In ogni famiglia che si rispetti esistono delle ricette tramandate dalle antenate fino ai giorni nostri. Su queste ricette, invariabilmente della nonna, si potrebbero scrivere interi manuali gastronomici e qualunque ricetta diventa automaticamente migliore se viene attribuita alla matriarca.
Quel che non ho mai capito è come facciano a vendere tante torte della stessa nonna in ristoranti diversi.
La ricetta di questo budino avrei potuto chiamarla "budino della mamma", ma sul suo brogliaccio delle ricette sta scritto "budino di casa mia", quindi ne deduco che intendesse attribuire la ricetta per lo meno a mia nonna. In realtà ho motivo di credere che le cose non stessero nemmeno così, perché mia nonna aveva una cugina, che in realtà mia madre chiamava zia (la mitica zia Vera), che per svariati lustri resse la Trattoria Romani in piazza delle Erbe a Mantova, le cui insegne, se non sono sparite di recente, esistono tuttora sotto al porticato, anche se la gestione già da decenni non ha più niente a che vedere con il mio parentado. Ricordo che molte ricette, come quella della trippa o della peverada (di cui parla l'amico Lorenzo Cairoli in un suo recente elzeviro sulla cucina veronese), ad esempio, provengono da quella prodigiosa più che prestigiosa cucina perché mia madre era solita ricordare alcuni aneddoti legati a questa o a quella ricetta o situazione, ma ormai diventa difficile districarsi tra quei racconti di tempi lontani.
Come potete constatare dalle foto, si tratta di un budino cremoso, non di quelli gelatinosi e artificiosi, adatto a quei pranzi o cene tra amici dove si bada più alla sostanza che alla presentazione da rivista. In realtà parte del problema è sempre dovuta allo stampo, che richiede una breve immersione in acqua calda per favorire la sformatura, ma se il vostro è più efficiente, magari salta fuori pure un budino bellissimo anche a vedersi.
In passato ho adottato la tecnica della caramellatura, che consiste nel rivestire lo stampo con zucchero inumidito facendolo caramellare a fuoco vivo e sembra funzionare abbastanza bene, ma questa volta non ero in vena e non l'ho usata.
In ogni caso potete sempre guarnirlo con ciuffi di panna montata (fresca per carità!) o riempire il buco di zabaione, nel caso vi venisse il dubbio che sia un dolce troppo leggero... :-D
Inoltre questo budino in particolare voleva proprio essere un "remake" dei tempi andati perché ho usato latte crudo di fattoria.
Magari non lo sapete, ma vicino a voi avete qualche efficientissimo contadino munito di macchina sparalatte che per 80 centesimi di euro o forse meno vi vende un litro di latte appena munto, da pastorizzare alla vecchia maniera, cioé facendolo bollire.
Questi contadini del XXI secolo sono piuttosto attrezzati, non hanno solo le mucche che fanno muuu, hanno pure il sito internet personale e le mappe di Google per farsi trovare!
Oltretutto è una bella occasione per far sentire un po' di profumi d'altri tempi a questi rampolli che non hanno mai visto una mucca o una gallina dal vivo.
Potete andare muniti di bottiglie vostre oppure farvele vendere dal contadino, l'importante è andare con della moneta sonante perché le macchinette sparalatte funzionano a monetine.
Inoltre e poi chiudo, con il latte crudo, si può ricavare riquisima nata, come chiamano in Messico la coagulazione della parte grassa del latte intero, una vera squisitezza da gustare al mattino su una fetta di pane tostato con sopra lo zucchero.
Chiusa la parentesi e la parentela (la parente avrebbe sintetizzato Totò...), si parta finalmente con la ricetta del budino al cioccolato.
Ingredienti:
1 litro di latte (meglio se crudo)
100g zucchero
100g farina tipo 0
4 tuorli d'uovo
50g cacao amaro
100g cioccolato fondente
100g burro (ma io ne metto la metà!)
1 bustina di vaniglia
1 pizzicone di sale
1 bicchierino di rhum (facoltativo)
Procedimento:
Sbattete i tuorli con lo zucchero e la vaniglia fino a renderli belli spumosi, quindi aggiungete la farina stemperando con un pochino di latte, giusto per tenere il tutto molto morbido. Aggiungete il pizzicone di sale e anche il cacao un po' alla volta, sempre aiutandovi con qualche goccio di latte se la crema tende a diventare troppo densa da mescolare, quando avete ottenuto una bella crema nera e liscia, senza grumi, iniziate ad aggiungere il resto del latte.
Mettete in una pentola dai bordi alti a fuoco moderato e mescolate in continuazione.
A questo punto aggiungete la tavoletta di cioccolato fondente extra (non badate a spese, meglio è il cioccolato, meglio viene il budino...) e continuate a menare finché non inizia a bollire. Aggiungete quindi il burro e anche il bicchierino di rhum se vi piace. Il budino, quando inizia a bollire, dovrebbe già avere raggiunto una discreta consistenza, per cui potete spegnere e versarlo nello stampo. Più aspettate, più verrà denso, ma senza esagerare.
Lasciatelo raffreddare un'oretta e poi mettetelo in frigo, dove dovrebbe sostare non meno di 4 ore.
E la pentola con i rimasugli verrà sicuramente contesa dai golosi di famiglia.
Amen.
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lunedì 2 giugno 2008
Il budino al cioccolato della nonna (o della prozia?)
sfornato da
Byte64
alle
23:36
archiviato in Cucina italiana, Cucina mantovana, Dolci, Ricette della nonna, Roba d'altri tempi, Semifreddi
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4 commenti:
Una meraviglia di budino... Della nonna o della prozia, ma qui il latte crudo non si trova nemmeno in sogni. Anzi, il latte industriale, che quando ero piccola faceva almeno una pellicola di "nata", ormai è come acqua con un po' di bianco. Nonne e prozie sarebbero scombussolate con questa assenza di grassi.
Quasi quasi aggiungo un po' di panna al latte, perché sia più simile al sapore "antico".
Grazie della ricetta,
Marcela
Marcela,
che piacere vederti su questi schermi.
Dovresti convincere qualche campesino a venderti qualche litro di latte di nascosto oppure gli fai vedere il megasito che hanno messo su questi contadini informatizzati italiani per vedere se gli si accende una luce!
Como se puede vivir bien sin nata?!?
A presto.
Flavio
La pearà è una salsa che accompagna il bollito fatta di brodo, pane grattugiato, midollo e a volte formaggio. La peverada è una salsa che accompagna carni come l'anatra e la faraona, si fa con le interiora dell'animale cucinato, scorza di limone, a volte acciughe, soppressae così via. Non sono la stessa cosa.
Lorenzo,
allora il nome usato da mia madre era improprio, perché la salsa che faceva era proprio quella che dici tu a base di midollo, pane, pepe e credo formaggio.
La peverada che descrivi tu, non la conosco invece.
Ciao!
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