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domenica 9 novembre 2008

Amaretti di Modena e varianti tlazzesche

Nella non vastissima gamma di dolci della cucina tradizionale modenese spiccano gli amaretti di Modena, un dolcetto a base di mandorla che potrebbe benissimo campeggiare nella vetrina di qualche pasticceria siciliana. Si tratta di una ricetta che risale ad almeno 2 secoli fa, ma quelli spilambertesi pare addirittura al '500, anche se si dice che gli amaretti di Spilamberto siano diversi, in una di quelle diatribe strapaesane così tipicamente italiane.

Insomma, ieri, avendo delle chiare d'uovo avanzate, ho pensato proprio di riciclarle per fare questi deliziosi dolcetti la cui denominazione è protetta dalla camera di commercio di Modena.
Ovviamente la mia è una semplice imitazione e, come nel caso della torta Barozzi, non mi sognerei mai di dire che si tratti della vera ricetta, in primo luogo perché così non è, ma soprattutto perché, come nel caso delle crescentine, di ricette ne esistono almeno quante sono le famiglie modenesi... Oltretutto io sono solo modenese di nascita ma messicano per matrimonio e mentalità e quindi mi considero neutrale ;-)

La ricetta è di piuttosto semplice realizzazione, nel senso che non prevede lavorazioni prolungate o difficili, a meno che non vogliate deliziarvi con la macinatura a mano delle mandorle dentro al mortaio...

Ingredienti per gli amaretti di Modena circa 6-7 pezzi (moltiplicate in funzione della quantità desiderata):
1 albume d'uovo
80g zucchero.
100g di mandorle dolci
5g di mandorle amare (2-3 mandorle) oppure 20g di amaretti
2 cucchiai di pane grattugiato
un pizzico di sale
burro q.b.

Procedimento:
premessa: se volete ottenere dei dolcetti dal colore più tenue, come quelli delle foto, usate la mandorla pelata non tostata, altrimenti potete provare con mandorle tostate oppure una miscela dei due tipi. Io li ho fatti con entrambe e il colore cambia abbastanza, nel caso della mandorla tostata tendono sicuramente ad uscire più, come dire... abbronzati, per usare un termine in voga.
Nota bene: per ottenere il distintivo sapore amarognolo è indispensabile usare anche qualche mandorla amara.

Insomma, una volta ottenuta questa specie di farina di mandorle,mescolarla bene allo zucchero. Aggiungere anche il pane grattugiato (che secondo me è il presunto segreto nascosto nella ricetta originale per mantenere morbido l'interno dell'amaretto).
Montare le chiare d'uovo a neve fermissima. Cominciate quindi a unire un po' della farina di mandorle e zucchero alle chiare, mescolando da sopra a sotto lentamente, per evitare di smontare le chiare. Proseguire fino ad esaurimento dell'impasto.

Gli amaretti si formano prendendo una dose d'impasto con un cucchiaio e disponendolo sopra la leccarda imburrata. Ora, dalle foto voi vedete che io ho usato la carta da forno e secondo me qualcosa cambia perché il saporino dell'imburratura va perso. In un tentativo posteriore ho ripristinato l'uso del burro lasciando da parte le comodità tecnologiche.
Infornare per meno di 20 minuti a 200 gradi circa.

Varianti apocrife e tlazzesche:
partendo dalla ricetta base, è facile ricavare dolcetti simili e infatti ho pensato di sbizzarrirmi con varianti più o meno rodate. Devo dire che sono tutte gradevoli, specialmente se volete dare un tocco di colore per confezionare questo genere di dolcetti in occasione di una festa. Non starò a ripetere il procedimento che è identico in tutti i casi, cambiano solo gli ingredienti.

al pistacchio:
aggiungere 40g di pistacchi di Bronte macinati ogni cento grammi di mandorle.

al cocco:
sostituire la quantità di mandorle con equivalente farina di cocco (cocco grattugiato).

al cocco-stracciatella:
aggiungere all'impasto al cocco, due cucchiai di cioccolato fondente extra a scagliette.


al caffè:
aggiungere un cucchiaio di caffé macinato finissimo ogni 100g di impasto alle mandorle.


E con questo assortimento di sapori e colori, potete preparare un simpatico vassoio di dolcetti e fare la vostra ... figura in società.

3 commenti:

stefafra ha detto...

Per chi non trova le mandorle amare perchè non le vendono dove abita, io faccio seccare i noccioli di albicocca, anche se variano nel grado di amarezza da quasi dolci con appena un vago tocco di amaro, buonissimi da sgranocchiare freschi, a amarissimissimi (ma più aromatici) a seconda della varietà albicocchesca.

Byte64 ha detto...

Stefá,
grazie per il trucco!

I noccioli di albicocca (detti anche romelline) vengono usati nella Torta Barozzi apocrifa del panificio Verichese.

Camilla ha detto...

hai ragione,l'aggiunta del pane grattugiato li rende simili ai nostri classici amaretti, grazie per il suggerimento

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