecchio, pur con la limitazione dell'uso della crescenza vulgaris al posto della imprescindibile prescinseua.



Per chi avesse dei dubbi, le mani da fornaio mannaro sono le mie.

A conti fatti posso dire che tra le varie ricette finora provate nel forno a legna, la focaccia al formaggio è quella in cui noto minori differenze tra i risultati, forse a causa del fatto che trattandosi di un impasto senza lievito, la velocità di cottura incide meno.

Ho cotto le due focacce al formaggio a circa 350 gradi nel forno a legna con poca fiamma, mentre nel forno elettrico, benché la temperatura dichiarata sia di 240 gradi, in realtà devono essere assai di meno. Sicuramente nel forno a legna si cuoce assai più rapidamente, parliamo di 3 minuti-3 minuti e mezzo, mentre nel forno elettrico ce ne vogliono tra i quindici e i venti, anche perché nel forno a legna il piano d'appoggio è caldissimo, mentre nel forno tradizionale, per ottenere la doratura superficiale non si appoggia la focaccia sul fondo, ma a metà altezza.
Ovviamente nella versione con forno a legna c'è quel piccolo extra dovuto alla leggera presenza di cenere sulla crosta sottostante che certamente dona una sfumatura particolare.

sabato 11 dicembre 2010

Focacce leve di Gallicano (Lucca)

Qualche settimana fa, mentre cercavo non ricordo cosa, mi sono imbattuto nelle focacce leve di Gallicano che, per la somiglianza sia nell'aspetto, sia nel modo di cuocerle, mi ricordano parecchio le crescentine modenesi.


Non avendo mai visitato Gallicano, piccolo comune montano della provincia di Lucca, non lontanissimo da qui, la mia imitazione di focacce è basata più sul sentito dire e sulla sensazione visiva, oltre al fatto che senza dubbio crescentine, ciacci, necci, borlenghi e berlenghi, focacce leve, panigacci e via dicendo sono tutti figli di una "ricetta" preistorica dove il comune denominatore doveva essere la fame e la disponibilità degli ingredienti. A rafforzare probabilmente questo vincolo di parentela c'è anche il fatto, non so quanto casuale, che Gallicano nel XVI secolo rientrava tra i possedimenti della corte Estense i quali ovviamente comprendevano anche buona parte degli attuali comuni della provincia modenese e questo forse può spiegare la diffusione capillare di ricette simili, i cui nomi però cambiano ad ogni incrocio secondo la migliore tradizione italiana.

La particolarità delle focacce leve di Gallicano è la presenza della patata lessa schiacciata nell'impasto (che curiosamente mi ricorda la ricetta della focaccia pugliese). Se questa aggiunta sia nata per compensare la scarsità di farina o per una questione di gusto io non saprei dire, ma mi pare più probabile la prima ipotesi.

Lungi da me dare LA ricetta ufficiale delle focacce leve, che peraltro non ho trovato in rete, se non in termini abbastanza vaghi, senza misure, la mia sarà una specie di imitazione casereccia e sicuramente viziata dall'ascendenza padana. Il risultato però è stato quasi entusiasmante, perché le focacce leve, grazie alla presenza della patata lessa, emanano un profumo delizioso, con sentore quasi di castagna. Per avvicinarmi all'originale ho anche completato la cottura con una passata vicino al camino e non so se per suggestione o per altro, m'è parso che abbiano acquistato una fragranza speciale.

Le focacce leve, dice Daniele Saisi, si prestano per accompagnare alcuni piatti "poveri", per non dire poverissimi, quali la minestrella con gli erbi, una zuppa a base di verdure di campo oppure i fagioli all'olio, ma sono anche raccomandatissime con formaggio pecorino fresco e salumi tipici della zona quali la pancetta arrotolata, il biroldo (un insaccato imparentato con il sanguinaccio) e il lardo (quest'ultimo è un classico anche con le crescentine guarda caso).


Non avendo erbi propriamente detti a disposizione ho rimediato accompagnando le mie focacce leve con le seguenti pietanze:
* un misto di erbe di campo saltate in padella con aglio
* formaggio caprino fresco profumato con timo, maggiorana e salvia
* pecorino toscano fresco tagliato a fette sottili
* pancetta arrotolata toscana
* finocchiona
Ahimè il biroldo qua non sanno proprio cosa sia.


Ingredienti:
500g di farina tipo 0
125ml di latte sostituito con acqua dopo suggerimento anonimo
125ml di acqua  250ml acqua dopo suggerimento anonimo
50g di strutto  eliminato dopo suggerimento anonimo
8g di sale
6g di lievito di birra (un quarto di cubetto)
1 cucchiaino di zucchero
1 patata media (150g circa) di quelle farinose.

Procedimento:
lessate la patata, pelatela poi schiacciatela con la forchetta. Impastate la farina con il lievito disciolto con lo zucchero (basta mescolare zucchero e lievito per qualche minuto), la patata schiacciata, il sale, il latte, l'acqua e lo strutto a temperatura ambiente, fino a ottenere una massa liscia e morbida, non appiccicosa.

Suddividere l'impasto in porzioni della grandezza di un pugno e lasciarle lievitare al coperto fino al raddoppio. Quando saranno lievitate, stendetele fino ad ottenere dei dischi dello spessore di mezzo dito e poi lasciatele lievitare una mezzora ancora.

Le focacce leve si cuociono negli appositi strumenti dette cotte (che nell'appenino Modenese usano per i ciacci e i berlenghi tradizionali di cui un giorno o l'altro parlerò). Non avendo le cotte, ma disponendo della piastra con la pietra refrattaria per le crescentine, ho usato quella e poi le ho passate brevemente nella padella piatta (il comál come diremmo in Messico...) sul camino. Una mi è anche ruzzolata nella cenere e il sapore m'è sembrato ancora migliore!

È bene mangiarle appena fatte, oppure surgelarle e poi riscaldarle nel fornetto per restituirgli la giusta consistenza.

lunedì 1 novembre 2010

Arriba la focaccia genovese!

Se non fosse per il mio amico Arrigo, probabilmente a quest'ora starei ancora ad alambiccarmi il cervello su come fare per poter finalmente dichiarare: habemus fugassam!


E invece grazie ad una sua segnalazione, il classico intreccio all'italiana, un amico mi ha rivelato di aver provato la ricetta di un amico... ecco qua finalmente una focaccia genovese di tutto rispetto.
In realtà potrei farla molto breve e rimandare tutti quanti a vedere la videoricetta della focaccia genovese di Vittorio anche perché cosa c'è meglio di una videricetta?
Epperò so che là fuori ci sono alcuni pigroni che non cliccherebbero su un link nemmeno a pagamento, perciò la ricetta la scrivo ugualmente.

Come si vedrà la ricetta in questione non è tanto diversa nelle dosi da quella che usai a suo tempo, ma siccome i dettagli sono importanti, anzi fondamentali, ci sono due o tre quisquilie che alla fine fecero una grande differenza e che qui sinteticamente riassumo:

1. il tipo di forno e la temperatura
2. la quantità di impasto
3. la salatura superficiale
4. l'acqua spruzzata prima della seconda lievitazione
5. la spennellatura d'olio finale

Tra questi fattori, il primo probabilmente è il più importante perché conferisce quel caratteristico color rossiccio-ambrato alla focaccia e per ottenerlo, dopo l'ennesimo tentativo insoddisfacente dell'altro giorno, ho proprio dovuto rinunciare ad usare il mio forno di fiducia e passare al fornetto De Longhi (pubblicità superliminale...) di assai più modeste pretese, ma solo apparentemente. In realtà avevo già utilizzato il fornetto in almeno un'altra occasione e con strepitosi risultati per i colchones de naranja, l'unico inconveniente è dato dalla ridotta capacità che costringe a due cotture successive.
Grazie alla maggiore vicinanza alla fonte di calore, la cottura avviene più rapidamente e probabilmente anche a temperatura più alta rispetto al forno grande tradizionale.
Essendo le teglie in dotazione più piccole di quelle usate da Vittorio, ho fatto due rapidi conti per ricalcolare le quantità di impasto necessarie per una doppia focaccia.
Le dosi indicate sono quindi per due teglie piccole da 29x25cm, pari a 1450㎠, per calcolare le quantità adatte alla vostra teglia o teglie se sono più di una, non dovete fare altro che calcolare la superficie totale e inserire il numero ottenuto nel campo "porzioni" del foglio di calcolo.


Procedimento:
Mescolate olio, acqua, sale, malto. Aggiungete metà farina e amalgamate, poi versate il lievito sciolto (io uso sempre il mio metodo di scioglimento, niente acqua, solo un cucchiaino di zucchero sul lievito e mescolare finché non si liquefa) e infine la farina rimanente. Ovviamente se usate un'impastatrice, tutto questo lavoro lo lascerete fare alla macchina...
Impastate finché l'impasto risulterà bello liscio anche se appiccicoso. A quel punto trasferitelo su una spianatoia infarinata e dopo averlo leggermente infarinato, copritelo e lasciatelo riposare almeno 15 minuti, ma se rimane anche 30 minuti a riposo non gli farà male. Trascorso il tempo prendetelo, dividetelo in due parti uguali, poi piegate ciascun impasto un paio di volte in tre parti (a portafoglio come si suol dire), spianando leggermente con le mani. Infine ungete con un paio di cucchiai d'olio ciascuna teglia (io le ho coperte con carta da forno per evitare che la pasta s'attaccasse al fondo) e metteteci sopra l'impasto. Ungetelo leggermente in superficie e poi mettetelo a lievitare in un posto riparato (dentro al forno ad esempio). Dato che ho usato abbastanza meno lievito rispetto alla ricetta originale, i tempi di lievitazione si sono allungati anche perché io l'ho eseguita a temperatura ambiente (21ºC), mentre Vittorio vedo che fa lievitare a 30ºC e ovviamente ci mette molto meno tempo. A suo tempo lessi che la temperatura di lievitazione determina il tipo di fermentazione e superando una certa temperatura la fermentazione diventa alcolica anziché ... (analcolica? chi si ricorda!). Insomma, alla fine il sapore cambia un po' :-) per cui rimango fedele alle mie lievitazioni lente e a temperatura ambiente.


Quando l'impasto avrà raddoppiato in volume, è ora di stenderlo nella teglia. Per fare ciò basta semplicemente ungersi le mani con un po' d'olio e schiacciare delicatamente fino a coprire tutto lo spazio a disposizione in maniera uniforme.

Terminata questa operazione salate gli impasti in superficie (senza esagerare ma generosamente) e lasciate riposare per circa 30 minuti, poi spruzzate con acqua tiepida e olio.

Infine procedete con a bucherellare l'impasto con le dita, fate conto di dover suonare un concerto di Rachmaninov come Igudesman e Joo. Terminata anche questa operazione non resta che condire le focacce a piacimento e lasciarle lievitare per un'oretta ancora.

Nel caso della focaccia alle cipolle, ho seguito l'esempio di Vittorio che sale e unge leggermente le fette di cipolla e poi le sgrana.

La cottura è durata circa 15 minuti nel fornetto sparato al massimo (250ºC).

Per divorarle ancora calde c'è voluto assai meno tempo ahimè...
Grazie per la bella ricetta Vittorio!

Post Scriptum (29 Aprile 2011)
Ultimamente l'ho rifatta cuocendola nel forno a legna e viene benissimo, basta rispettare la temperatura, sempre intorno ai 250-260 gradi e in meno di 15 minuti è pronta. Le foto qui sotto sono delle ultime due che preparai per il compleanno del pargolo, una al rosmarino e salvia e l'altra classica.

Focaccia al rosmarino e salvia

Focaccia classica

domenica 26 settembre 2010

Schiaccia con l'uva

E pensare che fino a meno di una settimana fa, nemmeno sapevo cosa fosse la schiaccia con l'uva. Poi, complice una trasferta lavorativa, la folgorazione sulla via di Damasco, anzi, del Chianti, grazie ad una soffiata di un collega.


Che poi ho pure rischiato di rimanere a bocca asciutta, perché trovare un forno aperto di sera sul mio tragitto di rientro, non è stato facile, mi son fatto una discreta scarpinata, finché, pigliando una strada laterale quasi per disperazione, ta-da, ecco comparire il forno galeotto, per dirla con un illustre fiorentino. L'originale comperato al forno di via degli Orti Oricellari è qui sotto.

La stiaccia con l'uva, come pare dicano i veri cultori di questa specialità di stagione, che si fa solo durante il periodo della vendemmia, è una vera prelibatezza. Ho capito che la mia schiaccia era riuscita dignitosamente dal profumo che emanava che era identico a quello dell'originale comprato al forno. Leggendo a destra e a manca, ho constatato che le ricette sono tutte molto simili e si differenziano su alcuni dettagli.


C'è chi mette moltissima uva, chi ci mette anche i semi d'anice, chi invece mette rosmarino (un po' come usa fare nel castagnaccio, specialmente in Toscana), chi mette più zucchero e chi meno, chi usa più lievito, chi la fa tutta bella precisa e fotogenica e chi come me la preferisce più ruspante, con gli acini parzialmente schiacciati, anzi stiacciati, affinché il succo dell'uva formi un velo di caramello sulla crosta. C'è anche chi ne fa una variante con l'uva fragola. L'uva, mi si dice, dovrebbe essere del tipo canaiolo, cioé uva da vino, da Chianti, tanto per fare un nome noto. Ora io non so dire se quella che trovai al mercato ieri era canaiolo, però era certamente un uva molto dolce e con semi. Ah, anche la presenza dei vinaccioli (i semi dell'uva) pare sia fondamentale. Con la cottura diventano croccanti e conferiscono ulteriore personalità a questo dolce campagnolo, quindi al bando l'uva senza semi!

Ingredienti:
1kg di uva nera tipo canaiolo
400g di farina
200ml di acqua gassata
100g di zucchero (4 cucchiai, ma anche un po' meno se l'uva è molto dolce)
3-4 cucchiai d'olio extravergine toscano
un quarto di cubetto di lievito fresco
2-3g di sale
un cucchiaino di semi di anice

Procedimento:
una delle cose che ho imparato usando spesso il lievito è che ne basta poco, basta avere a disposizione un po' di tempo in più e secondo me il sapore finale ne guadagna. In molte ricette si tende ad usare un intero cubetto per meno di mezzo chilo di farina, ma in realtà ne basta un quarto per ottenere un'ottima lievitazione nel giro di qualche ora.
Prendete dunque un quarto di cubetto e scioglietelo con lo zucchero, mescolandolo qualche minuto, poi diluitelo nell'acqua gassata. Mescolare il sale con la farina in una ciotola capiente e poi versare l'acqua con il lievito, mescolando il tutto con una forchetta, usando il metodo ormai collaudato della pizza soffice. Coprite la ciotola con la pellicola e lasciatela riposare qualche ora. Questa operazione si può fare anche un giorno per l'altro, mettendo l'impasto in frigo una volta lievitato.

Quando l'impasto sarà ben lievitato, stendetelo con l'aiuto di un po' di farina, ricavando un rettangolo il più lungo possibile e largo quasi quanto la leccarda da forno. Ungete la teglia e poi stendeteci sopra la pasta, lasciando a penzoloni l'eccesso che servirà per coprire. Volendo potete anche dividere in due l'impasto e ricavarne due sfogli uguali, penso che la prossima volta farò così che viene più regolare. Distribuite parte dell'uva sulla sfoglia e spolveratela con un paio di cucchiai di zucchero.

Coprite quindi con la rimanenza della pasta e di nuovo cospargete la superficie di uva e zucchero e di semi d'anice. Poi oliate generosamente. Se la volete caramellosa, consiglio di schiacciare alcuni acini d'uva sopra.
Infilatela nel forno a 200 gradi per almeno 60 minuti.

Qua sopra la vedete a circa 45 minuti dall'inizio.

Vedendo che durante la cottura l'uva rilascia parecchio succo che poi finisce sulla teglia, mi son preso la libertà ogni tanto di raccoglierlo con un cucchiaio e buttarlo sopra la schiaccia.

Quando il succo sarà diventato denso, potete estrarla dal forno.

L'interno tende a rimanere umido, piacevolmente succoso.


Si tratta veramente di una delle cose più semplici e deliziose che si possano immaginare.

martedì 18 maggio 2010

La stria

Dalla crescentina alla stria, il passo è breve.

Sabato ho impastato delle crescentine, ma in una versione più leggera rispetto alla consueta ricetta.
Dopo aver ricavato 40 crescentine, con l'impasto avanzato, circa 250 grammi, ho deciso di provare a fare qualcosa che assomigliasse alla stria, una focaccia assai tipica da queste parti, bassa, da gustare alla mattina con il caffellatte. Di strie ne esistono molteplici versioni e variano da una consistenza compatta e piuttosto asciutta ad una soffice e leggera, ma in comune hanno la caratteristica tendenza a sfogliarsi.
Usando allora una tecnica simile a quella della famosa torta degli ebrei, seppure usando assai meno grassi, ho provato a vedere cosa usciva a partire da questo impasto nato con altre intenzioni e il risultato è stato molto gradevole, una stria soffice, sfogliata, meno tamugna (come si dice a Modena) di quella solita. Insomma non sarà proprio la ricetta ufficiale, ma è una gustosa imitazione casereccia.


Ingredienti:
1Kg farina tipo 00
100g strutto + quantità extra in base a quanto impasto volete usare per la stria (vedi procedimento)
500ml acqua frizzante
6g lievito
un cucchiaino di zucchero
sale q.b.

Procedimento:
sciogliete il lievito (un quarto di cubetto da 25g) con un cucchiaino di zucchero e lasciate riposare una decina di minuti. Mescolate farina, sale, strutto a temperatura ambiente, unite il lievito e l'acqua frizzante e impastate il tutto fino ad ottenere una massa morbida. Mettetela a lievitare coperta con pellicola per almeno 3 ore.

Quando sarà raddoppiata di volume, lavoratela a mano per qualche minuto, finché non vedrete comparire delle bolle in superficie. A questo punto dovete decidere se volete utilizzare tutto l'impasto per fare la stria o se magari ricavare le crescentine come nel mio caso.
Se fate solo stria, conviene suddividere l'impasto in 4 parti e stenderne una per volta ad uno spessore di 3-4 millimetri. Poi lo ungete su tutta la superficie con dello strutto a temperatura ambiente, lo piegate "a portafoglio" ossia in tre parti sovrapposte e poi a metà nuovamente, in modo da ottenere sei strati strati in totale. Stendetelo di nuovo e ripetete l'operazione di spalmatura. Teoricamente più volte ripetete questa operazione, meglio è, ma già con due volte si ottiene un risultato discreto.

Infine stendete l'impasto un'ultima volta ad uno spessore di circa mezzo centimetro e ungete la superficie.
Fate lievitare una mezzora e prima di infornare cospargete di sale.
Si cuoce a 200 gradi nella parte superiore del forno in circa 15 minuti, ma tenetela d'occhio, ogni forno fa storia a se!

E buona colazione.

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