I papasín sono tra i dolcetti che più mi ricordano l'infanzia, quando capitava di passeggiare per il centro di Mantova con mia madre durante qualche domenica di tardo autunno o inverno.
In piazza delle erbe o nelle vicinanze era facile trovare un banchetto dove vendevano i dolci a base di farina di castagne e per qualche motivo i papasín hanno sempre colpito il mio immaginario, forse più della patóna (nome in dialetto mantovano del castagnaccio), che di solito ha una consistenza più tenera. L'altro grande classico di casa mia a base di farina di castagne sono le frittelle, ma questa è un'altra storia.
L'arte del papasín, se mai esiste, consiste nel farli della giusta consistenza, né troppo duri, né troppo molli. Ovviamente le versioni meno nobili non prevedevano né la presenza di uvetta, né di pinoli ed ovviamente ciascuno è libero di fare come crede.
Il principale difetto dei papasín sta nel fatto che uno tira l'altro e la farina di castagne non è esattamente "dietetica".
Ovviamente i papasín non sono una specialità mantovana in senso stretto, con lo stesso nome sono conosciuti anche a Verona (se non sbaglio), mentre qui a Modena non so come venissero identificati, ma ricordo che tanti anni fa c'era un negozietto vicino a Piazza Grande che li vendeva. Curiosamente ho trovato un blog di una simpatica rezdora bolognese (e speriamo che Ivana non si offenda se la chiamo rezdora) che chiama papazeen le frittelle di cui dicevo poc'anzi. La cosa non mi stupisce ed è tipico delle province confinanti chiamare con lo stesso nome cose diverse.
Ingredienti per 16 papasin:
500g di farina di castagne
4 cucchiai di zucchero di canna grezzo
acqua q.b. (circa 300ml)
1 manciata di pinoli
1 manciata di uvetta passa
1 pizzico di sale
Procedimento:
mettere a bagno l'uvetta in acqua tiepida, volendo aggiungete un po' di rhum al gusto e lasciate in ammollo una ventina di minuti.
Mescolare bene la farina di castagne con lo zucchero, aggiungere un pizzico di sale e cominciare ad aggiungere acqua fino ad ottenere un impasto piuttosto modellabile, come nella foto.
Aggiungere l'uvetta ammollata e i pinoli, quindi formare dei cilindri da sistemare sulla leccarda.
Infornare per una ventina di minuti a 180 gradi, finché non vedrete imbiancare leggermente l'esterno.
A me piace mangiarli freddi.
Strozzapreti di farina e brodo
1 settimana fa
5 commenti:
Mi sembra di sentirne il profumo!
Ciao Flavio!!!
Eccomi: stiamo parlando evidentemente di due cose diverse, papazèin della campagna bolognese riprodotti da me come cibo della memoria, sono diversi da quelli che si fanno oggigiorno nelle sagre, nelle manifestazioni popolari occasionali, vedi vigilia della Befana, qui da noi in piazza; ormai si mette lievito dappertutto, cacao, uvetta e tutto acquista una globalizzata forma frittellosa, che un tempo mancava, sia per penuria di ingredienti, (a ridosso, durante e dopo la seconda guerra mondiale!), che per secolare abitudine famigliare.
Puoi vedere altre forme di papazein in altri posts da me! (Vedi Nonantola!)
A proposito...sei un santone informatico a quanto leggo...pensare che il mio PC fisso è degente all'ospedale per agonia della scheda madre...chissà che mi combinano!!!!
Un caloroso saluto!!!!
nonna ivana
Mitì,
bentornata!
Sai che il profumo indubbiamente è uno dei migliori indicatori sullo stato di cottura dei papasin (e di tanti altri dolci)?
L'altra sera, proprio sentendone il profumo, ho deciso che dovevano essere pronti a tutti i costi... ;-)
Ivana,
meglio santone che... santino! :-D
In effetti c'è da pensare che soprattutto in tempi difficili come in quelli della guerra, in cui facevano il "caffè" con gli acini d'uva tostati o il pane allungando la farina con la segatura, ecco, di sicuro i pinoli e l'uvetta difficilmente potevano rientrare tra gli ingredienti, anche se forse, per qualche festa importante, si concedevano qualche pazzia, tipo usare del vero burro anziché qualche surrogato.
Giusto per riportare i ricordi dei miei genitori e/o nonni.
A presto
Devo farli!
I tuoi sono invitantissimi!!!
Brava Maria Giovanna,
a dire il vero l'aspetto dei papasín è un po' inquietante... :-) però sono buonissimi.
Ciao!
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